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Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola

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inter venti<br />

i movimenti<br />

nazionali<br />

tardoottocenteschi<br />

non<br />

concepiscono<br />

la diversità<br />

nazionale come<br />

ricchezza,<br />

ma come limite<br />

alla piena<br />

realizzazione<br />

di un’identità<br />

nazionale,<br />

la propria<br />

30 • studi e documenti de GLi anna Li de LLa pubb Lica istruzione<br />

rebbe cambiato molto poco e negli anni Ottanta l’unico comune ancora amministrato<br />

dagli autonomisti e non dai croati, rimane Zara.<br />

I casi di Dalmazia lanciano l’allarme anche agli altri italiani, che cominciano a<br />

pensare: oggi è capitato a loro, domani potrebbe capitare a noi. Certamente, le<br />

situazioni sono diverse, perché in Istria e a Trieste gli italiani sono molti di più<br />

e per giunta hanno <strong>il</strong> monopolio <strong>del</strong> potere locale, però le cose cambiano: l’onda<br />

<strong>del</strong>la nazionalizzazione di massa comincia a coinvolgere tutti, <strong>ed</strong> assume una<br />

caratteristica molto particolare.<br />

Di solito, quando agli studenti spieghiamo questo problema <strong>del</strong>la nazionalizzazione<br />

<strong>del</strong>le masse, facciamo riferimento ad uno schema che va benissimo per gli<br />

Stati nazionali, in cui si dice, ad esempio, «fatta l’Italia bisogna fare gli italiani»,<br />

<strong>ed</strong> elenchiamo le grandi agenzie <strong>del</strong>la nazionalizzazione dall’alto: <strong>scuola</strong>, esercito,<br />

burocrazia, religione <strong>del</strong>la patria. Ma l’Austria asburgica non è uno Stato nazionale,<br />

e di conseguenza lo Stato non nazionalizza affatto le masse. Il processo<br />

però si avvia lo stesso, ma non viene gestito dalle istituzioni, bensì dalle stesse élites<br />

nazionali attraverso una fittissima rete associativa, presente contemporaneamente<br />

e concorrenzialmente sul m<strong>ed</strong>esimo territorio.<br />

Questo accade in molte regioni <strong>del</strong>l’Impero, e nella Venezia Giulia <strong>il</strong> caso forse<br />

più emblematico (anche perché meglio studiato) è quello di Pisino, piccola città<br />

al centro <strong>del</strong>l’Istria, a maggioranza italiana mentre la campagna è croata. Alla<br />

fine <strong>del</strong> secolo in quel piccolo borgo di qualche migliaio di abitanti si conta<br />

un centinaio di associazioni dei più diversi tipi, tutte rigorosamente doppie: una<br />

italiana <strong>ed</strong> una croata.<br />

Contemporaneamente, a supporto <strong>del</strong>le pretese nazionali vengono elaborati i miti<br />

nazionali, che in parte vengono presi in prestito da quelli creati nel cuore <strong>del</strong>la<br />

nazione (Firenze, Roma, Venezia, Zagabria), in parte costruiti in loco. Tutti<br />

presentano alcune caratteristiche comuni: la rappresentazione mononazionale di<br />

una realtà plurale <strong>ed</strong> i concetti di superiorità <strong>del</strong>la propria nazione, di autoctonia<br />

– quest’ultima sempre rivendicata per sé e negata agli altri – e, conseguentemente,<br />

di diritto esclusivo al possesso <strong>del</strong>la terra. Si tratta di un passaggio importante,<br />

a livello europeo. I movimenti nazionali tardo-ottocenteschi non concepiscono<br />

la diversità nazionale come ricchezza, ma come limite alla piena realizzazione di<br />

un’identità nazionale, la propria. Il territorio deve sempre «appartenere» a qualcuno,<br />

cioè ad una sola nazione; e se di fatto ospita gruppi nazionali diversi, essi si<br />

considerano rispettivamente come ospiti indesiderati, estranei ad un ordine «naturale»<br />

<strong>del</strong>le cose, che va in qualche modo – talvolta in qualsiasi modo – ristab<strong>il</strong>ito.<br />

Fra le autorappresentazioni degli italiani e degli slavi ci sono però anche alcune<br />

differenze importanti, legate a due diverse idee di nazione. Per gli italiani si tratta<br />

di una concezione volontarista, culturalista, inclusiva, che considera naturali<br />

i processi di assim<strong>il</strong>azione. Gli slavi invece, che mutuano la concezione t<strong>ed</strong>esca<br />

(Blut und Boden), preferiscono una concezione etnicista, naturalista, che meglio<br />

si presta a difendere <strong>il</strong> corpo <strong>del</strong>la nazione dal rischio <strong>del</strong>l’assim<strong>il</strong>azione culturale.

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