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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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La ragazza rivolgeva <strong>al</strong> padre un’occhiata di desolazione.<br />

«Fra pochi giorni?» voleva dire. «Dovrebbe dunque finir<br />

così presto quel dolce misterioso tormento? Così presto si<br />

tornerebbe <strong>al</strong>l’antica uggiosa vita?». Indi, come se s<strong>al</strong>tasse<br />

una voragine, costretta da incomprensibile necessità a riguardare<br />

il dottore: – Lei lo farà il miracolo! – b<strong>al</strong>bettava.<br />

– Bene! – approvava Silvio, con la sua voce velata. – La<br />

signorina ha ragione. Tutti però vi concorreranno –. E avrebbe<br />

voluto dimostrare ancora per la centesima volta la sua gratitudine.<br />

Ma non poteva, a parole; e si contentava di rivolgere<br />

il suo tenero sguardo intorno, con l’anima negli occhi.<br />

Allora la famigliola usciva d<strong>al</strong>la stanza, lasciandovi il soldato<br />

infermiere, e accompagnava il Sirena nella visita dell’una<br />

o dell’<strong>al</strong>tra mandra, dell’uno o dell’<strong>al</strong>tro orto, o delle conche<br />

ancor disseminate d’ossa umane, o delle tombe di giganti, o<br />

della bugnereccia, o del castagneto, o del bosco.<br />

Ogni giorno per il dottore erano impressioni nuove, dispute,<br />

divagazioni svariate: gli pareva d’amar la montagna un<br />

giorno più dell’<strong>al</strong>tro. E chiacchierava, e rideva, fermandosi di<br />

tratto in tratto nel centro del piccolo gruppo, posando lievemente<br />

la mano su le sp<strong>al</strong>le dei vecchi, cogliendo fronde fiorite<br />

per le giovanette, dando dei consigli ai servi, battendo<br />

amorevoli pacchine a M<strong>al</strong>cu e a Girominu (tornato a casa<br />

appena svanito il pericolo); e se ne andava fin<strong>al</strong>mente lasciandoli<br />

incantati, rivolgendosi di quando in quando a s<strong>al</strong>utare<br />

e a ris<strong>al</strong>utare, animando poggi e gole col fragoroso incanto<br />

della sua giovinezza.<br />

Mena rimaneva con lui nella mente e nel <strong>cuore</strong> e nell’anima,<br />

e aveva gli occhi vinti da quelle fattezze, le orecchie sempre<br />

deliziate da quella voce: e lo vedeva aggirarsi sempre là, come<br />

un frùgolo, anche tra i paioli di latte, intorno <strong>al</strong> telaio, tra<br />

gli strumenti di lavoro. Perciò la poveretta viveva come assorta,<br />

e a un risveglio brusco pareva tornasse da un <strong>al</strong>tro mondo.<br />

Spiranza la pungeva con certi monosillabi significativi,<br />

con certi raschi in gola e mugolii scand<strong>al</strong>osi: ed ella avvampava<br />

tremando. Allora s’affacchinava nelle faticacce, e fuggiva<br />

nell’orto a sognare da sola.<br />

Però t<strong>al</strong>volta amorevolmente si ribellava. Dinanzi <strong>al</strong>la<br />

martoriatrice faceva certi impercettibili tentennamenti del<br />

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capo, certe strizzatine d’occhio, certe smorfiette graziose,<br />

accompagnate da t<strong>al</strong>i paroline velate, da t<strong>al</strong>i piccole frasi insignificanti,<br />

che colei facilmente arrossiva e fin<strong>al</strong>mente taceva.<br />

Allora non aveva il coraggio d’assaporar la vittoria: taceva<br />

anch’essa e continuava a fantasticare.<br />

E il silenzio non era affatto imbarazzante, giacché le due<br />

anime vagavano liberamente, ognuna nel proprio mondo.<br />

Ma i silenzi di Spiranza eran brevi, giacché ella amava<br />

lo strepito, e non voleva a lungo rimaner sola con se stessa.<br />

Se non <strong>al</strong>tro, cantava, con la modulazione consueta di G<strong>al</strong>lura,<br />

m<strong>al</strong>inconica e soave, le canzoni tradizion<strong>al</strong>i, o i versi<br />

improvvisati che la passione le fioriva in gola.<br />

– Zitta! Non lascerai riposare il signor Silvio! – l’avvertiva<br />

la piccola con dolcezza.<br />

– Ebbè? Che me ne importa? – ella diceva con spav<strong>al</strong>deria<br />

con ipocrita sfida. Ma non cantava oltre, né parlava.<br />

Mena rideva <strong>al</strong>la muta, fregandosi il muso come una<br />

gattina.<br />

E rideva ancor più, ripetendo uno dei soliti mugolamenti<br />

d’intesa, quando Spiranza a un richiamo qu<strong>al</strong>siasi venuto<br />

d<strong>al</strong>la stanza del m<strong>al</strong>ato, buttava per terra canestri e incannatoi<br />

e cannelli e spole e tele e forbici e matasse e quanto avesse<br />

sul grembo, per s<strong>al</strong>tar leggera come un cerviatto su per la sc<strong>al</strong>a<br />

e accorrere prontamente; rideva a scrosci, e le risate avrebbero<br />

spronato l’infermiera solerte, se già da <strong>al</strong>tri stimoli più<br />

forti non fosse stata incitata.<br />

Spiranza s’era quasi riservato il diritto caritatevole di<br />

servire il ferito, e non permetteva agli <strong>al</strong>tri più che le piccole<br />

cure. «Ella era la più istruita della casa, diamine! avendo<br />

anche studiato a Tempio, nel ginnasio, anche! e comprendeva<br />

e parlava per benino l’it<strong>al</strong>iano, eh!». Perciò pareva fosse<br />

gelosa anche dell’<strong>al</strong>tro soldato, anche del dottore.<br />

Zia Francisca, ingenua come una fanciulla, coi suoi sessant’anni,<br />

lasciava fare. Era anzi orgogliosa d’una figlia così<br />

amabile, che non smentiva l’ospit<strong>al</strong>ità dei maggiori: l’incoraggiava<br />

con sorrisi di compiacenza.<br />

E la ragazza si dava da fare attorno a quel letto come una<br />

sorella, da mane a sera, stando solo lontana quando il sergente<br />

dormiva. E nell’ora stessa in cui esso riposava, veniva piano<br />

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