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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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sul grembo, e quando la mano macchin<strong>al</strong>mente sollevava l’ago,<br />

le restava sospesa in aria e poi le ricascava di peso morto come<br />

se la gugliata se l’attirasse. E i suoi occhi erano fissi in lontananze<br />

buie o rischiarate da rossori foschi.<br />

Tutto ricordava in quell’ora, che per ogni madre è un sogno<br />

di letizia; tutto ciò ch’ella aveva patito dopo l’atroce momento<br />

in cui la sua sventura era stata conosciuta, per tutti<br />

quei mesi di tortura senza nome, d’anima e di corpo. I ruggiti<br />

di furore, i gridi besti<strong>al</strong>i, le rampogne taglienti come lame, gli<br />

insulti roventi come spiedi infocati, le m<strong>al</strong>edizioni rabbiose,<br />

gli scherni degradanti, gli urti, le percosse, gli sputi; tutto il<br />

fiero e barbaro trattamento di quei giustizieri accesi e incrudeliti<br />

d<strong>al</strong>la passione, le stava fisso nel <strong>cuore</strong> come un chiodo.<br />

L’avevano trattata come una bestia da lapidare: l’avevan<br />

presa per le trecce e trascinata sul pavimento, solcata di lividi<br />

con c<strong>al</strong>ci, pugni e schiaffi, graffiata e addentata, buttata<br />

sulla spazzatura come un cencio lordato. Ed ella aveva sofferto<br />

con pazienza, aprendo solo la fontana inesauribile del<br />

suo pianto, senza una parola, tutta rassegnata, pregando anzi<br />

in cuor suo che la umiliassero e opprimessero ancor di<br />

più, se fosse stato possibile, perché si conosceva colpevole,<br />

colpevole, orribilmente colpevole. S’era sempre raggomitolata<br />

come una cagna percossa, accucciata nel canto dell’immondezza,<br />

gemendo in silenzio, inghiottendo tutto il suo<br />

sconforto come gorgate amare.<br />

E ciò che più le aveva trapassato il <strong>cuore</strong> era stata la pena<br />

della buona madre e della dolce sorella. Le loro occhiate<br />

mute, così tristi, così tristi, erano stati per lei veri stili acuminati<br />

che le avevano ricercato le fibre. Essa che aveva resistito<br />

agli oltraggi violenti dell’ira, che avrebbero abbattuto<br />

una leonessa, non aveva potuto resistere a quello strazio indicibile,<br />

e s’era avvoltolata come un ossesso, figgendosi nelle<br />

carni le unghie aguzze, scarnificandosi le ginocchia col<br />

trascinarsi sul pavimento scabro come un’antica penitente,<br />

annientandosi sotto il peso insopportabile dell’ignominia.<br />

Come l’avevano perseguitata quegli sguardi così dolci, quelle<br />

due care facce contristate; il suono mesto di quelle parole<br />

così amabili, la tristezza di quei sorrisi, la squisitezza di quei<br />

tratti! Tutto ciò per lei era stato più straziante che non il<br />

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martirio della carne… e la persecuzione di quel ricordo le<br />

aveva spremuto dagli occhi le sue lacrime più ardenti e d<strong>al</strong><br />

seno i suoi urli più desolati.<br />

Un <strong>al</strong>tro fantasma le aveva tenuto assiduamente compagnia<br />

in tutti quei mesi interminabili di supplizio: il fantasma<br />

caro e <strong>al</strong>lo stesso tempo esecrato del seduttore: (e nella orribile<br />

contraddizione consisteva appunto tutta la violenza della<br />

doglia che le scindeva in due barbaramente il <strong>cuore</strong>). Egli<br />

veniva ora circonfuso di luce per emanare ancora intorno<br />

tutto il suo incanto e per destare nell’anima sua, per attimi<br />

fuggevoli, tutte le delizie delle <strong>al</strong>be d’<strong>al</strong>tri tempi, con brividi<br />

d’oblio che l’avrebbero compensata di secoli di torture; ora<br />

deformato d<strong>al</strong>la più ributtante laidezza, coperto dell’orrendo<br />

fardello di tutte le sue colpe, avvolto da tutte le sue penombre,<br />

spirante ribrezzo da ogni poro, per immergerla in vortici<br />

di fiamme e farle soffrire tutte le pene del purgatorio. E l’anima<br />

sua era stata miserabile trastullo di quegli occhi quando<br />

stelle di cielo e quando braci d’inferno, di quella voce or<br />

melodia di carezza rapitrice ed estasiante or beffa piagante a<br />

sangue, di quel sorriso or raggio di sole or ghigno di demonio;<br />

e tutta la sua vita, nella sua veglia e nel suo sonno, nel<br />

suo riposo e nella sua fatica, in ogni suo respiro e in ogni<br />

suo moto, era stata illuminata o contaminata e amareggiata<br />

da quella odiosa eppur adorabile presenza, che in ogni modo<br />

l’aveva fatta soffrire, ineffabilmente soffrire.<br />

Tutto ricordava: ma ciò che le aveva lasciato più profonda<br />

piaga nell’anima era stato il pericolo che aveva corso di<br />

morire senza confessarsi e di presentarsi <strong>al</strong> Signore macchiata<br />

di quel tremendo peccato. Giacché, per quanto i primi giorni<br />

di quella disperata condizione avesse desiderato con ardente<br />

brama la morte, e avesse anche, in quel momento più<br />

nero e più angoscioso, ideato di procurarsela, tuttavia, sostenuta<br />

d<strong>al</strong>la religione, ai cui principi la buona madre continuamente<br />

la richiamava, ella aveva ben riflettuto e s’era disposta<br />

a espiare la sua colpa in un continuo tremore della sua perdizione:<br />

e c’era mancato poco ch’ella eternamente si perdesse.<br />

Un giorno che la madre e la sorella si trovavano lontane e<br />

la fattoria era sola, si era presentato improvvisamente <strong>al</strong>la porta<br />

dello st<strong>al</strong>luccio il padre, severo sì, ma non così rannuvolato<br />

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