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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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vostre facce… Va tu e divèrtiti. Non vi sono <strong>al</strong>tri giovani?<br />

Non v’è…<br />

Ella lo guardò senza parlare, con un’occhiata penetrante,<br />

lunga, ch’egli non poté sostenere. – Sei un bimbo irragionevole!<br />

– proruppe <strong>al</strong>fine, non potendo più frenarsi. – Un bimbo<br />

caparbio! Che <strong>al</strong>tro posso farti più che giurare? Ho giurato<br />

e giuro che quello lì non lo voglio e se non lo voglio, non lo<br />

voglio! Chi me lo può caricar su le sp<strong>al</strong>le? Ma tu… ma tu…<br />

Silvio fu scosso da quel «tu» ch’ella gli dava la prima<br />

volta, e osò guardarla. La faccia di lei s’era trasumanata: lo<br />

sdegno l’aveva accesa di fiamma, dando agli occhi uno<br />

splendore inconsueto, <strong>al</strong>la bocca un’espressione di volontà<br />

indomabile. Ella gli si rivelò sotto un aspetto ignoto. Non<br />

gli stava più dinanzi la farf<strong>al</strong>lina incostante e leggera che<br />

non resiste <strong>al</strong>la brezza più fievole e si lascia trascinare da<br />

ogni <strong>al</strong>ito: gli parve di vedere una di quelle tante eroine celebrate<br />

poeticamente nei romanzi, ergentisi come di sopra a<br />

un piedest<strong>al</strong>lo di pietra viva, sublimi contro ogni avvolgimento<br />

di bufera, come bronzee statue rispettate dai fulmini<br />

e dai nembi, dorate dai magici riflessi dei tramonti e delle<br />

aurore. Una fiamma di passione lo investì, e per uno di<br />

quei subitanei inesplicabili mutamenti dello spirito che divorano<br />

distanze e raccolgono in sintesi misteriose d’un attimo<br />

un lungo e lento snodarsi d’anni, fu tutto trasformato<br />

come per miracolo, e sentì un’irresistibile necessità di muoversi,<br />

di gridare, di cader ginocchioni, per dar sfogo a un<br />

bagliore novello, b<strong>al</strong>enato esuberantemente nell’animo suo<br />

e irraggiato per la via d’incanto su persone e cose.<br />

Aprì gli occhi e tese le braccia avidamente, come per<br />

slanciarsi a una ascensione, e <strong>al</strong> contatto delle mani della fata<br />

si sentì purificato.<br />

Sullo spiazzo della fattoria s’accaniva la danza rusticana.<br />

Si b<strong>al</strong>lavano i così detti b<strong>al</strong>li civili (gli antichi b<strong>al</strong>li tradizion<strong>al</strong>i<br />

erano già un nost<strong>al</strong>gico ricordo dei vecchi arrembati<br />

e tremolanti): ma non da tutti si osservava rigorosamente<br />

l’etichetta. Il primo a dar l’esempio era stato il dottore, che<br />

s’era levata la giacca. Anche i pastori b<strong>al</strong>lavano in maniche<br />

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di camicia, e i più avevano un fazzoletto colorato <strong>al</strong> collo,<br />

che impiastricciava la tela di solchi e di rabeschi; qu<strong>al</strong>cuno<br />

ne teneva con la destra un <strong>al</strong>tro bianco affinché le manacce<br />

senza guanti non lasciassero le ditate di sudore sui giubbetti<br />

fioriti delle b<strong>al</strong>lerine.<br />

Si conversava a voce <strong>al</strong>ta, si urlava. – Fa il giro bene tu,<br />

ohè! – A tempo, compare Bastià! – Qua tu: o che sei cieco?<br />

– Raddrizzatevi, comare Mena: che mi sembrate il gobbo<br />

da far danari! – E voi il candeliere del cereo pasqu<strong>al</strong>e,<br />

compà! – Coraggio gioventù! Allegri, ragazzi! – Uh! uh! –.<br />

E se i musicanti sonavano l’inno dei lavoratori o quello di<br />

Garib<strong>al</strong>di, qu<strong>al</strong>che voce vi sposava le parole cantando: «Su<br />

fratelli, su compagni…» «Si scopron le tombe…».<br />

E qu<strong>al</strong>cuno sb<strong>al</strong>zellava col sigaro in bocca, con la pipaccia<br />

fumante come una carbonaia: e di tanto in tanto si<br />

spandeva intorno un lieve puzzo di bruciaticcio perché un<br />

ricciolo svolazzante di qu<strong>al</strong>che damina s’era strinato: senza<br />

tener conto dell’odoraccio acre del tabacco e di <strong>al</strong>tri più ingrati<br />

fetori di sudore e di st<strong>al</strong>la che il vento diffondeva.<br />

Altri masticacchiava foglioline di timo e cianciava a<br />

bocca piena, avvolgendosi con fiaccona, e, s’era del caso,<br />

nello scrosciare in sghignazzamenti, spruzzava di s<strong>al</strong>iva e di<br />

piccole miche d’una poltiglia bavosa l’acconciatura della<br />

compagna, la testa e le sp<strong>al</strong>le della coppia più vicina.<br />

Insomma: si b<strong>al</strong>lava <strong>al</strong>la buona, e di quando in quando<br />

i servi o le figlie stesse di ziu Pasc<strong>al</strong>i passavano intorno vassoi<br />

di bicchieri ricolmi, che ritempravan la lena, e sc<strong>al</strong>davano<br />

il sangue e facevano avvampar l’<strong>al</strong>legria.<br />

I vecchi sedevano appartati sui sedili di pietra addossati<br />

<strong>al</strong> muro, e facevano i loro amari commenti su quell’abb<strong>al</strong>lottio<br />

di anim<strong>al</strong>i, come dicevano, senz’arte né decenza.<br />

– B<strong>al</strong>lo civile lo chiamano, pure! B<strong>al</strong>lo da porcile dovrebbero<br />

chiamarlo! – sentenziava in cagnesco uno dei più<br />

accesi. – Osservateli: vanno abbracciati come marito e moglie,<br />

s<strong>al</strong>vo il peccato. Di mie figliole non ne lascerei b<strong>al</strong>lare<br />

a quel modo lì! Vergogna!<br />

– E quei s<strong>al</strong>ti che fanno <strong>al</strong>l’impazzata, che sembran tanti<br />

becchi cozzanti! Pucci, misericordia! Guardate come svolazzano<br />

le gonnelle! Bisogna non aver modestia!<br />

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