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Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola

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<strong>Le</strong> <strong>vicende</strong> de L <strong>confine</strong> orient a <strong>Le</strong> <strong>ed</strong> i L <strong>mondo</strong> de LLa s cuo La • 29<br />

tro-europea – da cui <strong>il</strong> termine di «Mitteleuropea» – si sarebbe dovuta progressivamente<br />

unificare secondo quelle che oggi viene chiamata la logica «funzionalista»<br />

<strong>del</strong>l’integrazione europea, senza mettere inizialmente in discussione confini<br />

e sovranità. Come dire, l’Europa <strong>del</strong> mercato contro l’Europa <strong>del</strong>le patrie.<br />

Questo progetto arriva fino al governo di Vienna e poi fallisce (per varie ragioni,<br />

e con la conseguenza non da poco che l’unificazione t<strong>ed</strong>esca si farà a guida prussiana),<br />

ma ricordarlo, anche in s<strong>ed</strong>e didattica, non è inut<strong>il</strong>e proprio per le considerazioni<br />

che consente di formulare sia sui tempi <strong>del</strong>la storia, sia sui caratteri e<br />

sui limiti <strong>del</strong>l’attuale processo di integrazione europea.<br />

Comunque, tornando a Trieste, per tutto <strong>il</strong> Risorgimento la città conferma la sua<br />

fe<strong>del</strong>tà all’Austria e viene ricompensata con un’autonomia enorme: <strong>il</strong> comune<br />

assume competenze più ampie di quelle di un attuale regione italiana a statuto<br />

speciale. Ciò significa che di fatto i triestini si autogovernano, mentre <strong>il</strong> governo<br />

di Vienna garantisce i finanziamenti indispensab<strong>il</strong>i per realizzare le infrastrutture<br />

e per mantenere <strong>il</strong> dumping tariffario su cui si fonda l’economia emporiale.<br />

Non è un caso che questa sia rimasta nella memoria come l’età <strong>del</strong>l’oro di Trieste.<br />

La terza fascia è quella <strong>del</strong>la Dalmazia. Qui la classe dirigente è di origini etniche<br />

molto miste – prevalentemente italiani, croati e ungheresi – ma cementata<br />

dall’uso linguistico veneto, dalla cultura italiana e dallo st<strong>il</strong>e di vita urbano.<br />

Però la Dalmazia non fa parte <strong>del</strong>la penisola italica <strong>ed</strong> è evidente che non potrà<br />

venir coinvolta nel processo di unificazione nazionale: ne è ben convinto anche<br />

uno dei maggiori patrioti risorgimentali, cioè <strong>il</strong> sebenzano (vale a dire di Sebenico)<br />

Niccolo Tommaseo. E allora, l’élite dalmata elabora <strong>il</strong> concetto di «nazione<br />

dalmata», etnicamente mista ma di cultura italiana, e la sua richiesta politica<br />

è quella <strong>del</strong>l’autonomia, che metta la Dalmazia al riparo dalle ipotesi di ristrutturazione<br />

<strong>del</strong>lo spazio asburgico promosse dai croati di Zagabria, che vorrebbero<br />

inglobare anche la Dalmazia in un’unica provincia croata.<br />

Questo disegno strategico funziona, ma dura poco <strong>ed</strong> anzi la Dalmazia diventa<br />

<strong>il</strong> primo punto di crisi per l’italianità adriatica. La ragione è evidente: la nazionalizzazione<br />

degli italiani – anche se in forme politiche molto prudenti – è solo<br />

<strong>il</strong> primo passo di un processo di modernizzazione politica che coinvolge progressivamente<br />

non solo i centri urbani, ma tutto <strong>il</strong> retroterra abitato da popolazioni<br />

rurali di lingua croata. Questo fenomeno presenta due aspetti fra loro collegati:<br />

nazionalizzazione e democratizzazione. Ciò significa che dapprima si creano le<br />

élites nazionali croate, poi queste si impegnano a nazionalizzare le masse croatofone,<br />

ci riescono e nel contempo <strong>il</strong> suffragio si allarga. Il risultato è, che quando al<br />

voto arrivano decine di migliaia di elettori che si definiscono politicamente croati,<br />

la nazione dalmata urbana e <strong>il</strong> suo progetto autonomista vengono spazzati via.<br />

Per la verità, le autorità austriache accelerano <strong>il</strong> processo, perché dopo tre guerre<br />

di indipendenza in meno di venti anni, non si fidano più tanto dei loro sudditi<br />

italiani, mentre i soldati croati hanno sempre versato <strong>il</strong> loro sangue per l’imperatore<br />

sui campi <strong>del</strong>la Lombardia. Ma anche senza le forzature <strong>del</strong>le autorità sa-<br />

inter venti<br />

La dalmazia<br />

diventa<br />

<strong>il</strong> primo punto<br />

di crisi<br />

per l’italianità<br />

adriatica

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