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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Una ricerca in Friuli Venezia Giulia137/ Le percezionisociali del fenomeno /di Ornella Urpisinglobate all’interno del gruppo culturaledi appartenenza e prive di una spintaverso l’indipendenza e l’autorealizzazione.Queste donne mantengono acriticamentei modelli tradizionali, senza mettere indiscussione i costumi e i valori dellacultura dalla quale provengono.Esse si trovano a vivere “per caso” inuna società alla quale non sembranoin nessun modo appartenere e rispettoalla quale manifestano disorientamentoed estraneità. Per loro le MGF sono unacomponente organica della tradizione,da accettare come un fatto “naturale”.La rilevazione del fenomeno dellemutilazioni <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong> <strong>femminili</strong> (MGF)in Friuli Venezia Giulia è molto complessae di difficile effettuazione. Il numero<strong>dei</strong> casi non è elevato e l’atteggiamentodelle persone di origine africana incontratein occasione di questa ricerca sembra,in generale, favorevole all’abbandonocompleto di tali pratiche. Ma le cose sonomeno semplici di quanto appare. Infatti,da un lato vi è molta reticenza, pochivogliono esporsi, i più preferiscono nonparlarne, come dimostra il fatto che nontutte le persone contattate hanno accettatodi farsi intervistare e partecipare allaricerca, dall’altro lato, vi sono indizi che citroviamo piuttosto di fronte a un fenomenoin espansione a seguito dell’aumento <strong>dei</strong>flussi migratori.Le mutilazioni <strong>dei</strong> <strong>genitali</strong> feminili sonodescritte universalmente come pratiche“tradizionali”. La nozione centrale èdunque quella di tradizione. Infatti ildiverso rapporto con la tradizione ciconsente di individuare tre tipologie bendistinte di donne, caratterizzateda atteggiamenti diversi verso le MGF.Le prime sono le “tradizionali”,per lo più analfabete o comunquedipendenti dall’ambiente e dal maritonell’organizzazione della loro quotidianità,Le seconde sono le “emancipate”,più autonome e caratterizzate da unaqualche spinta verso l’autodeterminazione,pronte a rompere il tessuto culturale evaloriale della loro appartenenza etnicae quindi a rifiutare, insieme a molti altritratti tradizionali, vissuti come limitazionio menomazioni della propria individualità,anche e necessariamente le MGF, chepercepiscono come una “menomazione”vera e propria.Le terze sono le “tradizionaliste”.Esse condividono con le “emancipate”la spinta all’autodeterminazione ma,al contrario di queste, vedono nellatradizione e nel mantenimentodella cultura etnica una fonte importantedi dignità, una chiave per entrare nellasocietà di immigrazione, vissuta in modocritico, senza perdere la propria identità.La differenza tra le donne “tradizionali” ele donne “tradizionaliste” si approssimaempiricamente, e quindi con minorenettezza, a quella che intercorre trai tipi ideali della “tradizione” e del“tradizionalismo”. La tradizione implica untipo di comportamento prescrittivo(G. Germani, 1975) nel quale il criteriodella scelta tra diverse alternative èbandito o ridotto alle componenti piùstrumentali. In quanto tale, la tradizionenon è neppure avvertita come tradizione,

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