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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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Com’era p<strong>al</strong>lido! come tremava! Gli occhi erano accesi, la<br />

bocca contratta da un tremito intermittente. Su tutto il viso<br />

era impresso lo stimma della tristezza.<br />

M<strong>al</strong>cu aveva cavato fuori d<strong>al</strong>la sacca della bisaccia una<br />

zucca piena di vino, e glie ne aveva offerto con insistenza fino<br />

<strong>al</strong>la molestia: – Beva! no, beva! Ma deve bere, diavolo! È moscato<br />

buono! –. Ma egli aveva rifiutato, sforzandosi di sorridere<br />

(come somigliava a una smorfia di pianto quel sorriso!) e<br />

respingendo dolcemente con la mano il recipiente istoriato. –<br />

Grazie, non posso bere!<br />

Allora M<strong>al</strong>cu s’era quasi offeso, l’aveva umiliato non sapeva<br />

più con qu<strong>al</strong>i parole o con qu<strong>al</strong>i atti, ed egli, per accontentarlo,<br />

s’era accostata la zucca <strong>al</strong>le labbra per trangugiar<br />

una gorgata di quel veleno.<br />

Ella s’era voluta saziare di quel supplizio, e mentre il<br />

fratello scrosciava in risate di contentezza, e usciva in gridi<br />

intempestivi, anch’ella fingeva di far eco <strong>al</strong> suo riso, di far<br />

coro <strong>al</strong> suo clamore.<br />

Però s’era accorta ch’egli mancava per lo strazio e la guardava<br />

implorando; e aveva taciuto suggellando la bocca, perché<br />

d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> scisso non le sfuggisse un urlo di spasimo. Poi,<br />

quando già il cav<strong>al</strong>lo s’era mosso, s’era trovata tra mani una<br />

busta che vi era scivolata non sapeva come, e s’era visto dinanzi<br />

lui, smorto come una statua di cera. Di primo impulso<br />

era stata tentata di sbacchiargli tutto in volto, di sputargli in<br />

faccia, di percuoterlo sul capo con l’ombrello, di gridare, per<br />

insultarlo. Ma ogni forza le era venuta meno, e s’era contentata<br />

d’incenerirlo con uno sguardo di disdegno e di sprezzo, e<br />

d’app<strong>al</strong>lare la lettera come frusto di carta da buttare tra la<br />

spazzatura… Quando era stata lontana aveva riguardato indietro<br />

e l’aveva riveduto sempre là, immobile, solo, come un<br />

viandante sfinito che avesse smarrito la via.<br />

Ora, ella si trovava già sul monte, e l’aria fina le aveva<br />

rinfrescato le tempie, e smorzato un po’ di quell’ardore<br />

infocato che le avvampava in seno e le portava <strong>al</strong>la mente<br />

fumi e nebbie di tedio, quasi vapori di demenza. La vista<br />

dei luoghi conosciuti, della via mulattiera, dei burroni, delle<br />

fratte, del torrente, le dava un po’ di c<strong>al</strong>ma, la confortava<br />

<strong>al</strong>quanto.<br />

134<br />

Pensava <strong>al</strong>la mamma, <strong>al</strong>la buona sorella. Se avesse avuto il<br />

coraggio d’aprir loro tutto l’animo suo, di dir loro tutto il suo<br />

m<strong>al</strong>e, di p<strong>al</strong>esar loro l’orribile segreto! Ma come poteva? Mena<br />

non l’avrebbe compresa; la mamma non s’era accorta di nulla:<br />

credeva il <strong>cuore</strong> di lei inviolato e puro come neve caduta la<br />

notte, e mirava con occhi materni lacrimanti d’illusione e di<br />

speranze la figura sospirosa e paziente di Jacheddhu Ruoni.<br />

Come avrebbe il coraggio di amareggiarle l’anima?<br />

Pure, le loro imagini le comparivan là tra le frasche della<br />

s<strong>al</strong>ita come compagne di pena nella dolorosa ascesa di<br />

croce, e con gli sguardi amorosi e coi sorrisi di m<strong>al</strong>inconia<br />

l’aiutavano a sopportare il suo dolore.<br />

Dolore fiero veramente, che, quando pure col tempo<br />

avesse a finire, le lascerebbe certo il solco nel <strong>cuore</strong>. Doglia<br />

suggellata, muta, rincrudita d<strong>al</strong> fiero ass<strong>al</strong>to delle memorie,<br />

resa spaventosa d<strong>al</strong>lo scherno diabolico di spettri, che s’accampavano<br />

là, tra le tenebre dell’avvenire, diventato per lei<br />

già tutto una notte. Povera giovinezza sua sfrondata e diramata<br />

da mani crudeli nel suo più bel rigoglio, nel punto<br />

più bello della primavera! Povera anima sua, condannata<br />

oramai a vagare come un’ombra senza pace, a urlare non<br />

ascoltata per solitudini di deserto!<br />

Abbassava penosamente la testa e smarriva un’<strong>al</strong>tra volta<br />

la giusta percezione di quanto la circondava.<br />

Poi ricordava a un tratto la lettera, che s’era cacciata macchin<strong>al</strong>mente<br />

in seno, e si sentiva un’<strong>al</strong>tra volta rimontare <strong>al</strong>la<br />

testa le fiamme dello sdegno. «Miserabile!» urlava nel suo intimo.<br />

«Mostro senza pudore!». E ricordava fremendo tutte le<br />

sue imposture: le tenerezze, gli sguardi dell’incontro in chiesa,<br />

le parole <strong>al</strong>l’uscita, i rimproveri dolci, la costanza dell’attesa, là,<br />

sotto il sole, lo strazio della separazione. «Infame! E non gli veniva<br />

meno neanche la speranza! Scriverle anche dopo l’atroce<br />

umiliazione ricevuta, che avrebbe scoraggiato un leone! Per<br />

chi la prendeva dunque? Per una di quelle sperdute, trovate<br />

in un’ora di abbandono come le m<strong>al</strong>e femmine?».<br />

E si maravigliava come ella avesse potuto mettersi in seno<br />

quella carta che la scottava, come l’avesse potuta ritenere.<br />

«Perché non la buttava? Qu<strong>al</strong>e speranza la induceva a serbarla?<br />

Forse credeva che in essa troverebbe la giustificazione di<br />

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