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Mutilazioni dei genitali femminili e diritti umani nelle ... - Aidos

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Una ricerca in Friuli Venezia Giulia214“scioccante” sono molto ricorrenti rispettoalle proprie esperienze dirette con le MGF;un medico dell’ambulatorio dell’ICTP adesempio racconta:Ne ho vista una in particolare ed èstata una cosa veramente sconvolgente,una giovane signora di 35 anni, mammadi due figli tra l’altro, infibulata. Aveva avutodelle perdite ematiche perciò si era rivoltaal servizio medico del Centro di fisica.In quell’occasione ho tentato di visitarla,ma è una cosa praticamente impossibile,se non per via rettale. I <strong>genitali</strong> in praticanon esistono, esiste la cute e basta. Le grandilabbra non esistono più, esiste un piccolo forod’uscita che permette appunto la fuoriuscitadell’urina e del flusso mestruale e basta.Cioè, è difficile anche introdurre un dito.L’infermiera dell’ICPT davanti allo stessocaso ha raccontato di aver avuto unareazione quasi paralizzante:Non riconoscevo l’anatomia, non avendomai visto niente di simile, sono rimastacosì scioccata che non ho nemmeno capitocos’era successo. Non riuscivo a trasferirele informazioni sulla persona che avevodavanti, per me è stato scioccante!Sono rimasta ferma, rigida, non avevoneanche il coraggio di muovermi.Al di là di queste significative reazionipersonali, dalle testimonianze raccolte èemerso che gli/le operatori/trici sanitari/ehanno avuto poche esperienze direttecon donne mutilate; la testimonianzadel medico legale dell’Ospedale Cattinaradi Trieste sembra confermare questo dato:Esistono delle normative molto recentisu questo fenomeno, ma da un controlloal registro generale della Procura dellaRepubblica di Trieste, non risulta iscrittoalcun reato 583 bis come previstodalla nuova normativa: cioè nella provinciadi Trieste non è mai stato segnalatoun caso per cui l’autorità giudiziaria deveprocedere. Né sono stati segnalati casidi questo tipo al servizio di medicina legale.Le motivazioni di questa scarsa incidenzain ambito sanitario possono esseredi varia natura, ma si possono ugualmentefare alcune ipotesi sulla base delletestimonianze raccolte.Innanzitutto, l’accesso ai servizi sanitariper molte donne immigrate non è sempresemplice e diretto: alcune non hannomai fatto una visita ginecologica e in certicasi partoriscono in casa.La spiegazione risiede in diversi fattori:cultura di appartenenza, grado diistruzione, livello di integrazione e statussocio-economico. Inoltre, le donne chehanno subito una qualche forma di MGFsembrano restie ad esporsi e a raccontareuna cosa così intima, sia perché <strong>nelle</strong>culture di provenienza non è cosadi cui si parla in pubblico, sia perchésanno che la pratica non è diffusa inItalia e temono le reazioni, emotive odi curiosità, che potrebbe suscitare la vista<strong>dei</strong> loro <strong>genitali</strong>.Un’altra motivazione risiede nellatipologia delle visite mediche: infatti,come testimoniano gli/le operatori/tricisanitari/e dell’ICTP, sembra che sia piùfacile che queste donne accedano adambulatori privati piuttosto che al serviziosanitario pubblico poiché in alcuni casi,in assenza di una ginecologa pressotali strutture, le donne che rifiutano lavisita di un professionista uomo vengonoindirizzate, dagli stessi operatori, versoambulatori privati di ginecologhe.Infine, alcuni medici intervistati hannoammesso che esiste una scarsapreparazione degli/lle operatori/tricisanitari/e sul tema e che loro stessisono a conoscenza di casi in cui alcunepazienti con MGF non hanno ricevutoun’accoglienza adeguata <strong>nelle</strong> strutturecui si sono rivolte.Come è emerso dalle testimonianzedi alcuni/e operatori/trici dell’AziendaSanitaria di Trieste durante il Tavolo

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