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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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negli occhi senza che il viso avesse mai motivo d’arrossire,<br />

più che di modestia.<br />

Come sarebbe dura, insopportabile l’atroce compiacenza<br />

di quelle che già nel passato poco l’avevano amata e tanto<br />

meno ora l’amerebbero! Come sarebbe miserabile e deplorevole<br />

lo strazio del povero suo nome trascinato di bocca in<br />

bocca, come cencio di stroscia in stroscia, da un conciliabolo<br />

<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro di comari gattiglianti, di stazzo in stazzo, di capanna<br />

in capanna! Con quanta gioia feroce si sazierebbe sopra<br />

di lei, come brama d’astori sopra bestia ferita, il livore<br />

degli invidiosi! Ognuno di essi avrebbe una pietra da lanciare<br />

contro questa povera regina delle feste, delle tosature e<br />

delle segnature, dei fidanzamenti e degli spos<strong>al</strong>izi, caduta in<br />

basso nel fango e senza più corona.<br />

E se le sentiva già nel capo appesantito e nel <strong>cuore</strong> trapassato<br />

e in tutto quel suo povero corpo esausto, quelle barbare<br />

sassate, quelle frecciate velenose. Oh Vergine santa,<br />

ch’ella aveva sempre pregato con fede e con trasporto, perché<br />

aveva permesso su di lei tanto avvilimento? Signore, perché<br />

aveva lasciato indifesa la sua ingenuità, e aveva permesso <strong>al</strong><br />

rospo del pantano d’accostarsi insidiosamente <strong>al</strong> fiore della<br />

sua virtù e d’insozzarlo? Signore, Signore! Qu<strong>al</strong>e sarebbe ora<br />

il cordoglio dei suoi vecchi: della sua santa madre, tutta una<br />

purezza; del suo fiero padre, così vigile e severo custode dell’onore<br />

della famiglia; dei fratelli, così gelosi e impulsivi in<br />

caso d’offese e d’inimicizie? Ella era perduta, perduta!<br />

E per più tormentarsi, per più affondar la lama acuminata<br />

nella piaga sanguinante, si rappresentava vivamente <strong>al</strong>l’imaginazione<br />

tutti quei cari visi contristati e quei cari occhi<br />

piangenti e quelle care labbra abbeverate d’amarezza. E non<br />

aveva l’ardire di schiodar lo sguardo d<strong>al</strong>la polvere del terreno,<br />

che avrebbe voluto mordere e triturare coi denti.<br />

Non aveva coscienza del tempo che scorreva: le sembrava<br />

che un rapido volo d’anni l’avesse di colpo sb<strong>al</strong>zata in<br />

una vecchiezza precoce, che avesse avvizzito nell’anima sua<br />

ogni freschezza, come c<strong>al</strong>dura improvvisa prostra ogni rigoglio<br />

del verziere. Tutto era notte, per lei, in quell’ora tremenda,<br />

ed ella si credeva piombata nel fondo d’un abisso<br />

senza uscita.<br />

98<br />

Fin<strong>al</strong>mente, dopo non sapeva quanto, tra le tenebre di<br />

quella fiera tortura, s’infiltrò a poco a poco un fievole raggio<br />

di luce. La solita voce di bontà le parlò d<strong>al</strong>l’intimo timidamente:<br />

«Dio benedetto! perché la disperazione, poi?<br />

Che cosa aveva commesso ella di m<strong>al</strong>e? Qu<strong>al</strong> era <strong>al</strong>la fine il<br />

suo peccato? Era forse una colpa l’aver aperto il <strong>cuore</strong> <strong>al</strong>le<br />

più natur<strong>al</strong>i speranze, <strong>al</strong>la rugiada mattutina, che apporta <strong>al</strong><br />

fiore del sentimento la stilla che lo disseta e gli dà incremento<br />

di succo e vigore e bellezza? Come poteva ella chiuderlo,<br />

quel suo <strong>cuore</strong> tutto una fiamma, in quel prodigioso<br />

fervore di maggio, tra tanti colori e tante melodie, <strong>al</strong>la voce<br />

più bella che mai uscisse da labbra mort<strong>al</strong>i, <strong>al</strong>le carezze più<br />

dolci, <strong>al</strong>le promesse più care, che le facevano intravvedere,<br />

di là da’ confini perdentisi a vista d’occhio, dei regni luminosi<br />

di fate? Stesse tranquilla: la coscienza non poteva condannarla:<br />

ella era innocente».<br />

La voce segreta le diffuse un po’ di b<strong>al</strong>samo nell’anima.<br />

«O Dio: non era dunque vero? In che cosa aveva peccato ella,<br />

povera ingenua, ghermita là d<strong>al</strong>l’astore sull’<strong>al</strong>tura come<br />

una colomba, trascinata a volo per un attimo, e rilasciata tosto,<br />

per grazia di Dio, senza che l’artiglio le s’affondasse nel<br />

<strong>cuore</strong>? Grazie a Dio, era illesa… Ne uscirebbe con un po’ di<br />

spavento… Aprirebbe gli occhi per l’avvenire! Ecco tutto!».<br />

Così le tornò bel bello la c<strong>al</strong>ma e diede ascolto sempre<br />

più attentamente <strong>al</strong>la voce di s<strong>al</strong>vazione. «Tu sei innocente»<br />

continuava. «Ma non potrebbe darsi che anche egli fosse<br />

innocente? Sei tu sicura che la lettera terribile fosse veramente<br />

diretta a lui? Non può essere di qu<strong>al</strong>che amico? di<br />

qu<strong>al</strong>che collega? di qu<strong>al</strong>che superiore? Non l’avrebbe egli<br />

forse distrutta, se fosse stata la sua? A che scopo tenersi in<br />

tasca un documento così pericoloso?… Certo potrebbe anche<br />

essere lui, l’infame. Ma, nel dubbio, hai tu il diritto di<br />

condannarlo? Non puoi tu sospendere la tua grave sentenza?<br />

Attendi dunque maggior luce, e non sii così severa con<br />

lui, né con te stessa…».<br />

All’improvvisa ragionevole riflessione, diede quasi un b<strong>al</strong>zo<br />

per la contentezza. Come tutto quello era giusto! Oh certo,<br />

aspetterebbe: doveva aspettare… Ella stessa avrebbe il coraggio<br />

d’affrontare il presunto reo la prima volta che lo vedrebbe,<br />

99

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