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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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– Nonno! Nonno! – b<strong>al</strong>bettava <strong>al</strong>legro, zampettando<br />

come un capretto.<br />

– Oh! lì sei tu, mariolo? – borbottava la voce burbera<br />

ma amabile. – Solo sei, volpicina? Come sei venuto?<br />

– Mamma! Mamma! – rispondeva il piccino, scutrettolando.<br />

– Oh! – brontolava il vecchio. E taceva.<br />

Il <strong>cuore</strong> le batteva con violenza e la vista le si appannava,<br />

per un misto di dolcezza ineffabile e di paura, che le avvincevan<br />

l’anima.<br />

– Nonno! nonno! – riprendeva il piccolo impertinente,<br />

dando dei piccoli c<strong>al</strong>ci agli staggi.<br />

– Che vuoi, fastidioso? – chiedeva il vecchio senza levarsi<br />

né <strong>al</strong>zar la testa.<br />

– Nonno! nonno! Vacca! – implorava ancora la vocina<br />

cinguettante, accompagnata dai piccoli colpi impazienti.<br />

Il nonno veniva, apriva il cancello, si prendeva in braccio<br />

l’agnellino abbandonato, il povero uccellino senza nido,<br />

il mariolo suo, la volpicina m<strong>al</strong>iziosa, e lo metteva a cav<strong>al</strong>lo<br />

a una vacca mansa, tenendolo fermo con le mani tremanti.<br />

La madre non poté resistere e si levò a guardare. Il padre<br />

le volgeva le sp<strong>al</strong>le e il bimbo il visino. Sporse di più il capo<br />

oltre il muro e il figlio la vide. – Mamma! – trillò, – mamma!<br />

– Beh! va da mamma! – gli disse quasi brusco. E lo riportò<br />

fuori del cancello. Rientrò nel recinto senza rivolgerle<br />

uno sguardo.<br />

Ella s’era riaccucciata nel suo canto, e gli diede una fuggevole<br />

timida occhiata. I lineamenti di quel viso caro pareva<br />

si fossero induriti come quelli di una statua di bronzo.<br />

La persona le tremò, e versò qu<strong>al</strong>che lacrima.<br />

Altre volte si era voluta avventurare anche nell’orto o nel<br />

giardino, tratta da quelle dispotiche manine, che nel loro impeto<br />

non volevano sentir ragioni, e spinta anche d<strong>al</strong>la nost<strong>al</strong>gia<br />

di quei siti, che racchiudevano in sé tante memorie, e le<br />

sue piante, i suoi fiori, i suoi recessi segreti, ove tanti sogni e<br />

tanti voli aveva fatto l’anima sua! Ma una volta vi piombò<br />

quasi <strong>al</strong>lo stesso tempo Cat<strong>al</strong>ina che lamentò il pericolo di<br />

veder le ins<strong>al</strong>ate e le lattughe c<strong>al</strong>pestate da quel caprettino col<br />

baco, o Dio! e un’<strong>al</strong>tra la scorse d<strong>al</strong>la finestra Giromìnu, e<br />

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con ruvide grida come se cacciasse un ladro, le intimò che<br />

uscisse. Era uscita a capo basso, col figlio che strillava e si divincolava<br />

senza pace.<br />

Diadoru, del resto, che diventava un bimbo a modino, se<br />

la faceva con tutti. Eccetto lo zio maggiore, che non l’aveva<br />

mai né carezzato né toccato e quasi neppure guardato se non<br />

biecamente, gli <strong>al</strong>tri se lo contendevano, speci<strong>al</strong>mente prima<br />

che venissero gli <strong>al</strong>tri piccoli ospiti di Cat<strong>al</strong>ina e di Mena.<br />

I servi se lo recavano in braccio o in collo, e l’<strong>al</strong>lontanavano<br />

d<strong>al</strong>la casa; lo menavano ai debbi, ai seminati, ai maggesi;<br />

gli facevano guidare i branchi degli agnelli; gli costruivano<br />

i rozzi cav<strong>al</strong>li di fèrula, i carretti di sughero o di legno, i piccoli<br />

aratri di asfodelo, i fuciletti di canna; lo cacciavano a cav<strong>al</strong>cioni<br />

sul dorso or d’un montone or d’un becco, or d’un<br />

lattonzolo; gli facevano imbracciare lo schioppo loro, gli cingevano<br />

l’enorme ventriera <strong>al</strong> vitino, lo caricavano di cartucce.<br />

Egli andava contento, il più spesso infagottato, sopra le vestine,<br />

in una enorme sottoveste o cacciatora di adulti, e con un<br />

cappellaccio in capo, ruzzava e schiassava, battendo le manine,<br />

squillando con quei suoi piccoli gridi di c<strong>al</strong>andra; arava,<br />

faceva le mandre, mungeva le sue pecore bianche e nere, e le<br />

sue vacche d<strong>al</strong> loro bravo nome metaforico – Bandiera, Stelladiana,<br />

Farf<strong>al</strong>lina, Regina, Rosavera, e simili – ammazzava il<br />

cign<strong>al</strong>e, sparava <strong>al</strong> bersaglio. La sera glie lo rimenavano stracco,<br />

mezzo addormentato, che non poteva star ritto. Lo metteva<br />

a letto e lo vezzeggiava nel sonno, lungamente, quasi volesse<br />

scontare le ore perdute.<br />

Per <strong>al</strong>tre giornate intere glie lo rubavano i vecchi, i qu<strong>al</strong>i<br />

con esso tornavan bambini. Ella non li vedeva, ma le raccontava<br />

tutto Cat<strong>al</strong>ina, con una stizzetta invidiosa m<strong>al</strong> dissimulata.<br />

– Se lo vedi giocare col tuo marmocchio – le diceva –<br />

quel nostro vecchio ingrognato, non gli dài quarant’anni,<br />

Dio lo guardi! Lo fa b<strong>al</strong>lare e b<strong>al</strong>la con lui; corre con lui, si<br />

sdraia, lo porta a cav<strong>al</strong>lo, inforca egli stesso il suo cav<strong>al</strong>lino di<br />

fèrula, spara col suo fucile di canna, ara con gli aratri d’asfodelo,<br />

Giromìnu, a dir la verità, lo guarda un po’ di traverso,<br />

a causa di queste scemerie, come egli le chiama: (oh lui ha<br />

inghiottito stecche, pare!). Ma esso non gli bada, e se lo importuna<br />

ancora, s’<strong>al</strong>tera, s’imbroncia, grida: «ma fammi un<br />

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