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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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– M<strong>al</strong>edetto sia! – imprecava il figlio. (Ella si segnava<br />

per scongiurare). – Lo dovevate lasciar finire nel sangue.<br />

Dovevate strangolarlo!<br />

Ella gli rivolse un severo sguardo, smettendo di pregare<br />

e suggellando le labbra. – È una creatura innocente! – pronunziò<br />

con solennità. – Avete perduto la testa tutti?<br />

Il vecchio sghignazzò d<strong>al</strong> canto suo, con ironia: – Solo<br />

la testa, abbiamo perduto! –; e Giromìnu, come se una mano<br />

artigliata gli aggranfiasse il <strong>cuore</strong>, fece un movimento<br />

convulso sullo scanno e si levò barcollante. Un sordo mugolio<br />

gli gorgogliava nella strozza, si sfogava in qu<strong>al</strong>che gemito<br />

doloroso. Si avventò fuori contro la notte, come un<br />

demente che non avesse mèta.<br />

Zia Francisca, atterrita a quelle intenzioni truci, lasciò il<br />

marito a vegliarsi da solo tutta la sua pena acerba, e ritornò<br />

a proteggere con la sua presenza il tugurio minacciato.<br />

Il giovane cercava di spengere, immerso nelle tenebre,<br />

tutta la fiamma che gli avvampava nel seno, e di confidare<br />

<strong>al</strong>le rocce tacenti, agli <strong>al</strong>beri abbrividiti ancora da qu<strong>al</strong>che<br />

violenta carezza di vento, a qu<strong>al</strong>che anim<strong>al</strong>e randagio, che<br />

il suo brusco sfrascare snidava d<strong>al</strong> covacciolo, tutto l’atroce<br />

spasimo d’ogni suo senso.<br />

Lo venisse dunque a vedere Caterina Ruoni, che gli<br />

aveva negato la mano, in quell’ebbro delirio di festa! Vedrebbe<br />

come egli mai fosse stato tanto contento come in<br />

quella notte, né a tosature né a smelature, né a raccolti né a<br />

svinature, né a cacce né a cav<strong>al</strong>cate! Vedrebbe come nitriva<br />

selvaggiamente la sua giovinezza, quasi poledra non più infioccata<br />

e ornata e strigliata e benedetta per il p<strong>al</strong>io, ma con<br />

la criniera tagliata e con la coda e le orecchie mozze per<br />

atroce sfregio! Vedrebbe com’egli, grazie a Dio, si preparava<br />

tra i suoni e i canti a celebrar quella santa Pasqua…<br />

Di lì a poche ore, in quel mattino di sabato santo, <strong>al</strong><br />

primo squillo della campana più vicina, d<strong>al</strong>le campagne e<br />

dagli stazzi farebbe eco una gara di fucilate: sonerebbero gli<br />

<strong>al</strong>tri campanili dei villaggi e della città disseminati tra i<br />

poggi e le coste, e tutta l’<strong>al</strong>tura diverrebbe un crepitio: la<br />

pianura lontana risponderebbe con <strong>al</strong>tre campane ed <strong>al</strong>tri<br />

scoppi: quanti cuori si gonfierebbero di gioia, quanti occhi<br />

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si velerebbero di m<strong>al</strong>inconia… E la capanna di Pasc<strong>al</strong>i Luna,<br />

che gli <strong>al</strong>tri anni in quel giorno animava le canne di<br />

tutti i suoi schioppi di rombi d’<strong>al</strong>legria, come i molossi<br />

sciolgon le gole agli urli di festa quando torna il padrone,<br />

quell’anno resterebbe muta come una sepoltura, come se<br />

qu<strong>al</strong>cuno vi fosse mancato di m<strong>al</strong>a morte! (Eppure, non la<br />

morte, ma la vita vi era entrata!). E i figli di Pasc<strong>al</strong>i Luna<br />

attornierebbero taciturni il focolare d<strong>al</strong>la fiamma smorta, la<br />

mensa del dì solenne cosparsa di s<strong>al</strong>e e d’assenzio, o s’infrascherebbero<br />

come cign<strong>al</strong>i per fuggir la luce e se stessi!…<br />

Che pasqua, diavolo, che pasqua!<br />

Le fronde, scomposte dai suoi sbracci furiosi, si vendicavano<br />

sbattendosi contro la sua faccia come mani schiaffeggianti,<br />

ed egli s’avanzava spronato da tutte le sue torture<br />

verso il più barbaro dei sogni, quello dell’ira impotente, che<br />

rugge tra catene infrangibili. Non poter vendicarsi! Non<br />

poter cacciare una p<strong>al</strong>la nel <strong>cuore</strong> <strong>al</strong>l’avvoltoio ladro e vile,<br />

non poter trafiggere la cagna, soffocare il cucciolo! Dover<br />

sfogare con la notte, coi sassi e coi prunai quell’orribile fuoco<br />

di forze che gli infiammava la persona e lo spingeva innanzi<br />

a smaniare, a sc<strong>al</strong>ciare come una bestia assillante, e<br />

non gli dava pace!<br />

Di quando in quando si fermava per ascoltar l’eco dei<br />

suoi passi che si perdeva nelle gole silenziose; e quel rumore<br />

se lo sentiva ripetere nell’interno come strepito di passi <strong>al</strong>trui.<br />

E il sogno si confondeva con la re<strong>al</strong>tà. «Che fosse lui?<br />

il cane?». La bieca brama gli colorava la visione. Era lui, che<br />

tramava ancora insidie! ed egli si trovava lì per appostare la<br />

volpe che a buio freddo piomba sulla mandra. Non ha indosso<br />

lo schioppo… si slancia diventato cane, e dilania l’insidiosa!…<br />

Uh! Come il <strong>cuore</strong> gli ruggiva a quel fracasso<br />

sordo di zuffa ferina, a quell’ardore di sangue fumante, a<br />

quella vista di carni lacerate! Come s’inebbriava l’animo<br />

suo, nell’appagamento di quella sete infern<strong>al</strong>e, nel riposo di<br />

quelle membra esasperate e rotte!<br />

Però guardava meglio quell’ammasso sanguinoso e sformato<br />

e s’accorgeva che l’uccisa non era la volpe – essa, chi<br />

sapeva in qu<strong>al</strong>i ricche tane si trovasse, sicura e sazia d’<strong>al</strong>tre<br />

prede? uh, diavolo! – sibbene la propria madre, squarciata<br />

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