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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Una ricerca in Friuli Venezia Giulia169collettiva per tramandarlo ai figlimantenendo immutato un modellodi organizzazione sociale consolidato neltempo e infondendo un senso di sicurezzasociale. E la tradizione spesso si scrivesui loro corpi, passa attraverso i lorocomportamenti, le loro emozioni, gli abitiche devono indossare. Si scrive anche conil sangue per cementare il gruppo in unacomunità di affetti, e i corpi diventano lospazio dove poter esprimere i contenutidell’identità. Come scriveva Simone deBeauvoir, il compito della donnaconsiste appunto nell’integrare la morte allavita, alla società, al bene… Data l’influenzache la madre ha sui figli, è opportuno perla società farsela amica; per questa ragionela madre è circondata da tanti segni visibilidi rispetto, additata a simbolo di virtù eoggetto di culto che è proibito infrangeresotto la pena di sacrilegio e di bestemmia;lei è custode della morale; e, servadell’uomo, serva del potere, guideràdolcemente i figli sulle vie stabilite,(S. De Beauvoir, 1949, p. 49).La donna è forzata all’obbligo del rispettodella tradizione, dalla quale non puòsfuggire pena la stigmatizzazione el’esclusione sociale. In un mondo dove lasopravvivenza passa attraversola struttura dell’istituto del matrimonio,una donna che ne viene esclusa rischiala propria vita./ Permanenza/mutamentodel modello tradizionalenel processo di migrazione /della posizione sociale che viene loroassegnata. La disuguaglianza nei rapportifra i sessi, tuttora diffusa nei paesi africanidi provenienza, non si dissolve con tantafacilità a seguito, e in virtù, del processodi migrazione. Sembra che solo gli uominiche vivono in Europa da molti anni e chehanno studiato, per lo più all’università,riescano a modificare le proprie abitudinie le proprie convinzioni rispetto ai ruolifamiliari e quindi alle dinamiche di poterefra i sessi. Gli altri continuano con ilmodello tradizionale che assicura lorosicurezza e rispetto, perlomeno all’internodel nucleo familiare. Addirittura, come cirivela un’intervistata angolana, “assorbonoil peggio di là e il peggio di qua”, nel sensoche rimangono autoritari e prepotenticon le donne, ma anche si liberanodalle regole sociali e si mettono a fare i“farfalloni” con tutte.Quel percorso di mutamento,di modificazione e di espansionedell’identità che spesso viene associatoalla migrazione è tutt’altro che automaticoe scontato, e spesso per le donne la lealtàalla tradizione, la conformità ai valori e aicomportamenti ascritti, rimane immutata.Per alcune di loro l’impatto con il paesed’accoglienza è traumatico.Questo mondo le impaurisce e ledisorienta. Una donna beninese dice:Sono in un paese straniero. Al mio paesenon c’era tanta gente e vedere in stradacosì tanta gente mi fa paura. Io sto semprechiusa in casa. Anche la sera quando miomarito va al lavoro sono sempre chiusadentro, da sola. Non ho amici qua, ancheperché non so parlare italiano. Alla mattinaaccompagno mio marito alla stazionepoi faccio un giro e ritorno, l’italiano l’hoimparato così, sulla strada.La struttura familiare che ancoraappare dominante tra gli/le immigrati/edi origine africana è quella tipicadella famiglia patriarcale, in cui le donnevengono rispettate, ma solo all’internoIn un’altra testimonianza:Quando sono arrivata qui non mi piacevaper niente perché mio marito lavorava e ioero a casa tutto il giorno da sola. Nel nostro

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