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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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«Mamma, ho bisogno di sfogarmi e vi scrivo dopo appena<br />

due giorni dacché vi ho mandato l’ultima mia. Perdonatemi<br />

se vi arreco qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro dolore: ma io non posso tenere<br />

in corpo <strong>al</strong>cun segreto: ora meno che mai. Mi scuserete anche<br />

se mi cadrà d<strong>al</strong>la penna, contro il consueto, qu<strong>al</strong>che parola<br />

dura, perché sono ancora tutto fremente di sdegno.<br />

Mentre il maggiore Ròndani s’era assentato d<strong>al</strong>l’ufficio<br />

non so per qu<strong>al</strong> motivo (egli ha continuato, non giova dirlo,<br />

le sue occhiate solite e il suo insolito fare ringhioso) è<br />

venuto oggi a cercarlo una signora ch’io vedevo per la prima<br />

volta, ma che gli <strong>al</strong>tri scrivani pareva conoscessero. Essa<br />

sembrò seccata per l’assenza dell’uffizi<strong>al</strong>e, e sedette accanto<br />

<strong>al</strong> tavolino di lui, nel suo scrittoio, senza che <strong>al</strong>cuno la pregasse<br />

d’accomodarsi, come se fosse in casa sua. Un fanciullo<br />

poi di sette o otto anni che l’accompagnava si mise tosto a<br />

scorrazzare da una stanza <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra come in piazza, s’avvicinò<br />

ora <strong>al</strong>l’uno ora <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro dei soldati e graduati che scrivevano.<br />

Infine s’accostò <strong>al</strong> mio tavolino, guardandomi fisso con sfrontatezza<br />

superiore <strong>al</strong>l’età, e dicendo: «Tu sei nuovo. Quando sei<br />

venuto qui? Come ti chiami?».<br />

Per me sono stati sempre antipatici, questi bimbi così<br />

detti precoci e ch’io direi viziatacci, m<strong>al</strong>educati e sfacciati, i<br />

qu<strong>al</strong>i profittano della dabbenaggine e della miseria mor<strong>al</strong>e<br />

dei loro più natur<strong>al</strong>i educatori e della propria fortunata condizione,<br />

per martoriare il prossimo.<br />

Credetemi: avrei preso volentieri per il collo quel piccolo<br />

impertinente, e l’avrei cacciato a sedere là, incollato <strong>al</strong>la sedia,<br />

accanto <strong>al</strong>la sua degna compagna. Già, a dirvi la verità,<br />

anche il fare di lei m’aveva sorpreso <strong>al</strong>quanto e irritato, e un<br />

senso subitaneo di ripugnanza aveva, senza che io me ne sapessi<br />

dar ragione, m<strong>al</strong> disposto il mio animo contro di lei.<br />

Ma la disciplina m’ha abituato a sapermi dominare, e sono<br />

stato gentile quanto ho potuto. Ho risposto intanto <strong>al</strong> fanciullo<br />

con più garbo ch’egli non meritasse. Ma egli, col fare<br />

proprio dell’età sua, rise del mio nome, e lo ripeté con piccoli<br />

scrosci, commentandolo a modo suo per poter far dello<br />

spirito. «Oh!» disse: «Teodoro Luna! Che nome buffo, Teodoro!<br />

Luna, poi! Luna c<strong>al</strong>ante o crescente? o luna piena?». Io stavo<br />

per rispondere non so più che cosa <strong>al</strong>l’insolente, quando la<br />

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degna madre credette opportuno intervenire ella stessa (bontà<br />

sua) nella conversazione. Ripassò nella s<strong>al</strong>a degli scrivani: e<br />

mi disse: «È lei, scusi, il soldato sardo dell’ufficio?». «Precisamente,<br />

signora!» risposi io, con voce che doveva essere <strong>al</strong>quanto<br />

<strong>al</strong>terata (benché io non me ne accorgessi) a giudicare<br />

d<strong>al</strong>lo sguardo supplichevole che mi rivolse di nascosto uno<br />

dei miei commilitoni. «Son sardo; e precisamente di G<strong>al</strong>lura».<br />

«Oh! di G<strong>al</strong>lura!» beffò ancora il mariolo brancicando<br />

con le manine <strong>al</strong>cune carte del tavolo. «Cheto, piccino!» si<br />

degnò di soffiare con cascaggine la matrona, come se col suo<br />

<strong>al</strong>ito severo avesse temuto d’infrangere quell’animuccia di crist<strong>al</strong>lo:<br />

(oh che stizza!). Poi continuò, rivolta a me: «Oh bravo!<br />

Mio marito è stato in G<strong>al</strong>lura, e ne è ancora incantato!».<br />

(«Ne ho piacere!» avrei voluto rispondere. «Ma in che qu<strong>al</strong>ità,<br />

di grazia? Come compratore di pelli, forse?»). Ma mi rimangiai<br />

a m<strong>al</strong>in<strong>cuore</strong> l’insolenza, e dovetti far buon viso a<br />

cattivo gioco. «Tutta bontà sua!» mi contentai di dire. «Certo<br />

per chi c’è nato, la G<strong>al</strong>lura è una bella regione!».<br />

E cacciai gli occhi della mia povera anima lontano lontano,<br />

di là d<strong>al</strong> mare, sui nostri monti, o mamma, così nudi<br />

eppur così belli, circondati d<strong>al</strong> fascino della solitudine, e sui<br />

nostri piani disseminati di villaggi e di stazzi, dov’è così<br />

semplice e così dolce la vita. Mai come in quell’ora sentii<br />

d’amare così profondamente la mia terra.<br />

«Non solo per chi vi è nato» mi destò la voce antipatica,<br />

«ma anche per chi ci va da luoghi più civili. Mio marito, per<br />

quanto ci sia stato or son parecchi anni, ne parla sempre con<br />

entusiasmo… Avrebbe sempre il piacere di ritornarvi per rivedere<br />

tanta brava gente che vi ha conosciuto. Qu<strong>al</strong>che volta<br />

il suo desiderio è tanto forte, che, non so come, lo comunica<br />

anche a me e a nostro figlio». «Eh! anch’io ci vorrei<br />

andare in quella terra di banditi!» bestemmiò l’ignorante<br />

«ma col fucile in isp<strong>al</strong>la! Li ammazzerei tutti, i banditi, io!».<br />

Feci finta di non aver udita l’impertinenza, e parlai direttamente<br />

<strong>al</strong>la donna. «Ci vada, signora: non saranno passi<br />

perduti!». Forse il tono della mia voce era un po’ beffardo,<br />

perché il solito amico mi guardò con quella sua aria desolata,<br />

e mi fece un piccolo cenno con la testa. Io per conto<br />

mio avrei finito tutto lì. Ma <strong>al</strong>la signora pareva prurissero le<br />

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