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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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INTRODUZIONE10tradizione da rispettare anche a causadelle comunicazioni con i familiaririmasti nel paese d’origine. E il rischioche le bambine siano sottoposte allapratica, se non in Europa, quanto menodurante le vacanze nel paese d’origine,è particolarmente alto se l’esperienzadella migrazione è vista come temporaneain previsione di un ritorno in patriacon la famiglia, poiché tale decisioneviene ancora affrontata più in base aconcezioni e valori legati al percorso disocializzazione nel paese d’origine, doveil rispetto della tradizione è elementofondante incontestabile, piuttosto cherispetto all’esperienza maturata nelpercorso migratorio, dove le donne inparticolare sperimentano significativipercorsi di emancipazione, come emergeanche dalla ricera condotta in Veneto eFriuli Venezia Giulia.Ma in tutti i paesi africani dove la praticaè diffusa sono in corso, da ormai quasi tredecenni, campagne volte a promuoverel’abbandono della pratica, che hannoportato ad esempio a una diminuzionedelle forme più cruente di mutilazione afavore di pratiche meno invasive, e hannoinquadrato la pratica in un discorsopubblico volto a promuovere i <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong>e l’uguaglianza di genere sollecitandol’impegno istituzionale e facendo crescere,come confermano le indagini Demographicand Health Survey (DHS), il numero delledonne e degli uomini che si dicono nonintenzionati a sottoporre le proprie figliealla mutilazione <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong>, così come ilnumero delle organizzazioni di base che adiversi livelli sono impegnate attivamenteper contrastare il fenomeno.Alla luce di tali esperienze, è ormaiconvinzione condivisa, come sottolineatodall’Innocenti Digest “Cambiare unaconvenzione sociale dannosa: la praticadella escissione/mutilazione genitalefemminile”, pubblicato dall’Istituto diricerca Innocenti dell’Unicef (Firenze,2005), che le mutilazioni <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong><strong>femminili</strong> siano una convenzione socialee, proprio in quanto tale, che l’abbandonodella pratica non sia una decisionepuramente individuale e razionale,ma una scelta nella quale entrano incampo dimensioni sociali, relazionali,psicologiche e affettive complesse.Il percorso verso l’abbandono della praticadeve perciò necessariamente coinvolgeretutti gli attori di riferimento affinchétale decisione possa estrinsecarsi,consolidarsi, resistere e diventareduratura. Deve cioè essere costruito quelloche viene definito enabling environment,cioè un ambiente socio-culturalecomplessivo che permetta il cambiamento.Nel contesto della migrazione questosignifica, tra l’altro, costruire ponti diconoscenze con il paese d’origine, cherassicurino i/le migranti sul futuro delleproprie figlie anche senza che sianosottoposte a mutilazione <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong><strong>femminili</strong>, e che rivelino e conferminodall’interno i cambiamenti in atto.Significa inoltre costruire, intorno ein contatto con gli uomini e le donnemigranti, una rete di attori significativicapaci di affrontare il tema nell’otticadell’accoglienza e del dialogo, aprendocosì la strada a un ripensamento <strong>dei</strong> valoridi cui le mutilazioni <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong> <strong>femminili</strong>sono il simbolo inciso nella carne epromuovendone l’abbandono.Va sottolineato che le donne migrantioriginarie <strong>dei</strong> paesi dove la pratica èdiffusa restano protagoniste del fenomeno.Esse si trovano ad affrontare direttamentela condizione di essere portatrici dimutilazione <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong> <strong>femminili</strong>, adesempio nei rapporti con le istituzionisanitarie materno-infantili. Sono inoltreloro a dover sostenere, più di chiunquealtro, le conseguenze della decisione disottoporre come pure di non sottoporrele proprie figlie alla pratica, in particolare

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