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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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Quando l’avrebbe anch’essa, un angioletto come quello?<br />

Se amava così teneramente un figlio <strong>al</strong>trui, – e qu<strong>al</strong> figlio<br />

poi, Signore benedetto! né desiderato né amato da nessuno,<br />

povero innocente! – quanto amerebbe il frutto del<br />

suo seno! Come lo amerebbe? Non lo sapeva dire perché<br />

non conosceva misura sufficiente. Quando glielo darebbe il<br />

Signore un pegno così caro col qu<strong>al</strong>e potesse saziare pienamente<br />

il suo bisogno infocato di voler bene? Il dottore aveva<br />

domandato già la sua mano, che gli era stata promessa<br />

con esultanza; ma a causa della disgrazia di quella poveretta,<br />

(e guardava la sorella, temendo che le leggesse i pensieri<br />

sulla fronte) il matrimonio non s’era potuto celebrare ancora.<br />

Celebrare però si celebrerebbe: perché il dottore non era<br />

Cat<strong>al</strong>ina Ruoni e comprendeva le cose molto meglio di ziu<br />

Niccòla: non lo pensava, però, per offenderli! Si celebrerebbe:<br />

e quando a Dio piacesse, l’avrebbe tutto per sé, un<br />

amorino come quello, tutto suo, tutto suo, che si succhierebbe<br />

coi baci, e <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e direbbe tutte le sue parole di dolcezza,<br />

e canterebbe le ninne nanne più soavi di G<strong>al</strong>lura, e<br />

cucirebbe i vestiti più belli di tutta la contrada, e comprerebbe<br />

i ninnoli più vaghi… Esso somiglierebbe <strong>al</strong> padre, e<br />

crescerebbe grazioso come l’agnello che il pastore nutre di<br />

pasciona scelta e non lascia mai solo, come arboscello raro<br />

che il giardiniere cura con amore: invidia delle mamme.<br />

Come sarebbe felice con t<strong>al</strong>e tesoro in casa! con quel figlio,<br />

con quel marito! Con quel marito così buono, che se l’era<br />

scelta per compagna, egli così istruito, così distinto, lei così<br />

sempliciona, così ignorante! Oh come sarebbe contenta,<br />

grazie a Dio, come sarebbe contenta!<br />

Però quella sua felicità agognata la spaventò <strong>al</strong>l’improvviso,<br />

a un piccolo fioco gemito della puerpera. La guardò dolorosamente<br />

e vide che gemeva nel sonno. Povera sorella, povera<br />

tribolata! Contro di lei si era scatenato lo sdegno del<br />

Signore! La mamma le diceva ch’ella era stata così colpita per<br />

il suo grave peccato… Però il suo povero <strong>cuore</strong> (nella sua<br />

ignoranza, forse?) sapeva trovar molte difese per quella sventurata,<br />

benché avesse un vero orrore della sua colpa: oh questo<br />

sì, un vero orrore! e rabbrividiva solo a pensarci!…; e le<br />

pareva che la meschina avesse sofferto abbastanza e si fosse<br />

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già lavata nelle proprie lacrime… O aveva forse torto lei, povera<br />

ignara, che pensava così dei castighi del Signore? Oh, se<br />

così fosse, ch’Egli la perdonasse: ch’ella parlava per non sapere,<br />

e perché l’amava troppo, quella sua poveretta, e nella sua<br />

sciagura molto più di prima. Ed ella lo pregava sempre, il Signore<br />

misericordioso, che volesse aver pietà di quell’infelice,<br />

e le volesse asciugare il pianto che le bruciava gli occhi, e volesse<br />

toccare il <strong>cuore</strong> di quei suoi cari sdegnati e addolorati e<br />

severi, forse! Maria Dolorosa, quante lacrime aveva sparso ella<br />

stessa nel lungo volgere di quei mesi! Il cielo non l’aveva ancora<br />

ascoltata; ma non si stancherebbe ancor di pregare, e ora<br />

speci<strong>al</strong>mente ch’era venuto <strong>al</strong> mondo quell’angioletto innocente,<br />

sperava di non pregare invano… Povero cosino tutto di<br />

rosa, così gracile, e debole, e sventurato anch’esso… A qu<strong>al</strong>i<br />

dolori aprirebbe gli occhi, misero piccolo!<br />

E sfiorava leggermente con le labbra tremolanti quella<br />

faccina vellutata, mentre le fiorivano gli auguri più santi nel<br />

<strong>cuore</strong> fecondo.<br />

Dolce era l’ora, essendo del tutto c<strong>al</strong>mata la bufera e non<br />

udendosi nella notte profonda più che qu<strong>al</strong>che raro murmure<br />

di vento tra le scandule del tetto. Il languore della veglia<br />

disponeva quell’anima amorosa a sempre più delicate visioni<br />

di bontà. Zia Francisca aveva posato la fronte sopra una vecchia<br />

misura di sughero e aveva finito col cedere <strong>al</strong> sonno. Anche<br />

Spiranza e l’assistente dormivano. Ella ancora lottava col<br />

bisogno prepotente di chiudere gli occhi; ad ora ad ora questi<br />

le si chiudevano irresistibilmente, e negli sforzi ch’essa faceva<br />

per riaprirli, anche le ginocchia dondolavano e davano<br />

una cullata <strong>al</strong> corbello. Ma anch’essa <strong>al</strong>la fine fu vinta, e la<br />

capanna restò immersa in un grave silenzio di tregua.<br />

Però, dopo qu<strong>al</strong>che istante, la giovane fu destata di soprass<strong>al</strong>to.<br />

La porta sgangherata del tugurio aveva scricchiolato,<br />

e una figura, imbacuccata in un ampio cappotto d’<strong>al</strong>bagio,<br />

si dirigeva volpinamente verso di lei camminando sulla<br />

punta dei piedi. Ella forse credette che il suo sogno continuasse,<br />

perché non si spaventò né si mosse: anzi rinchiuse le<br />

p<strong>al</strong>pebre, che erano veramente aggravate; e l’ombra s’avanzò<br />

leggera, e tese il braccio verso la creatura. Al lieve moto del<br />

canestro ella ebbe un sussulto e sbarrò gli occhi.<br />

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