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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Rapporto di ricerca nella regione Veneto94materialmente <strong>nelle</strong> condizioni fisichedi poter chiedere un eventuale interventoreinfibulatorio, e perciò tale esigenza nonviene comunque espressa al personalemedico delle sale parto.Di fatto comunque, le implicazioni e lecomplicazioni mediche che gli operatorisanitari hanno affrontato con le donneinfibulate non sono di certo sottostimabili.Riportiamo una delle testimonianzedi un medico somalo che lavora da anninel servizio ospedaliero di una provinciadel Veneto.Quando sono arrivato in Italia ho dovutoaiutare nella <strong>dei</strong>nfibulazione di questeragazze. Avevano problemi di mestruazioni,problemi psicologici, sofferenze; una donnache non poteva avere rapporti con suomarito. Questa donna mi diceva che avevamale quando aveva rapporti col maritoe per giunta era rimasta incinta.Allora l’ho portata da un dottore cheaveva avuto un’esperienza in Somalia e luil’ha <strong>dei</strong>nfibulata.Tuttavia, in considerazione della dinamicità<strong>dei</strong> flussi migratori, la presenzadi infibulate è piuttosto limitata, e nei casidi intervento che ci sono stati riferiti gliesiti sono stati positivi.L’aspetto dell’infibulazione ci proietta<strong>nelle</strong> considerazioni che gli operatori ele operatrici intervistate hanno elaboratorispetto alla legge 7/2006. Nelle intervisteci è sembrato infatti opportuno valutareil loro atteggiamento rispetto alla leggeitaliana contro le MGF e sondare quelleche secondo loro potrebbero essere lepossibili azioni di intervento e prevenzione.Tutti gli operatori e le operatrici hannomanifestato l’opportunità dell’interventolegislativo, ma, come peraltro glialtri soggetti intervistati nel corsodi questa ricerca, hanno anche espressola necessità di affiancare all’azionerepressiva non solo adeguati progettidi informazione e prevenzione, ma unruolo attivo e partecipativo di mediatori emediatrici africane e <strong>dei</strong>/lle rappresentantidi associazioni e di comunità.La legge dunque si rivela un importanteelemento di un più complesso progettodi intervento che vede le principalilinee di azione nell’appropriatezzadel linguaggio, nella strategia diavvicinamento alle diverse comunità enella stimolazione di un discorso tesoa scoraggiare la pratica prima di tuttoall’interno <strong>dei</strong> diversi gruppi. Gli operatorie le operatici hanno infatti evidenziatocome in diversi casi il solo fatto di rendereuna pratica illegale non sia sufficientecome deterrente.Ho l’impressione che soprattutto perle nigeriane, per il basso livello culturaleche hanno, per il disagio economico esociale che vivono, la sanità è forse l’unicocollegamento. A parte quelle che lavorano<strong>nelle</strong> cooperative che hanno fatto passiavanti, hanno una chiusura pazzesca neiconfronti della nostra società.Che ruolo avrebbero i servizi sanitari neldivulgare la conoscenza di questa legge?Per me sarebbe importante perché se parlidi queste problematiche a livello sanitarioriesci anche a spaventarle meno che se diciloro che è illegale e che rischiano il carcere.Le spaventi, si chiudono e siccome nellaloro testa non cambia niente, continuano afarlo illegalmente. Invece se ne parlassero,non dico per forza con il sanitario ma anchecon il socio-sanitario, con figure magaridi scienze dell’educazione che sono moltoaffini a noi, si riuscirebbe a partire dal fattodella salute, di dare alle loro figlie una buonasalute, piuttosto che dare un’informazionesempre in negativo, punitivo: “Se lo fai vaiin galera”. Secondo me non conosconoassolutamente questa legge.Cioè sanno che è vietato, ma nonconoscono la norma.

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