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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Rapporto di ricerca nella regione Veneto58Le donne fin qui intervistate hannolasciato il loro paese e hanno maturatonella loro vita un nuovo atteggiamento inmerito all’infibulazione. A., già titubantein Somalia, riesce a liberarsi dellecostrizioni e delle pressioni sociali quandosi allontana, così come F., la quale, unavolta arrivata in Italia, sollecitata dalleinformazioni e dalle campagne mediatiche,comincia a mettere profondamente indiscussione la sua stessa esperienza e leragioni che hanno giustificato quanto le èstato fatto da bambina.Ma tu come ti senti quando senti parlaredi questa cosa qui?A.: Beh, all’inizio era una cosa normale, nonmi faceva male. Adesso però leggendo a miavolta alcune cose, vedendo un documentariodi non so dove in Africa, ho cambiato canaleperché vedevi queste bambine che urlavano,piangevano, con altre donne che le tenevanoforte. Mi ha fatto impressione.E cos’è cambiato secondo te?A.: È cambiato il fatto che se ne parlatanto e sembra che sia una cosa terribile,inimmaginabile. È diventata una cosa che faschifo a tutti. Per noi significava diventaredonne, adesso è diventata una cosabruttissima per me. Io prima non mi ero maisentita a disagio parlandone, né avevo maiprovato vergogna. Fino all’altro giorno se michiedevano: “Tu l’hai fatta?” io rispondevotranquillamente di sì, perché era una cosanormale. Ma ora mi accorgo dell’altra facciadella medaglia, che le cose si possono vedereda punti di vista diversi. Questo non mitoglie niente a me. Però oggi come oggi,se mi fossi trovata di fronte alla possibilitàdi farla, mi sarei fatta cinquemiladomande: a cosa serve? Perché si fa?Cosa mi tolgono?Queste domande non me le facevo inSomalia. (A., Somalia)Per K., del Burkina Faso, e per M.,egiziana, questa consapevolezza è giuntaprima della migrazione. Entrambeesprimono con parole molto forti il loroatteggiamento contrario. Le loro storieevidenziano le peculiarità legate alladiversità della realizzazione della pratica:nel primo caso è stata effettuata quandoK. era molto piccola, intorno ai 5 anni;nel secondo caso, M. era molto più grandee non sapeva quello che le avrebbero fattoil giorno in cui ha subito la pratica.Quando è stata la prima volta che haipensato che le MGF sono sbagliate?K.: In Burkina. Ho pensato che era sbagliatoperché c’era un’amica mia che era incinta edè morta, perché quando hanno strappato,hanno toccato una cosa che non dovevanotoccare. E lì ho detto no. È questa cosa chevoi ci avete fatto. Poi alla persona che avevafatto partorire ho detto: “Guarda se misuccede quella cosa io ti vengo ad uccidere.Da morta non ti lascio stare, starò sempredietro di te”.E chi era questa signora? Era un medico?K.: No, era una vecchia del villaggio. Non sifa tutto dai medici. Nei villaggi si fa da unavecchia signora, <strong>nelle</strong> case, usano una lama.Un giorno ho avuto la curiosità di andare avedere come si fa. Poi mia mamma mi hadetto: “Tu non vedrai niente qua!”. Io eroparticolare, molto curiosa. Sì, io sono così.Non sopporto le ingiustizie.E hai pensato che quella eraun’ingiustizia.K.: Sì, perché vedevo che c’era sofferenza.E quando vedo che c’è sofferenza in mezzonon l’accetto. Però bisogna tirarla fuoriquesta cosa. Bisogna fare qualcosa perfermare chi la fa ancora! (K., Burkina Faso)M.: Questa cosa per me è brutta. Quandomi hanno fatto questa cosa è stata unacosa schifosa. Se avessi una bambina nonglielo farei mai. Dicono che è una cosa chesi fa per evitare che la donna faccia troppol’amore. Oppure si fa per evitare che, se ladonna non è sposata, si scaldi se un uomole fa una carezza. Mi ricordo il giorno che

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