Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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Lesse con violenti p<strong>al</strong>piti:<br />
«… Dirai pertanto <strong>al</strong>la tua bella, ricca, dotta, ecc. ecc.,<br />
Silvania ch’io mi sono ardentemente innamorato della <strong>Sardegna</strong>,<br />
e che non tornerò più nel Continente, <strong>al</strong>meno per<br />
prendervi dimora fissa. Me ne starò su queste montagne, mi<br />
sceglierò una piccola moglie g<strong>al</strong>lurese tra le forosette di Tempio<br />
o tra le pastorelle degli stazzi (oh quante ne ho viste veramente<br />
belline e graziose, che ti strapperebbero il suggello del<br />
sì, se tu fossi uomo, davanti a mille fuochi e a mille spade!)<br />
comprerò una mandra e mi farò pastore! Il vostro Silvio, che<br />
voi <strong>al</strong>tre sognate uffizi<strong>al</strong>e, colonnello, gener<strong>al</strong>e, si vestirà di<br />
pelli, impugnerà il vincastro, sonerà lo zufolo <strong>al</strong>l’ombra delle<br />
sughere contorte, mentre il branco sognerà a meriggio, imparerà<br />
a far cagliare il latte, e a diguazzarlo col menatoio, a<br />
raccogliere il cacio e informarlo…; farà come il v<strong>al</strong>oroso Don<br />
Chisciotte, che passò d<strong>al</strong>le armi onorate e laboriose <strong>al</strong>la poetica<br />
pace rusticana! Oh come sarò delizioso!».<br />
La giovane interruppe la lettura un’<strong>al</strong>tra volta, per sorridere<br />
e contemplare <strong>al</strong>quanto nella sua mente la figura buffa<br />
di quel caposcarico, il qu<strong>al</strong>e, dopo aver parlato così bene (le<br />
sembrava), di cose serie, discorreva ora così disinvolto di<br />
amene leggerezze. Le pareva di vederlo in quel suo abbigliamento<br />
camminar dietro le pecore, incitarle col rozzo vergone<br />
gridando e fischiando… Oh com’era curioso! com’era<br />
spiritoso! Come non volergli bene? Possibile che un bontempone<br />
simile potesse ingannare?<br />
Ma tosto si ricacciava a capofitto nella sua lettura.<br />
«Voi <strong>al</strong>tre verrete a vedermi nel mio eremo, visiterete la<br />
mia capanna, e getterete dei piccoli gridi quando i vostri vestiti<br />
di lana o di seta s’impiglieranno tra le marruche e le prunicce<br />
e le vostre scarpine si sbucceranno sui sassi. Io <strong>al</strong>lora, <strong>al</strong>la<br />
cagnara rabbiosa, m’affaccerò <strong>al</strong>la porta col fucile spianato,<br />
pronto a ogni brutto incontro. Vi conoscerò <strong>al</strong>l’urlo e correrò<br />
a sostenervi, a confortarvi d<strong>al</strong> minacciato svenimento. Come<br />
sarò carino con in braccio la lacciaia di pelle acciambellata a<br />
mo’ di sciarpa, come un tenentino di primo pelo!<br />
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Appena voi tre vi sarete rimesse d<strong>al</strong> terrore, v’introdurrò<br />
nella mia reggia, vi presenterò la mia signora. – È<br />
questa – vi dirò – Dorotea Cacherello, la regina del mio regno!<br />
–. Ella, a quella vista, strabilierà, si pulirà il naso con le<br />
dita, se le striscerà così umide sulla gonna, verrà incespicando<br />
<strong>al</strong> vostro incontro. – Chi sono? – domanderà. – Eh, per<br />
bacco! – griderò io: – Son tua suocera Maria Gentili, tua cognata<br />
Beatrice Ròndani, e la tua… la tua gentile amica Silvania<br />
Cherubini! –. Seguirà l’abbracciata con le indispensabili<br />
lacrimette, e sùbito seguiranno le confidenze gelose e le<br />
espansioni. Mia moglie vi mostrerà le caciòle messe ad affumicare<br />
sul graticcio, i paioli di latte posati su cèrcini di fronde,<br />
il tino della s<strong>al</strong>amoia, il pollaio, lo st<strong>al</strong>luccio. Vi farà<br />
prendere in braccio i pulcini mezzo pelati, i porcellini da latte;<br />
vi farà ascoltare i grugniti di risentimento della scrofa figliata<br />
e i gorgògli più tranquilli e gentili del mai<strong>al</strong>one tutto<br />
pace… Oh qu<strong>al</strong>e delizia, madre mia, qu<strong>al</strong>e delizia! Non la<br />
sogni tu, non la sogna Silvania?<br />
Ecco le mie notizie: informatela dunque di questo mio<br />
incrollabile proposito, la vostra bella, ricca, istruita, ecc.<br />
ecc., Silvania, e ditele che si metta il <strong>cuore</strong> in pace, e cerchi,<br />
se le riesce, di dimenticarmi…<br />
Però lasciamo gli scherzi e discorriamo sul serio. Ti pare<br />
conveniente di parlar di matrimonio proprio da adesso? Prima<br />
di tutto io non so se son tagliato veramente per il matrimonio,<br />
o se son fatto per scorrer libero come poledro di colle<br />
in colle o di piano in piano, dove più abbondante sia la<br />
pasciona. Poi non saprei se proprio Silvania sia la donna più<br />
adatta per me, che in amore ho certe idee mie particolari, le<br />
qu<strong>al</strong>i rasentano la stranezza, e, te lo dico <strong>al</strong>l’orecchio, forse<br />
la…: no, non te lo voglio dire neppure <strong>al</strong>l’orecchio. Mamma,<br />
la mia via è lunga, e io sono ancora <strong>al</strong>l’inizio. Chi può<br />
indovinare quanti casi nella vita saran per capitare? Non ci<br />
pensiamo, dunque, per ora. L’avvenire è nelle mani di Dio.<br />
Addio, madre mia. Bacioni e abbracci a te, a Bice, e, se<br />
ti piace, anche a Silvania».<br />
La lettrice rimase con la carta tesa in aria e con la bocca<br />
sp<strong>al</strong>ancata, perplessa e delusa. Chi ci capiva niente? Chi ci<br />
si raccapezzava? Diceva sul serio, quel burlone, o celiava?<br />
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