Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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a casa, per far le paci con la signora. Le descriveva il lusso di<br />
quella casa, le gentilezze usategli d<strong>al</strong>la famiglia: tutte le torture<br />
ch’egli aveva sofferto… Finiva col dirle ch’egli, potendolo,<br />
si sarebbe fatto cambiare di reggimento, per non essere<br />
indotto a fare una pazzia…<br />
Allora ella si spaventava, tremava tutta quanta, e unendo<br />
le mani in atto di preghiera, lo supplicava con ardore<br />
che non volesse rovinarsi e rovinarla; gli prendeva le mani<br />
nelle sue, glie le stringeva forte, voleva rendersi con lui tutto<br />
un essere, con lo stesso pensiero, la stessa volontà, la stessa<br />
anima. – Figlio mio benedetto! – gli diceva atterrita: – che<br />
sarebbe di me, se tu dovessi patir danno? Come potrei io<br />
vivere? Vedi: tutta la mia esistenza, da venti anni, è stato un<br />
continuo patimento: eppure io son viva e ho superato tutto…<br />
Ma se tu dovessi andar m<strong>al</strong>e… vedi… –. Non continuava,<br />
ma aveva dinanzi agli occhi ingranditi lo spettacolo<br />
atroce della sua vita senza il figlio, che non sarebbe vita.<br />
Egli si commoveva fino <strong>al</strong> pianto e l’abbracciava in silenzio.<br />
Un’<strong>al</strong>tra novità aveva trovato nella casa, tornando dopo<br />
l’assenza di quasi otto mesi. Lo zio Giromìnu, che forse<br />
mai gli aveva rivolto una parola da cristiano, gli stava sempre<br />
<strong>al</strong> fianco. Lo attirava bel bello, conversando, nei luoghi<br />
più solitari dell’<strong>al</strong>tipiano, e dopo vari giri andava sempre a<br />
cadere nell’argomento suo prediletto, che sembrava diventato<br />
una fissazione. – Uccidilo! – concludeva, rotando gli<br />
occhiacci e digrignando i denti.<br />
La prima volta che la tremenda parola gli aveva percosso<br />
l’orecchio e gli era piombata nell’animo, il giovane aveva<br />
tras<strong>al</strong>ito come se una sassata gli avesse spiccato le reni: aveva<br />
arretrato p<strong>al</strong>lido e barcollante, come se si trovasse dinanzi<br />
<strong>al</strong> diavolo in persona. Ma lo zio l’aveva scosso per il bavero,<br />
come se lo volesse ridestare, se gli volesse infondere per<br />
gli occhi una vampata dell’anima sua felina, e aveva ripetuto:<br />
– Devi ucciderlo; se non l’uccidi sei un vile!<br />
Quindi il barbaro incitamento era diventato un odioso<br />
ritornello di canzone.<br />
Perciò il poveretto non trovava sull’<strong>al</strong>tura quella pace<br />
ch’era venuto a cercarvi. Egli era oggetto, è vero, di festa da<br />
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parte di tutta la contrada. Venivano dagli stazzi e d<strong>al</strong>le capanne<br />
per vederlo e ammirarlo: la famiglia Ruoni: le donne<br />
tutte accasate, con conigliolaie di figli, e Jacheddhu, che<br />
non aveva conservato più oltre rancore, e aveva dato l’anello<br />
a un’<strong>al</strong>tra pastora; i Muscia, con Violanteddha già madre;<br />
tutti gli <strong>al</strong>tri vicini e amici delle tosature e delle segnature:<br />
le giovanette speci<strong>al</strong>mente, che non si stancavano di<br />
figgere i loro grandi occhi luminosi sul viso di quel giovanotto<br />
bello e distinto, un po’ p<strong>al</strong>lidetto e un po’ triste, ma<br />
ugu<strong>al</strong>mente bello, bello. Eppure, per la persecuzione dello<br />
zio e a causa degli <strong>al</strong>tri m<strong>al</strong>anni egli non era contento.<br />
Apposta per trovarsi con lui eran venuti da Tempio, lasciando<br />
gli studi, Pasc<strong>al</strong>eddhu, Chilgu e Mario; varie volte<br />
d<strong>al</strong> paese vennero anche gli zii col resto della famigliola: ma<br />
non l’avevano potuto stordire completamente neppur essi e<br />
fargli dimenticare le sue pene. Quando si ritirava solo con<br />
la madre, si lagnava anzi di tutto quello strepito e di tutto<br />
quel formicolio, e le diceva che, se ella non l’avesse incatenato<br />
là, a quello stambugio, sarebbe andato via prima che<br />
finisse il congedo.<br />
Sicché non vide di m<strong>al</strong>animo arrivar fin<strong>al</strong>mente la vigilia<br />
della partenza, in cui, per prima iniziativa dello zio Giromìnu,<br />
con gran concorso di pastori di quei pressi fu data<br />
in suo onore una caccia <strong>al</strong> cign<strong>al</strong>e: pensava infatti che quello<br />
sarebbe l’ultimo fastidio.<br />
Però quel trattenimento fu per lui più che un’atroce tortura,<br />
giacché proprio in quel giorno l’implacabile zio volle<br />
per bene stringere i nodi dell’argomento e ben ribadire i<br />
chiodi. Le poste erano vicine, e mentre i battitori, per aizzare<br />
i cani e atterrir le fiere, facevano rintronare il v<strong>al</strong>loncello di<br />
urli besti<strong>al</strong>i e di fucilate, Girominu s’accostò a lui, e gli parlò<br />
più apertamente, con voce sorda, con lampi negli occhi. –<br />
Devi ucciderlo, diavolo! Tanto, vedi, tu in faccia <strong>al</strong> mondo<br />
sei sempre un uomo rovinato. Piglia pure quante lauree vuoi,<br />
sarai sempre il figlio della disonorata, il bastardo! Mi dispiace<br />
di doverti trapassare il <strong>cuore</strong> con queste parole dure: ma è<br />
necessario. Con qu<strong>al</strong>e faccia potrai tu presentarti in mezzo<br />
<strong>al</strong>la gente? Quanto più nobile fosse il tuo posto, tanto più<br />
penosa sarebbe la tua vergogna… E <strong>al</strong> disonore aggiungeresti<br />
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