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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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APPROFONDIMENTI237all’empowerment delle donne.Queste iniziative, sviluppate spessocon il sostegno delle Organizzazioniintergovernative, hanno favorito la presadi consapevolezza da parte <strong>dei</strong> governi<strong>dei</strong> paesi interessati della drammaticitàdi questo problema, denunciando leresponsabilità <strong>dei</strong> governi, che devonoprevenire e vietare questa pratica,e la loro inerzia o le loro negligenzerispetto alla realizzazione di strategie eazioni tese a modificare talune condottesociali funzionali alla reiterazionedi comportamenti discriminatori.Nella letteratura sulle MGF l’interesse perla pratica si è concentrato principalmentesul danno fisico e psicologico che derivadall’effettuazione di questi interventisui corpi delle donne e delle bambine.Ciò però non deve portare a porre insecondo piano l’essenza stessa dell’attomutilatorio, vale a dire la violazionedell’integrità fisica della donne, a cuisi collegano numerose altre violazionidi <strong>diritti</strong> fondamentali posti a tutela<strong>dei</strong> principi di dignità e libertà dellapersona umana e riconosciuti oggi comemeritevoli di protezione sul piano deldiritto interno e internazionale. Le MGFnon vanno perciò lette, anche sul pianogiuridico, solo come un problema dinatura medica e perciò esclusivamentecome un danno di tipo fisico e psicologico,bensì come una questione che investedirettamente l’affermazione del principiodi eguaglianza tra uomini e donne, ildivieto di discriminazione su base sessualee, in genere, la salvaguardia della libertà edella dignità delle donne e delle bambine.Già si è accennato al fatto che lacomunità internazionale ha iniziatoad occuparsi del problema delle MGFall’interno della prospettiva <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong>con incredibile e imperdonabile ritardo.Saranno gli anni ‘90 a consacrare allapolitica tale questione che, letta nel noverodelle plurali manifestazioni della violenzacontro la donna, diverrà ad un certo puntocentrale nel dibattito sui <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> delledonne, anche per le implicazioni rispettoal paradigma universalista e, nei paesidi immigrazione, al problema della tutela<strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> delle minoranze con riguardosoprattutto alla libertà di espressionereligiosa. La Conferenza di Vienna sui<strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> del 1993 ha rappresentato inquesto senso un passaggio fondamentale.Nella seconda metà degli anni ‘90 le MGFrientrano a pieno titolo tra le issue presentinell’agenda politica degli organismidel sistema <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> della comunitàinternazionale; la Dichiarazione congiuntadel febbraio 1996 sottoscritta dall’Unfpa,dall’OMS e dall’Unicef è esemplificativadell’orientamento con cui si andavasviluppando il dibattito:(...) La comunità internazionale non puòrimanere inerme di fronte a cotantaviolenza in nome di una distorta visionedel multiculturalismo. La cultura,infatti, non è statica ma in continuaevoluzione e i popoli devono mutare le loroabitudini e i loro comportamenti di fronteai pericoli e all’inutilità di certe pratichetradizionali, senza che questo significhirinunciare all’identità e all’integritàdella propria cultura.Sebbene non manchino voci di dissenso,con la Conferenza mondiale sui <strong>diritti</strong><strong>umani</strong> di Vienna del 1993, la Conferenzainternazionale su popolazione esviluppo (ICPD) del Cairo del 1994e la Quarta Conferenza mondiale sulledonne (Conferenza di Pechino)del 1995 si realizza sul piano formale ilriconoscimento pieno delle MGFquali manifestazione della violenza controla donna; viene pertanto indicata lanecessità che gli Stati contrastinoqueste pratiche attraverso la previsionedi interventi orientati alla loro prevenzionee criminalizzazione, oltre che allaprotezione e alla reintegrazione socialedelle vittime.

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