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Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola

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<strong>Le</strong> <strong>vicende</strong> de L <strong>confine</strong> orient a <strong>Le</strong> <strong>ed</strong> i L <strong>mondo</strong> de LLa s cuo La • 39<br />

<strong>Le</strong> foibe e L’esodo<br />

giu Liano-da Lmata<br />

<strong>Le</strong> ondate di violenza <strong>del</strong>l’autunno 1943 e maggio-giugno 1945 hanno connotazioni<br />

e origini diverse. <strong>Le</strong> prime colpirono principalmente alcune località<br />

<strong>del</strong>l’Istria e <strong>del</strong>la provincia di Gorizia, le seconde si concentrarono nei capoluoghi<br />

<strong>del</strong>la Venezia Giulia come pure nei piccoli centri abitati. Violenze e <strong>del</strong>itti<br />

continuarono poi nei territori sotto <strong>il</strong> controllo jugoslavo.<br />

Affermare che l’esodo degli Italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia è stato in gran<br />

parte indotto dalle autorità italiane significa non ammettere gli abusi perpetrati<br />

dal regime comunista e <strong>il</strong> ruolo in tal senso dei cosiddetti Poteri Popolari, formati<br />

anche da elementi italiani che cercarono disperatamente la rivoluzione politica<br />

sposando però le tesi <strong>del</strong>l’espansionismo jugoslavo. Nel corso <strong>del</strong>la prima metà<br />

<strong>del</strong> Novecento, la Venezia Giulia ha conosciuto più volte le ragioni <strong>del</strong>la violenza.<br />

Ha scritto Cesare Pavese nel romanzo La casa in collina:<br />

Guardare certi morti è um<strong>il</strong>iante. Non sono più faccenda altrui; non ci si sente capitati<br />

sul posto per caso. Si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a<br />

terra quei corpi, tenga noialtri a v<strong>ed</strong>erli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non<br />

è la solita v<strong>il</strong>tà. Ci si sente um<strong>il</strong>iati perché si capisce – si tocca con gli occhi – che<br />

al posto <strong>del</strong> morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo<br />

dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civ<strong>il</strong>e: ogni<br />

caduto somiglia a chi resta, e gliene chi<strong>ed</strong>e ragione.<br />

In circostanze come l’odierna bisogna esprimere parole chiare: partendo dal principio<br />

che non è possib<strong>il</strong>e imporre una memoria condivisa, poiché la Storia genera<br />

una soggettività di storie e memorie non sempre conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i. Il compito <strong>del</strong>la<br />

<strong>scuola</strong> è un altro: conoscere per comprendere.<br />

<strong>Le</strong> stragi istriane de LL’autunno 1943<br />

Nell’autunno <strong>del</strong> 1943, subito dopo l’Armistizio in Istria, ma anche nel Goriziano<br />

lungo le valli <strong>del</strong>l’Isonzo e <strong>del</strong> Vipacco si verificarono localizzati fatti di<br />

violenza contro la popolazione civ<strong>il</strong>e, soprattutto italiana e nei riguardi di sloveni<br />

assim<strong>il</strong>ati. Avvennero dove i presìdi m<strong>il</strong>itari e di polizia erano assenti, si erano<br />

sciolti, oppure erano intercorsi dei rapporti poco chiari tra i comandanti <strong>ed</strong><br />

i rappresentanti degli insorti.<br />

inter venti<br />

di<br />

r oberto<br />

spazzali<br />

a ffermare<br />

che l’esodo<br />

degli italiani<br />

dall’istria,<br />

f iume<br />

e dalmazia<br />

è stato in<br />

gran parte<br />

indotto dalle<br />

autorità italiane<br />

significa<br />

non ammettere<br />

gli abusi<br />

perpetrati<br />

dal regime<br />

comunista

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