Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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labbra, come <strong>al</strong> bambino le mani; e riprese: «Mi dicono che<br />
in G<strong>al</strong>lura ci siano delle belle donne, fiere e forti; e delle<br />
belle ragazze… Ma… (ella non se n’offenderà, spero) mio<br />
marito dice che ve ne sono molte, direi così… facili, scostumate…».<br />
«Eh, signora!» scattai io, senza potermi contenere,<br />
con gran terrore del compagno. «Son le solite c<strong>al</strong>unnie<br />
di chi attraversa per un giorno la nostra povera isola a<br />
tappe di vagabondo (perdoni se mi esprimo m<strong>al</strong>e), e pretende<br />
di conoscerla p<strong>al</strong>mo per p<strong>al</strong>mo… Io non conosco<br />
suo marito… Ma, chiunque egli sia, se ha detto che le G<strong>al</strong>luresi<br />
sono scostumate, non le conosce sicuro! Il m<strong>al</strong> costume<br />
è senza paragone più radicato e più diffuso nelle città<br />
del Continente, che pur si dicono civili, che non sui nostri<br />
monti… E se qu<strong>al</strong>che sciagura capita, anche la G<strong>al</strong>lura è<br />
un cantuccio del mondo, e anche là vi son gli astori!».<br />
Io fremevo, mamma, sentivo una gran voglia di piangere.<br />
Nel mio turbamento non avevo neanche veduto il maggiore<br />
che rientrava e avevo continuato a parlare piuttosto<br />
vivacemente. «Che c’è?» chiese egli un po’ burbero mentre<br />
il bimbo gli s<strong>al</strong>tava intorno festoso. «Difende con c<strong>al</strong>ore le<br />
sue conterranee» rispose la donna. «Vedi, Silvio: e tu mi dicevi<br />
sempre che le G<strong>al</strong>luresi son leggère… Egli sostiene che<br />
i casi di m<strong>al</strong>costume sono rarissimi laggiù… Tu invece…».<br />
«Egli lo sa meglio di me» troncò a mezzo il maggiore.<br />
«Vuol dire ch’egli ha prove più convincenti del contrario!».<br />
Rimasi fulminato, mamma! non tanto per aver scoperto<br />
che quella era la moglie del mio superiore, quanto per le<br />
ultime parole di lui, che mi parvero uno schiaffo, una frustata<br />
sul viso, una stoccata rabbiosa, quanto di più atroce si<br />
può dire a un uomo… a un disgraziato. Tutto mi pianse<br />
dentro, e il <strong>cuore</strong> mi si scisse! Mi curvai sul lavoro, mentre i<br />
torturatori uscivano invadendo i corridoi del quartiere della<br />
loro <strong>al</strong>legria spav<strong>al</strong>da.<br />
«Ma chi è quella signora?» dissi <strong>al</strong> più vicino, fingendo<br />
di non aver compreso. «È la signora Silvania: la moglie del<br />
maggiore!» mi disse sconcertato il camerata. «L’hai fatta bella!».<br />
«Mah!» esclamai io, affettando un’indifferenza che non<br />
avevo. «Chi poteva sapere?… Del resto, anch’essi imparino<br />
a parlare!». E tacqui per tutta l’ora dell’ufficio.<br />
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Adesso son solo con voi, mamma; e son così triste, così<br />
triste. Lasciatemi piangere con voi: giacché mi pare che anche<br />
voi dobbiate piangere, in questo momento, e che tutto<br />
intorno a me pianga nel mondo; tutto e tutti, eccetto quell’uomo<br />
e quella donna e quel bimbo… O mamma, io non<br />
ho mai odiato nessuno, e credevo di non poter mai odiare.<br />
Ma quelli, ora… in questo momento di dolore… mi pare<br />
d’odiarli! A quelli in questo momento, vorrei far del m<strong>al</strong>e…<br />
Cerco di cacciare d<strong>al</strong> mio animo la torbida passione<br />
che l’ha investito come fiamma una stipa e minaccia di<br />
consumarmelo e di devastarmelo; ma per ora non mi riesce…<br />
Mi riuscirà domani?… Lo spero, mamma.<br />
A ogni modo voi da lontano, sollevate sul mio capo che<br />
arde le vostre mani stanche del lavoro, poggiate sul mio<br />
<strong>cuore</strong> così m<strong>al</strong> acceso il vostro petto sfinito di patimento, e<br />
sostenetemi con la benedizione vostra. Vi prego anche di<br />
perdonarmi se vi addoloro. Mai vi ho amato come ora vi<br />
amo. Perdutamente vi abbraccio».<br />
Spiranza s’abbandonò sul povero sedile, e parve petrificata.<br />
Solo dagli occhi le scorrevano c<strong>al</strong>de lacrime, e le labbra<br />
erano scosse a brevi interv<strong>al</strong>li da un tremito convulso.<br />
Chi può penetrare in quell’anima devastata? Tutto v’era<br />
morto, dentro, eccetto il dolore che vi si accampava più fiero.<br />
Ancora una volta quel fantasma di donna le attraversava<br />
la via… Ella non la ricordava più, ormai, giacché molte<br />
memorie lontane erano già state sepolte da anni nella sua<br />
mente affaticata e amm<strong>al</strong>ata per il lungo tormentoso pensare;<br />
e ora il destino, glie la faceva risorgere più insultante,<br />
più pericolosa ancora…<br />
Dio di giustizia e di misericordia! Non aveva ella espiato<br />
abbastanza, dunque? Non aveva dunque pianto, sofferto,<br />
e disperato abbastanza?<br />
Accasciata, senza moto, pensava a quel suo unico tesoro<br />
lontano: lo vedeva col <strong>cuore</strong> trafitto, come un debole querciolo<br />
infranto, con intorno la desolazione. Si scoteva per un<br />
brivido, e con l’ultimo avanzo di voce, lasciando libero corso<br />
<strong>al</strong> pianto, come parlando <strong>al</strong> silenzio che l’ascoltasse e ne<br />
avesse pietà, si lamentava: – Tutto è finito, ora!<br />
No, madre; tutto ancora non è finito, per te.<br />
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