Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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– I fiori nascano sotto i tuoi piedi, figlioletta mia! – augurò<br />
la megera sfavillando negli occhi. – E tu, B<strong>al</strong>tòlu, possa mietere<br />
da padrone nelle tanche di quella m<strong>al</strong>a gente.<br />
– Non imprecate, zia! Meglio mi venga la m<strong>al</strong>a fortuna.<br />
Adesso c’è la fede dell’olio santo. È madrina di Violanteddha.<br />
– Consider<strong>al</strong>a come senza madrina, la tua agnelletta<br />
graziosa, B<strong>al</strong>tò! Che peccato!<br />
– Beh! beh! – risonava ancora la beffa da lontano.<br />
– Così beleranno le vostre pecore scannate, M<strong>al</strong>cu Lu’!<br />
– urlava la vecchiaccia sbracciando. – A decine! a ventine!<br />
Cento! cento! Ah ah ah!<br />
– Beh! beh!<br />
Il riso convulso e il verso belluino si confondevano lontano<br />
a v<strong>al</strong>le in echi ripetuti e rombanti, come mostruoso<br />
sghignazzamento d’esseri ignoti che vagassero nel mistero<br />
delle gole, delle forre, delle conche per atterrire le creature<br />
vive di quel versante desolato.<br />
Spiranza, a quell’inaspettato doloroso contrattempo,<br />
sentì rincrudirsi nell’animo tutte le vecchie piaghe. Un superstizioso<br />
terrore l’impietrò. Vide la vecchia <strong>al</strong>lontanarsi a<br />
precipizio per la china, come se fosse trascinata da una forza<br />
soprannatur<strong>al</strong>e. Le parve di vederla circondata da turbe<br />
di demòni, da globi di fiamme, da spire di fumo nero. Le<br />
straziava ancora l’orecchio il gracchiar sordo di quella cornacchia<br />
spelacchiata. «Cent’anni! cent’anni!» e le scorreva<br />
per le fibre un brivido. Si rivolse <strong>al</strong>la Madonna con ingenuità<br />
di bambina. Promise in voto d’andar sc<strong>al</strong>za e coi capelli<br />
sciolti <strong>al</strong>la festa di San Paolo di Monti.<br />
Il brutto incontro rese fredda anche la visita <strong>al</strong>la capanna<br />
della nuova comare; rese amaro anche il caffè e il rosolio<br />
che non si poté far a meno d’offrire e d’accettare, distese<br />
quasi un’ombra sul bel cielo di quella nuova relazione di<br />
parentela spiritu<strong>al</strong>e. Dentro la povera casetta contrastava<br />
con la mestizia gener<strong>al</strong>e il bon umore sbrigliato di M<strong>al</strong>cu,<br />
che terminava i suoi discorsi a sb<strong>al</strong>zi e sconclusionati con<br />
l’ormai fastidioso grido besti<strong>al</strong>e: – Beh! beh! – e con risate<br />
sdruscite e nervose.<br />
Il tratto di via, poi, che rimaneva ancora da fare, fu il più<br />
penoso per l’infelice fanciulla; giacché da un lato il fratello<br />
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era in istato d’avanzata ebrietà, e d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro la persecuzione dei<br />
fantasmi non le dava tregua.<br />
Arrivò <strong>al</strong>la fattoria come Dio volle, stracca, smemorata,<br />
esausta, quando il sole era già tramontato. Rinunziò <strong>al</strong>la cena,<br />
e si ritirò tosto nella sua stanzetta.<br />
D<strong>al</strong>la finestra aperta, rivide il crepuscolo dell’Ascensione.<br />
Anche <strong>al</strong>lora le parve di vedere nelle nubi come un mare<br />
di sangue, su cui brillassero i riflessi d’incendi celesti, e<br />
nuotassero a g<strong>al</strong>la dei mostri e navigassero misteriosi vascelli<br />
fantasma. Udì chiamarsi e rispondersi nel bosco le civette,<br />
e piangere nelle mandre i sonagli.<br />
Lo sfondo era degno dell’anima sua, fasciata di tedio e<br />
di cordoglio, la qu<strong>al</strong>e parve tosto smarrirsi su quelle lontane<br />
onde sanguigne, corruscanti di bagliori foschi, su una di<br />
quelle navi sperdute del destino, voganti verso la morte.<br />
Non v’era stata per lei nel passato un’ora così triste. Una<br />
fontana di pianto le riferveva nel <strong>cuore</strong> e si sentiva le p<strong>al</strong>pebre<br />
suggellate. Un’amarezza di veleno l’avrebbe spinta a lamentarsi,<br />
a urlare: ma si sentiva la gola chiusa. E d’<strong>al</strong>tronde,<br />
chi avrebbe chiamato? La casa, il monte, il mondo, le parve<br />
un immenso cimitero, ove ella vivesse sola, ove ogni suo grido<br />
si sarebbe perduto inascoltato, come urlo di sepolto vivo.<br />
Eppure, quanto avrebbe bramato d’udire una parola di<br />
conforto! La sua pena era tanta, così traboccante, così insopportabile,<br />
che una sola parola sarebbe forse bastata per sollevarla.<br />
L’anima sua era forse arrivata a un colmo di sofferenza,<br />
e si sentiva impotente a patire più oltre; retrocedeva<br />
esausta, debole come bambina affaticata, che implora una<br />
mano sconosciuta, un sorriso di viandante ignoto, l’appoggio<br />
di un virgulto tremante, un illusorio sostegno. Era in<br />
uno stato di prostrazione t<strong>al</strong>e, che a tutti e a tutto si sarebbe<br />
confidata. Ma nessun lieve raggio solcava le sue tenebre.<br />
In t<strong>al</strong>e stato la colse la notte. Sparì l’ultimo bagliore del<br />
crepuscolo e il cielo si disseminò di stelle. Più radi divennero<br />
nel bosco i richiami delle civette… a poco a poco i romori<br />
cessarono e anche nella casa ogni voce tacque e ogni<br />
lume si spense.<br />
Cascante, accese la candela, e come un automa cominciò<br />
a levarsi gli abiti di festa, per buttarsi a vegliare sul letto.<br />
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