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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Rapporto di ricerca nella regione Veneto97rispecchiando dunque la composizionefemminile della popolazione africanaimmigrata nel Veneto. In base a quantorilevato dalle interviste, appare evidentecome la diversa provenienza geograficatenda a caratterizzare non solo il diversorapporto con i servizi, ma anche latipologia di intervento richiesto.Abbiamo inoltre rilevato che lamaggioranza delle utenti provenientidall’Africa dell’Est, e in particolaredalla Nigeria, si rivolge ai serviziprevalentemente per problematiche legatea gravidanza e parto. È quindi un’utenzaper la quale si lavora generalmentenei casi di emergenza o di patologieavanzate, ovvero in prospettiva del parto.Le caratteristiche anagrafiche esocio-culturali delle utenti appaionodeterminanti nella definizione dellarelazione. Ovviamente l’accesso a unreddito e la conseguente assenza orottura di dipendenza economica sembrafavorire una maggiore disponibilità elibertà di relazione delle donne anchenei confronti degli stessi servizi, che insimili circostanze riescono a erogare unservizio migliore.Rispetto alle MGF, la diversitàgeografica delle utenti africane delineaevidentemente la tipologia di mutilazioneosservata dal personale sanitario.Emerge come le mutilazioni più comunisiano riconducibili a quelle praticatesulle donne del Corno d’Africa, peraltrosempre meno presenti, e le mutilazionidefinite “minori” siano proprie delledonne provenienti dall’Africa dell’Est.Piuttosto significativa è la non ovvietà dellarilevazione della pratica anche quando ladonna vi è stata sottoposta. Se dunquela verifica della pratica appare in alcunicasi difficile, altrettanto complicata èl’indagine sulla reiterazione alle bambine.Tendenzialmente, c’è quindi l’impressioneche la pratica nei servizi si collochi in unadimensione di presunta assenza e chepertanto sia anche limitatamente oggettodi attenzione e problematizzazione.In ogni caso non emerge una casisticache induca a pensare ad interventi direcente effettuazione su donne adulteo adolescenti. Tutti i casi testimoniati siriferiscono ad episodi avvenuti nei primimesi o nei primi anni di vita della donnanei paesi di origine. È opinione diffusatra il personale sanitario che, pur nellapersistenza, il fenomeno delle MGF sia inqualche modo in viadi ridimensionamento o che comunquenon coinvolga le donne presenti nel nostroterritorio in termini drammatici,soprattutto con riferimento alla volontà/necessità di intervenire sulle bambine siaportandole all’estero, sia effettuando quil’intervento clandestinamente.L’impressione generale è però cheil personale sanitario non abbia unaconoscenza adeguata della normativain materia di MGF, come peraltrodelle implicazioni esistenti sul piano legalerispetto all’obbligo di referto o di denunciache può presentarsi in talune circostanzedi fronte ad episodi di mutilazione odi fronte al rischio di mutilazione.La divulgazione di informazioni e la rotturadel silenzio, unitamente al coinvolgimentodelle comunità soprattutto attraverso imediatori culturali, sembrano le strategieda mettere in campo per l’abbandonodella pratica. Altrettanto importante èla formazione degli/lle operatori/tricisanitari/e: una formazione che superila sterile trasmissione di informazionie stimoli piuttosto la necessità di unpercorso di sensibilizzazione che rivedai presupposti e gli atteggiamenti stessidegli/lle operatori/trici nella relazionecon le utenti. Allo stesso modo, i servizisanitari potrebbero diventare, su propostadegli/lle operatori/trici intervistati/e, unluogo privilegiato nel quale affrontare undiscorso sulle MGF basato sull’aspettomedico e sanitario, che esuli da giudizidi valore su ciò che è giusto o sbagliato,lecito o illecito.

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