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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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per la prepotenza del riso) si misero a b<strong>al</strong>lare strab<strong>al</strong>zoni un<br />

loro trescone origin<strong>al</strong>e, con certe mosse così buffe e certi<br />

contorcimenti così ridicoli, con certe carezze così gattesche<br />

e certi vezzeggiativi così gentili, che chi non li vide b<strong>al</strong>lare<br />

può dir di non aver goduto mai pantomima veramente graziosa.<br />

Il riso divenne un patimento.<br />

Quando il dottore rinvenne d<strong>al</strong>le sue convulsioni, volle<br />

fomentare la fiammata. Con la chitarra sonò il vecchio b<strong>al</strong>lo<br />

sardo, con <strong>al</strong>legri abbellimenti di note; e tosto i musicanti,<br />

riavutisi anch’essi, fecero trillare gaiamente i clarini.<br />

A quell’improvvisata, i due b<strong>al</strong>latori s’arrestarono, drizzando<br />

le orecchie, e come due veterani che udissero squilli di<br />

trombe richiamanti <strong>al</strong> pensiero echi di lontane battaglie, si<br />

slacciarono d<strong>al</strong>l’amplesso (per modo di dire), si guardarono<br />

teneramente negli occhi lustri, che mandarono riflessi di qu<strong>al</strong>che<br />

bagliore, si ring<strong>al</strong>luzzirono, s’accesero; e dopo aver intricato<br />

le loro braccia tremanti nel consueto viluppo, sgambettarono<br />

pazzamente per eseguir la danza della loro giovinezza.<br />

Oh quanti ricordi! Quante primavere e giornate di sole<br />

e tosature e segnature e smelature e svinature con orgie di<br />

colori e sfavillio di luci e formicolio di gente passarono nelle<br />

menti affaticate e offuscate, con miti splendori d’<strong>al</strong>be!<br />

Quanti suoni di campana, e tintinni di sonagli, e scrosci di<br />

baccan<strong>al</strong>e, e gazzarre di cori rustici moderanti le danze severe<br />

<strong>al</strong> lume della luna, e canti giovanili pioventi con onde<br />

di fascino sulle turbe mute, e crepitii di fucilate a v<strong>al</strong>le, e<br />

mille <strong>al</strong>tri rombi e ronzii per nascite e funer<strong>al</strong>i, per nozze e<br />

per paci, si ridestarono m<strong>al</strong>iosamente nella tomba polverosa<br />

di quei loro poveri cuori anneghittiti! Tutto un fervore di<br />

risurrezione rimenò quelle due vite, già stanche, per vie fiorite<br />

già corse da anni e anni, lontano d<strong>al</strong>le plaghe consuete,<br />

dai sentieri d’ogni giorno assiepati con bronchi, d<strong>al</strong>le solitudini<br />

brulle d’una esistenza sbiadita, senza fiori più che di<br />

mestizia, senza rugiada più che di lacrime!<br />

I due buoni vecchietti, per un momento, s’immersero<br />

nell’oblio dei loro m<strong>al</strong>i e s’abbandonarono a un’<strong>al</strong>legria giovanile.<br />

E l’entusiasmo s’apprese anche agli <strong>al</strong>tri coetanei come<br />

fiamma <strong>al</strong>le fronde. Parve che tutte quelle vecchie anime<br />

s’intendessero, si richiamassero, s’affratellassero in una<br />

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comune simpatia di bisogni, di gusti, d’impulsi, e quei vecchi<br />

corpi si lasciassero menare come da un vento di follia.<br />

Si formaron le coppie e il b<strong>al</strong>lo si animò un’<strong>al</strong>tra volta.<br />

I giovani per un poco stettero a guardare: e con celie e<br />

risate e gridi e applausi incitarono gli anziani.<br />

– Brava, zia Francisca! Si vede che vi pizzicavano i piedi<br />

quando b<strong>al</strong>lavamo noi!<br />

– Zio Pascà, Dio vi guardi! Così agile dunque eravate?<br />

– Evviva zia Baingia! Evviva ziu B<strong>al</strong>tòlu!<br />

– Guardate: ziu Stèvanu pareva un ronzino scorticato e<br />

ora pare un poledro brioso!<br />

E ammiravano la sveltezza di quelle membra nell’intrecciar<br />

delle braccia, nel s<strong>al</strong>tare, nel genuflettere, nel rigirar<br />

come trottole, notando la delicatezza e la severità delle movenze,<br />

la rigidità del passo.<br />

– Guardi, guardi! – esclamava il dottore rivolto <strong>al</strong> sergente.<br />

– Ecco la vecchia <strong>Sardegna</strong> che ci fa una visitina…<br />

Ecco la vecchia <strong>Sardegna</strong> che sta per morire!<br />

Silvio apriva gli occhi, immobile, e gli pareva d’assistere<br />

a scene già vedute non sapeva dove, in lontananza di tempi<br />

e luoghi, forse in istorie remote, in quadri dissotterrati, in<br />

affreschi di città dissepolte, o in sogni scompigliati della sua<br />

fantasia giovanile. E come una fantasmagoria bizzarra gli<br />

presentò dinanzi agli occhi pensosi una sfilata lunga di persone<br />

ignote e incomprensibili, venute d<strong>al</strong> buio dei secoli, in<br />

cammino verso il buio del nulla.<br />

Ma i clarini sembrava cantassero: chiamavano chiamavano<br />

con modulazioni di inviti di sirena. Le gambe dei ragazzi<br />

guizzavano, sentivano il formicolio.<br />

Jacheddhu s’impadronì di Spiranza, intrecciò con lei le<br />

braccia a iccase, e se la rapì nella corsa. Altri l’imitarono subito:<br />

poi <strong>al</strong>tri ancora. Ma era un andare tentoni: i vecchi<br />

b<strong>al</strong>li non sapevano eseguirli se non goffamente.<br />

Gli anziani li beffavano, gongolanti: – Eh eh! Vergogna!<br />

Nascondetevi, ragazzacci! Avete imparato le mode straniere<br />

e non sapete le mode vostre! Eh eh! Vergogna! Non potrete<br />

mai competere coi vecchi neanche nel b<strong>al</strong>lo! Eh eh! –. E nel<br />

tumulto assordante squillava di tanto in tanto anche l’antico<br />

selvaggio nitrito: – ahiaiaiaihihihì – che moriva echeggiando<br />

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