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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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nel <strong>cuore</strong>… e poi la sorella innocente… e poi Caterina<br />

Ruoni… Esse erano state le sue vittime senza delitto… Ma<br />

no: ch’egli non aveva voluto uccidere le innocenti… aveva<br />

voluto uccidere il cane! il cane e la cagna!<br />

Qu<strong>al</strong>che ruggito che gli sfuggiva lo richiamava un istante<br />

in se stesso. Ma tosto la fiera tempesta lo travolgeva ancora.<br />

Sì, <strong>al</strong>meno la cagna. Piomberebbe sullo stabbiòlo, la scannerebbe<br />

con la creatura: consumerebbe fin<strong>al</strong>mente quella giustizia<br />

così dolorosamente agognata, che i riguardi e le difficoltà<br />

non gli avevano ancora permesso di consumare. La<br />

scannerebbe… e il sangue laverebbe l’onta della famiglia… e<br />

l’atto di giustizia gli riaprirebbe le porte di Niccòla Ruoni, lo<br />

ribattezzerebbe di fronte <strong>al</strong>la gente.<br />

Uccideva la sorella e ne contemplava il cadavere… Accanto<br />

a quel corpo insanguinato s’agitavano due manine,<br />

tinte pur esse di sangue, come se cercassero una carezza… e<br />

nell’abbandono, vagiti dolorosi, miagolii biechi e strani si<br />

udivano… Guardava… ma ancora una volta la morta non<br />

era Spiranza, sibbene Francisca… Oh, diavolo! ma egli non<br />

aveva voluto assassinar la madre… non voleva essere un<br />

mostro matricida! I demoni che gli urlavano in corpo lo ingannavano<br />

dunque per martoriarlo? gli toglievano il senno?<br />

E si cacciava ancora tra le frasche e i sassi, perdutamente,<br />

come un folle rabbioso. Gli pareva già d’esser Caino.<br />

A quell’ora dentro il tugurio consacrato d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ito della<br />

nuova piccola vita, Mena compiva dinanzi <strong>al</strong> letto di dolore<br />

gli uffici più cari e più soavi della carità fraterna.<br />

L’assistente s’era messa a dormire sopra una vecchia cassapanca,<br />

avvolta in grosse coperte di lana grezza, e russava. Zia<br />

Francisca, dopo aver fatto sorbire <strong>al</strong>la puerpera prima l’uovo<br />

frullato col caffè poi il brodo di g<strong>al</strong>lina, (e in questo non l’aveva<br />

data vinta assolutamente né <strong>al</strong> marito né <strong>al</strong> figlio, che pretendevano<br />

le si apprestasse la broscia dei cani quando avesse<br />

fame!) s’era seduta a pregare con fede nel canto più buio.<br />

Mena s’era messa sulle ginocchia il corbello che conteneva<br />

il neonato, e lo cullava leggermente <strong>al</strong>la muta. Di<br />

quando in quando sollevava una cocca dello sci<strong>al</strong>le nero<br />

che lo copriva, e <strong>al</strong> lume fioco d’un’antica lampada a sego<br />

che pendeva da un cavicchio annerito, (e tutto era nero di<br />

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fuliggine dentro lo stambugio: i muri sgretolati, il tetto<br />

sconnesso, i pochi mobili sganasciati); contemplava quel visino<br />

roseo che pareva d’oro, su cui si aprivano t<strong>al</strong>ora due<br />

occhietti d’un colore indefinibile, e per vagire una boccuccia<br />

di pet<strong>al</strong>i carnicini. Ad ora ad ora gli metteva tra le labbruzze<br />

il succiolo, e se i lamenti continuavano, si accostava<br />

quel piccolo pennecchio vivo <strong>al</strong>la bocca, e vi <strong>al</strong>itava sopra<br />

mormorando parole e suoni che non si posson scrivere. Pareva<br />

una mammina vera.<br />

Spiranza, d<strong>al</strong> suo letto di pena, le rivolgeva la sua povera<br />

faccia sparuta, già rugosa e incadaverita e i suoi due occhi<br />

infossati e bruciati d<strong>al</strong>le lacrime e da fiammelle zolfigne;<br />

e per quella piccola sorella senz’ira, che, durante tutta<br />

la sua passione disperata, non le aveva mai rivolto una parola<br />

rigorosa e s’era sempre recata <strong>al</strong>la sua prigione di squ<strong>al</strong>lore,<br />

anche di notte, come una ladra, per <strong>al</strong>leggerirle la croce<br />

con le sue angeliche maniere, e farle anche tollerar la<br />

vita, le sue labbra amare avevano una p<strong>al</strong>lida ombra di sorriso,<br />

e il <strong>cuore</strong> trafitto e senz’amore una scintilla d’affetto.<br />

La piccola le rispondeva con la luce del suo sorriso ingenuo,<br />

con lo sfavillio dei suoi occhi buoni, e quando non<br />

poteva frenare l’impeto della gioia che le traboccava, si accostava<br />

<strong>al</strong> letto con quell’essere minuscolo in braccio, e glie<br />

lo mostrava con espressioni d’incanto. – Guarda che amore,<br />

sorella! Che occhi! che bocca! che nasino! che viso! Una<br />

pittura, sorella mia! Il Bimbo di Nat<strong>al</strong>e! il Figlio di Nostra Signora!<br />

Benedetto! benedetto… ah, ah, ah!… Baci<strong>al</strong>o dunque,<br />

Spirà! –. E glie lo avvicinava <strong>al</strong>le labbra, e poi lo baciucchiava<br />

ella stessa.<br />

Zia Francisca lasciava a mezzo l’orazione per fare i suoi<br />

dolci rimproveri: – Figlie mie, non si baciano mai le creature<br />

prima del battesimo! Aspettate che sia battezzata! –. E tornava<br />

a pregare.<br />

Spiranza sospirava, e Mena risedeva. La dolce giovanetta<br />

rimetteva il nipotino nel corbello e lo ninnava con cantilena<br />

sommessa; e quando vedeva che la sorella socchiudeva<br />

gli occhi per dormire e la madre faceva le s<strong>al</strong>utate col capo,<br />

ella, che non aveva sonno e non poteva averne, si perdeva<br />

nelle sue amorose riflessioni.<br />

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