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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Rapporto di ricerca nella regione Veneto130che superi ogni approccio stereotipatoal tema, e che leghi l’impegno per losradicamento delle MGF all’obiettivo piùgenerale di promuovere una convivenzacivile incentrata sul riconoscimentodella dignità delle persone, la nondiscriminazionee le pari opportunità.In questo senso, la sensibilizzazione nondovrebbe avere come proprio target solo lapopolazione immigrata di origine africana,ma dovrebbe coinvolgere la cittadinanza ingenerale. Ciò che va evitato, naturalmente,è sia lo sterile allarmismo, sia la tendenzaa banalizzare ed edulcorare il problema,non riconoscendo la portata sociale esimbolica che gli è propria.4. La prassi delle strutture sociosanitarieregionali dovrebbe essere adattata allanecessità di far emergere il fenomenoladdove esiste come dato clinico,eventualmente con le implicazioni legalidi natura penale o civile che vi sonoconnesse, ma anche come dato simbolico,retaggio di una condizione di inferioritàche le donne e le bambine vivono nelcontesto pubblico e/o familiare, più omeno profondamente introiettato a livellopsicologico. Lo sforzo professionale(e quindi formativo) si colloca soprattuttosul versante della comunicazione.È noto come un problema comune amolti servizi alla persona sia proprio,paradossalmente, la difficoltà di incontrarele persone che avrebbero maggiormentebisogno di quei servizi. Nel caso delledonne portatrici o potenziali perpetuatrici,nella clandestinità, della pratica delleMGF, l’importanza di individuareopportunità, spazi, occasioni di “aggancio”,è di particolare evidenza. La ricerca haevidenziato la mancanza, ad oggi,di buone prassi adeguatamente testate,sul territorio regionale, e la necessitàdi elaborare e sperimentare urgentementetecniche e modalità operative inuna pluralità di ambiti del sistemasociosanitario: dagli ospedali (ginecologia,pediatria…) ai consultori, dai servizisociali a quelli di mediazione culturalee familiare. Un particolare settore in cuielaborare prassi e promuovere formazionedovrebbe essere quello della segnalazionee denuncia <strong>dei</strong> casi che dovesseropresentarsi come evidenza di reato osituazioni di rischio per le bambine.In questo ambito risulta crucialel’esistenza di una attenta sinergia tra i variattori coinvolti (il sanitario, il professionista<strong>dei</strong> servizi sociali, l’autorità giudiziariaminorile e ordinaria, eventualmentel’insegnante o l’educatore, ecc.),per operare in chiave di prevenzionepiuttosto che di repressione e pergarantire la costante considerazionedel miglior interesse della bambina.5. Infine, una politica di prevenzionedelle pratiche di MGF in vista del loroabbandono può essere perseguita neipaesi di destinazione degli immigratiafricani soltanto se strettamente legataa politiche analoghe portate avantinei paesi di provenienza. Non soloperché, come si è più volte osservato,è spesso in occasione <strong>dei</strong> momenti dirientro nel proprio paese che le MGFvengono eseguite, ma soprattutto perchéil superamento di queste tradizionipotrà avvenire soltanto nel quadro di undialogo e di un’osmosi “virtuosa” tra lecomponenti che storicamente strutturanomolte popolazioni africane: le comunitàrimaste in Africa e i gruppi della diaspora.In questo senso, potrebbe esserevalorizzata la funzionalità ad obiettividi promozione della dignità umana e<strong>dei</strong> <strong>diritti</strong> <strong>umani</strong> delle donne – tra i qualirientra senz’altro la lotta alle MGF –delle iniziative di cooperazione decentratain cui sono impegnati numerosi enti localie organismi non governativi veneti,nonché la stessa Regione Veneto.La “voce” della società e delle istituzioniitaliane e venete dovrebbe risuonare neipaesi africani, in tema di MGF,non solo come l’eco di una pur doverosacriminalizzazione specifica della pratica,

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