Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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Ma a poco a poco il mio occhio s’abituò <strong>al</strong>la straordinaria<br />
novità e varietà dei prospetti, e vide molte bellezze: il<br />
mio <strong>cuore</strong> s’assuefece <strong>al</strong> primitivo tenor di vita che qui si<br />
mena, e ne fu favorevolmente impressionato.<br />
Noi c<strong>al</strong>unniamo la <strong>Sardegna</strong>, o mamma. Con la mente<br />
piena di quanto hanno scritto i romanzieri su briganti e banditi,<br />
che, o non sono mai vissuti, o vissero in tempi ben lontani,<br />
quando vivevano anche nelle contrade più civili del<br />
Continente, noi sogniamo ancora una <strong>Sardegna</strong> <strong>al</strong>lagata di<br />
sangue. Siamo giusti, mamma: di sangue fraterno se ne sparge<br />
forse più nelle città stesse più progredite, dai veri rib<strong>al</strong>di in<br />
guanti, d<strong>al</strong>la teppa e d<strong>al</strong>la camorra, che qui non si conoscono.<br />
Noi temeremmo d’avventurarci soli in queste lande deserte,<br />
paventando un pericolo fat<strong>al</strong>e dietro ogni sasso, da<br />
ogni macchia, da ogni borro: eppure qui si cammina per avventura<br />
più sicuri, di giorno e di notte, che non nei vicoli,<br />
negli angiporti e, in certi momenti, nelle vie più illuminate<br />
di Napoli, Roma e Milano.<br />
Io ho visitato già parecchi di quei villaggi dell’<strong>al</strong>pestre<br />
G<strong>al</strong>lura (Nuchis, Luras, C<strong>al</strong>angianus, Bortigiadas, Aggius),<br />
i territori dei qu<strong>al</strong>i erano anticamente famosi per secolari<br />
vendette ereditarie, e son oggi ancora consacrati, di qua e di<br />
là, da segni di croce intagliati nei tronchi o scolpiti nei sassi;<br />
sono andato solo, in bicicletta, d<strong>al</strong>l’uno <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro: ho percorso<br />
vie solitarie e sentieri nascosti, e v<strong>al</strong>li e boschi deserti, dove si<br />
poteva uccidere un cristiano come un cign<strong>al</strong>e, senza <strong>al</strong>tri testimoni<br />
che le pietre e gli <strong>al</strong>beri e le frasconaie; e son ben vivo<br />
e intatto ancora, mamma! Ho potuto imbattermi sì in pastori<br />
gentili, che ti prendevano magari per il braccio per<br />
forzarti ad accettare nella loro povera capanna il loro latte e il<br />
loro pane, che il loro <strong>cuore</strong> largo avrebbe voluto per te moltiplicare<br />
e soavizzare; in venerandi vecchi d<strong>al</strong>l’aspetto severo,<br />
insugheriti, fedeli ancora, dopo tanta invadenza di mode e<br />
di civiltà, <strong>al</strong>le più antiche fogge di vestire, i qu<strong>al</strong>i ti s<strong>al</strong>utavano<br />
magari con un grugnito, ma ti s<strong>al</strong>utavano; in crocchi<br />
di giovanette ciarliere e cinguettanti, che s’incamminavano<br />
<strong>al</strong> rio col carico dei panni da lavare sul capo, leggère come<br />
gazzelle, dagli occhi birichini e d<strong>al</strong>le bocche sempre aperte<br />
<strong>al</strong> sorriso, che quando eri passato ti seminavano <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le<br />
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quella liquida fiorita di trilli argentini e di canti, che ti faceva<br />
tremare il core e sostare e voltarti; in compagnie clamorose<br />
di cacciatori instancabili, armati come a una battaglia,<br />
che riempivano le gole e i greppi di cagnare, d’urlate e di<br />
rombi, e ti riportavano ai tempi di ferro, e ti ricordavano le<br />
feste d’or dieci secoli; ma il muso d’un bandito, non l’ho<br />
veduto ancora.<br />
Né lo vedrò forse mai, m’han detto; in questa contrada<br />
<strong>al</strong>meno, le cui popolazioni son ribattezzate. Oh Dio: qu<strong>al</strong>che<br />
covo esiste ancora in <strong>Sardegna</strong>: (quando mai potranno sparire<br />
completamente le volpi e i lupi d<strong>al</strong>la faccia della terra?<br />
quando questa belva, che si chiama uomo, non avrà più bisogno<br />
delle spelonche e delle grotte e amerà più la luce che le<br />
tenebre? quando la pace potrà attraversare il mondo da regina<br />
senza imbrattarsi neppure la punta dell’<strong>al</strong>a nel sangue?).<br />
Qu<strong>al</strong>che covo esiste, dicevo. Ma è lontano d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>lura, per<br />
grazia di Dio, e d<strong>al</strong> Logudoro e d<strong>al</strong> Goceano, e d<strong>al</strong>la Planargia<br />
e d<strong>al</strong> Màrghine e d<strong>al</strong> Campidano…, ben nascosto nelle<br />
regioni più scabre e più rupestri, in cui troppo vigore d’ingegno<br />
e d’energia natur<strong>al</strong>e (mi dicono), e turbinar di passioni,<br />
e intrichi di boscaglie, e ruvidezza d’anime, e vampe di livore<br />
accumulato da secoli, e mille <strong>al</strong>tre cause indefinite e deplorevoli,<br />
che io, straniero, non ti so dire, non consentono ancora<br />
ai pur sempre coraggiosi apostoli di clemenza, di mansuetudine,<br />
di perdono, d’accendere i cuori di vero amor fraterno.<br />
Ma i covi son rari anche là, ormai; e quanti amano veramente<br />
quest’isola, che ha pianto e piange tante lacrime<br />
quante stille di rugiada le piovono nel seno queste incantevoli<br />
notti d’aprile, sperano che la piaga trovi <strong>al</strong>fine il suo<br />
b<strong>al</strong>samo. E io che l’amo già, questa terra c<strong>al</strong>unniata, nutro<br />
anch’io questa speranza.<br />
Io che l’amo per le sue rudi bellezze, per i suoi monti e<br />
per i suoi piani, per le sue v<strong>al</strong>li e per i suoi rivi, per i suoi stazzi<br />
e per i suoi nuraghi, per le sue gioie rumorose e per le sue<br />
tristezze, per i suoi battesimi e per i suoi funer<strong>al</strong>i, non posso<br />
consentire a te, o mamma, di c<strong>al</strong>unniarla ancora. S’io fossi<br />
poeta, canterei con la mia più <strong>al</strong>ta voce la verginità biblica dei<br />
suoi patriarchi, l’ingenuità delle sue usanze, la sua lunga pazienza,<br />
la sua generosità, l’ospit<strong>al</strong>ità, il patriottismo. S’io fossi<br />
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