Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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Nel gennaio Diadoru venne in <strong>Sardegna</strong> in piccolo congedo.<br />
Egli stesso s’era fatto telegrafare d<strong>al</strong>lo zio Sirena che il<br />
nonno stava peggio, per ottenere più facilmente la licenza,<br />
ed era fuggito d<strong>al</strong>la città in cui ormai non poteva più vivere<br />
in pace.<br />
Credeva che sui suoi monti ritroverebbe la spensieratezza<br />
del fanciullo; ma non ricordava che, se l’uomo riesce a<br />
fuggire i luoghi e i suoi simili, non riesce a fuggire se stesso:<br />
sulle groppe del cav<strong>al</strong>lo ch’egli fa correre sfrenatamente per<br />
involarsi d<strong>al</strong> teatro del suo tormento, cav<strong>al</strong>ca il tormento<br />
stesso: post equitem sedet atra cura.<br />
Nella fattoria trovò ziu Pasc<strong>al</strong>i effettivamente più m<strong>al</strong>ato,<br />
più incontentabile, sempre più decrepito. Seduto tutta<br />
la santa giornata sull’antico seggiolone di legno istoriato,<br />
con tutto il lato destro immobile, egli piangeva ora in silenzio<br />
come un bambino, ora con lamenti pietosi e miserevoli,<br />
che strappavano le lacrime. – Non mi cerca più nessuno,<br />
ora, figlio mio! – diceva <strong>al</strong> nipote. – Tutti se ne son stancati<br />
di questo mio m<strong>al</strong>e, che non ha più fine. Neanche la morte<br />
si ricorda più di me, pare. E sì che l’invoco di tutto <strong>cuore</strong><br />
giorno e notte, poveretto me, quando non posso dormire,<br />
quando non mi posso muovere… Vedi che cosa posso fare,<br />
solo, figlio mio! posso appena <strong>al</strong>zare questo braccio, e muovere<br />
un pochino questa gamba; questo e questa – e toccava<br />
l’<strong>al</strong>tro braccio e l’<strong>al</strong>tra gamba – sono morti… mi sembrano<br />
membra <strong>al</strong>trui, che mi siano state attaccate per condanna.<br />
A che cosa sei ridotto, Pasc<strong>al</strong>i Luna, il più forte dei pastori,<br />
a che cosa sei ridotto! Non mi può veder più nessuno…<br />
più nessuno. I tuoi cugini passano lontani, quando s<strong>al</strong>gono<br />
qui, come se si dovesse addentarli… Là, che non son un<br />
cane, nipotini miei, che mai sono stato cane… Solo di<br />
quando in quando Mena se ne ricorda… mi manda qu<strong>al</strong>che<br />
cosa… Se non ci fosse quella anima buona, in mezzo<br />
<strong>al</strong>l’abbondanza potrei morire anche di fame… Oh la mia<br />
sorte, figlio mio! Beata quella poveretta, che è sepolta in<br />
camposanto!…<br />
Parlava con lentezza e con fatica, sforzandosi di foggiare<br />
come meglio poteva quella bocca contorta, che inghiottiva<br />
spesso le lacrime e ne gustava l’amarezza.<br />
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– Ma se voi voleste, nonno, – gli disse una volta Diadoru<br />
– voi non stareste mai solo! Ci sarebbe qua sempre chi<br />
potrebbe assistervi giorno e notte, e lo farebbe volentieri,<br />
con gran gioia: le parrebbe d’andare a una festa… E non vi<br />
lascerebbe mancar nulla… Volete?<br />
– Di chi vuoi parlare, figlio mio?<br />
– Di mamma, nonno! Ella non vi abbandonerebbe mai,<br />
vi servirebbe come una povera schiava, perché vi è figlia,<br />
nonno! Volete?<br />
Egli rimase muto, e parve che anche le stille di pianto si<br />
fossero gelate nell’occhio sano, e un labbro si fosse cacciato<br />
dentro l’<strong>al</strong>tro, tanto la bocca s’era chiusa tenacemente, e il<br />
braccio vivo fosse morto come l’<strong>al</strong>tro.<br />
Diadoru non lo tormentò più oltre, e s’<strong>al</strong>lontanò col<br />
<strong>cuore</strong> traboccante di sconforto.<br />
Ma anche tutto l’<strong>al</strong>tro era sconforto sul monte.<br />
La mamma rinsecchiva ogni giorno e la sua s<strong>al</strong>ute era<br />
m<strong>al</strong>andata. Speci<strong>al</strong>mente dopo l’ultima sua lettera dormiva<br />
poco, mangiava meno, non si c<strong>al</strong>mava mai. Nelle lunghe<br />
ore ch’essi passavano insieme ella non si stancava mai di riudire<br />
i particolari degli incontri col maggiore, le informazioni<br />
sulla moglie, sulla bellezza di lei, sul modo di presentarsi, di<br />
guardare, di parlare. Egli la contentava, procurando <strong>al</strong>lo<br />
stesso tempo un sollievo anche a sé, colmando le lacune di<br />
quanto non aveva potuto scrivere, narrando minuziosamente.<br />
La poveretta godeva in cuor suo, da un lato, quand’egli<br />
le raccontava che quella era una donna antipatica, presuntuosa,<br />
punto bella, già ingobbita sul più bello dell’età sua;<br />
ma, d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, s’addolorava nel pensare, che, non per tanto,<br />
Silvio l’aveva preferita a lei e l’aveva sposata.<br />
Egli le diceva che col maggiore aveva avuti <strong>al</strong>tri colloqui,<br />
e che il superiore varie volte s’era lasciato trasportare d<strong>al</strong>la<br />
tenerezza, e non aveva saputo stare <strong>al</strong> suo posto, secondo la<br />
disciplina; che l’aveva carezzato come si carezza un bimbo<br />
(ed egli, Diadoru, aveva fremuto a contatto di quella mano<br />
che lo lisciava, non sapeva se per commozione o per ribrezzo),<br />
che gli aveva dato anche denari (ed egli li aveva dati tosto<br />
<strong>al</strong> primo straccione in cui si era imbattuto per via, perché<br />
gli bruciavano addosso le carni) e l’aveva invitato anche<br />
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