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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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APPROFONDIMENTI236negli ultimi anni, in tutti i documentisul tema, sia di carattere internazionaleche regionale. Ne deriva che l’esserele MGF pratiche consuetudinarieprofondamente radicate in taluni gruppietnici e nazionali non può costituireun’attenuante rispetto al fatto che essesono la manifestazione più conclamatadella disuguaglianza sociale di cui èvittima la donna ancora oggi.Tale disuguaglianza, con le MGF, si spingeinfatti fino alla necessità di marcarei corpi <strong>femminili</strong> con interventi chepossono risultare anche assai invasivi;questi interventi sono inoltre attuatisenza particolari attenzioni rispetto allanecessità di ridurre le conseguenzein termini di dolore e di funzionalitàdelle parti anatomiche interessate,oltre che senza un’adeguata attenzionealle situazioni traumatiche sul pianopsicologico che comportano, soprattuttoquando il decorso post-operatorio presentiproblemi di varia natura che provocanouna maggiore sofferenza per la donna e untempo maggiore di adattamento del corpoalle modificazioni collegate all’intervento.L’ottica <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> rispetto alle MGFoggi non si ferma al dato internazionaleo regionale, ma investe direttamente lescelte <strong>dei</strong> legislatori nazionali.In questo senso va anche la nostra attualenormativa: la Legge 9 gennaio 2006 n.7, recante Disposizioni concernenti laprevenzione e il divieto delle pratichedi mutilazione genitale femminile, sirichiama espressamente, oltre agliarticoli 2, 3 e 32 della Costituzione, aquanto sancito nella Dichiarazione enel Programma di azione adottati aPechino il 15 settembre 1995 nella quartaConferenza Mondiale delle NazioniUnite sulle donne, introducendo misurenecessarie per prevenire, contrastaree reprimere le pratiche di mutilazionegenitale femminile, in quanto consideraqueste ultime quali violazioni <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong>fondamentali all’integrità della persona ealla salute delle donne e delle bambine.Tale orientamento si pone in linea congli obblighi derivanti dall’adozione di unaserie di trattati internazionali in materia di<strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> e risponde all’impegno che igoverni sottoscrivono con l’atto di ratificadegli stessi.La pratica delle mutilazioni <strong>genitali</strong><strong>femminili</strong> costituisce infatti una verae propria forma di ingiustizia sociale,attraverso la quale si viene di fatto anegare alle donne in quanto personedignità e autonomia. Per questo,inquadrare il problema delle mutilazioni<strong>genitali</strong> <strong>femminili</strong> nella prospettiva<strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> significa misurarsi con ladipendenza economica-sociale e l’assolutamancanza di potere delle donne in moltipaesi del mondo, nonostante si registrinonegli ultimi due decenni sensibilimodificazioni delle condotte socialiorientate ad una diversa considerazione<strong>dei</strong> soggetti <strong>femminili</strong> sul piano giuridico,culturale e anche sociale.In questo senso l’interdipendenza el’indivisibilità <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> politici e civili edi quelli economici, sociali e culturali,solennemente sancite dall’AssembleaGenerale delle Nazioni Unite, costituisconoil necessario punto di partenza per dareevidenza alle molteplici violazioni <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong><strong>umani</strong> che si realizzano con le MGF ealla complessità delle questioni chela reiterazione di queste condottesottende e implica.Un ruolo importante nello sviluppodi una sensibilità orientata ai <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong>a riguardo delle MGF è stato giocato inquesti anni da molte Organizzazioni nongovernative (Ong) presenti nei paesidi origine come in quelli occidentali,che continuano a svolgere anche oggi,rispetto al processo di progressivoabbandono della pratica, attivitàdi promozione e diffusione <strong>dei</strong> <strong>diritti</strong><strong>umani</strong> e di cooperazione orientata

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