Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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Le rintronava ancora <strong>al</strong>l’orecchio l’orribile presagio della<br />
fattucchiera: «veglierai cent’anni!» e credeva che veramente<br />
la veglia eterna principiasse.<br />
Nel togliersi il giubbetto, la busta dat<strong>al</strong>e da Silvio scivolò<br />
sulle coperte, cadde sul pavimento. Ella gettò un piccolo<br />
grido, si buttò istintivamente a riprenderla, come il<br />
f<strong>al</strong>co artiglia la preda. «Sarebbe quella la voce invocata invano?<br />
il fievole raggio sospirato? il fuscello d’appoggio?». Cielo!<br />
come le scoppiava ancora una volta il <strong>cuore</strong>, come le si<br />
oscurava lo sguardo!<br />
Sbuzzò la sopraccarta già mezzo gu<strong>al</strong>cita, con mani<br />
brancicanti, si fregò gli occhi a più riprese, invocò l’ultimo<br />
sforzo dell’anima disfatta, e appena le tornò la vista spiegò<br />
il foglio e lesse:<br />
«Speranza,<br />
M’hai vibrato in pieno petto t<strong>al</strong> colpo, ch’io mi maraviglio<br />
come sia vivo ancora: non avrei mai creduto che l’uomo<br />
potesse tanto patire. Pure, ti bacio le mani e non ti<br />
muovo rimprovero. Tutto ti autorizzava ad essere con me<br />
così crudele: io stesso t’avevo fornito inconsciamente l’arma<br />
avvelenata. Non mi lagno del tuo rigore: saresti stata una<br />
vile, se non m’avessi così ferito a morte. Però ascoltami,<br />
Speranza. Se i moribondi han diritto d’essere uditi, io che<br />
per te son quasi morto, me lo vedrei conteso? Spero che tu<br />
crederai <strong>al</strong>la difesa d’un disperato.<br />
Silvania è stata la prima amica dei miei trastulli, e per<br />
lei non nutro più che un affetto di fratello. Adriana Lupini<br />
mi è completamente ignota: ella è vittima della passione<br />
biasimevole d’un mio collega scapestrato, il qu<strong>al</strong>e mi ha<br />
messo in mano sghignazzando la disgraziata lettera due o<br />
tre giorni innanzi ch’io facessi il primo volo, né ha creduto<br />
più necessario riceverla. Le <strong>al</strong>tre donne, i cui nomi son<br />
scritti sul mio taccuino, son conoscenze superfici<strong>al</strong>i e passeggere,<br />
severamente oneste, che non hanno lasciato <strong>al</strong>cuna<br />
traccia nel mio <strong>cuore</strong>. Sono nomi scritti sulla carta, come<br />
potrebbero essere scritti sulla polvere. Il tuo nome mi sta<br />
scritto nel <strong>cuore</strong>, o Speranza: e se io, in questo istante in<br />
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cui barbaramente la mia vita si spezza, non so diversamente<br />
parlarti del mio amore sventurato, incolpa te stessa, che così<br />
duramente mi hai colpito e mi hai tolto a me stesso.<br />
Speranza, io ti perdono. Giuro però sulla testa veneranda<br />
di mia madre, sulla vita di mia sorella, sull’<strong>al</strong>tare, e su<br />
quanto vi è di più caro e di più santo, ch’io t’ho detto la verità<br />
e non t’inganno.<br />
Ora questo debole filo della mia vita è nelle tue mani.<br />
Se tu mi credi ancora onesto e degno d’essere amato, fammi<br />
pervenire, te ne supplico in ginocchio, una semplice tua<br />
riga. Se entro otto giorni io non sarò assicurato dell’amor<br />
tuo, la mamma pregherà invano per l’anima mia. Tuo, anche<br />
nell’inferno.<br />
Silvio».<br />
Spiranza fu ass<strong>al</strong>ita da una di quelle crisi violente che pare<br />
inaridiscano in un attimo la sorgente di ogni vita e ci rendono<br />
di pietra. Restò immobile in mezzo <strong>al</strong>la stanza, con gli occhi<br />
sbarrati senza sguardo, come una vera morta. Poi l’anima<br />
reagì, e parve investita da un turbine d’ebbrezza. «Signore misericordioso!<br />
dunque egli era innocente! egli l’amava!». Avrebbe<br />
voluto agitarsi, urlare nella notte, destar tutti gli esseri perché<br />
partecipassero <strong>al</strong>la sua gioia infrenabile con tutte le loro<br />
voci, coi mugghi, coi belati, coi nitriti, con fremiti e con scrosci.<br />
«Perché tutti dormivano nella fattoria? Non avevano dunque<br />
saputo ch’ella aveva sognato un orribile sogno, ed era stata<br />
sul punto di darsi <strong>al</strong>la voragine della disperazione, e aveva<br />
sofferto tutti i dolori, e gustato tutte le amarezze, e condensato<br />
nel <strong>cuore</strong> un mare di lacrime non piante, e smarrito il senso<br />
della vita: e ora si ridestava come già nelle <strong>al</strong>be della primavera,<br />
e ritrovava la sua via, ricoglieva i suoi fiori, ricantava i<br />
suoi canti? Non sapevano ch’ella era rinata, che la vita era bella<br />
e che tutto era bello? Come potevano dunque dormire?».<br />
Apriva la finestra e si protendeva nel buio, per cercare<br />
con gli occhi, con l’anima, un essere che l’ascoltasse, che ricevesse<br />
le confidenze del suo <strong>cuore</strong> risorto. E nella massa nera,<br />
con prodigiosa forza visiva, distingueva gli oggetti famigliari<br />
<strong>al</strong> suo sguardo: le pietre, le piante, le mandre, i monti lontani;<br />
e rivolgeva loro la parola come a persone vive, ascoltando<br />
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