Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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dolori non s’imparano mai dagli <strong>al</strong>tri: si comprendono solo<br />
quando si soffrono. Figlio mio! ti par nulla il perdere… il<br />
perdere una figlia? –. E scoppiava in singhiozzi che gli<br />
schiantavano il petto.<br />
Il giovane fu spaventato da quell’accesso impreveduto di<br />
fiero dolore, e fece di tutto per consolarlo; ma quell’animo<br />
esacerbato non udiva ragioni, e si lasciava unicamente trascinare<br />
d<strong>al</strong>la piena dell’amarezza. – Dimmi: quando l’hai <strong>al</strong>levata<br />
come si <strong>al</strong>levano le anime care, con ogni sacrifizio, e le hai<br />
posto gli occhi addosso come <strong>al</strong>la perla più preziosa, come <strong>al</strong>la<br />
speranza più grande, e ti viene l’astore e te la ghermisce<br />
con l’artiglio e la ferisce e te la lascia mezzo morta, anzi peggio<br />
che morta: ah, dimmi se sia una pena da potersi tollerare!<br />
– Povero padre!<br />
– Dillo pure a voce <strong>al</strong>ta «povero padre!». Si ha pur ragione<br />
di diventar insensati, e crudeli, e bestie… Può bastare<br />
a tanto questa povera mente nostra? Figlio mio: certi momenti<br />
io non ho il cervello a posto.<br />
Il giovane gli lasciò sfogare il cordoglio quanto voleva;<br />
indi con fili<strong>al</strong>e dolcezza gli prese la mano e glie la strinse<br />
forte. – Eppure voi avete avuto sempre coraggio. E ora dovete<br />
averne più che mai. Non si dica da nessuno che Pasc<strong>al</strong>i<br />
Luna, l’uomo d<strong>al</strong> cuor di ferro, s’è lasciato abbattere come<br />
un elce fulminato… No: voi dovete esser più forte! E per<br />
oggi basta, dunque. Ora venite giù con me che devo parlarvi…<br />
parlarvi di qu<strong>al</strong>che affare importante <strong>al</strong>la presenza di<br />
vostra moglie –. Lo trasse dolcemente per la mano che non<br />
aveva abbandonato, ed egli lasciò fare, docile come un<br />
bambino.<br />
Nel passare per l’andito bisbigliò qu<strong>al</strong>che parola <strong>al</strong>l’orecchio<br />
della fidanzata, che uscì tosto; ed essi entrarono nella<br />
stanza da pranzo, ove la vecchia attendeva con grande trepidazione.<br />
S’accomodarono con c<strong>al</strong>ma; indi Andrea cominciò<br />
a parlare della possibile data del matrimonio. Ma dopo<br />
qu<strong>al</strong>che parola s’interruppe, e come se avesse visto solo <strong>al</strong>lora<br />
il cartoccio dei dolci… dimenticato sul tavolo, lo prese e<br />
lo mise nelle mani del futuro suocero, riattaccando il discorso<br />
con c<strong>al</strong>ore.<br />
– Cos’è questo? – chiese ziu Pasc<strong>al</strong>i senza sospetto.<br />
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– Son poche cosette che ho voluto portarvi, come sempre,<br />
per farvi la bocca dolce. Mena m’ha detto che avete il<br />
p<strong>al</strong>ato sempre amaro… e la lingua sempre appiccicosa, e <strong>al</strong>lora<br />
ho detto: «pochi dolci gli faranno bene». Dunque, dicevamo,<br />
verso settembre…<br />
– Oh come sei amoroso, figlio mio! – interrompeva il<br />
vecchio intenerito. E si metteva in bocca un biscotto, mentre<br />
l’<strong>al</strong>tro continuava a parlare. Poi, un dubbio gli si insinuava<br />
nella mente e i denti si ribellavano a masticare. – Che siano<br />
i dolci del… i dolci… del coso di quel bastardo là? –<br />
chiese. – Andrea?!<br />
– Ma no, ma no! È forse la prima volta che ve ne reco?<br />
Mangiateli: son per voi, ho detto!<br />
In quella entrò Mena, tutta spaventata, pareva, recando<br />
in braccio coperto con un grembi<strong>al</strong>e, un piccolo fagotto.<br />
S’accostò <strong>al</strong> fidanzato, fingendo pietosamente una gran<br />
paura. – Guarda, Andrea! Oh Dio mio! mi sembra che abbia<br />
m<strong>al</strong>e… Questo viso così rosso mi preoccupa… Oh Dio<br />
mio! –. E scopriva la testina del bimbo.<br />
– Lascia, lascia vedere! Forse le scosse del cav<strong>al</strong>lo… oh poveretto…<br />
povero piccolo piccolo… povero sventurato… Cos’hai<br />
dunque tu, poveretto? Ma tu non puoi parlare, che sei così<br />
piccino piccino, così carino… –. Ed essendoselo accostato <strong>al</strong><br />
proprio volto baffuto gli sfiorò il visino e lo fece lamentare.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i, che in principio, immerso com’era nelle<br />
sue riflessioni, non s’era reso conto esatto di quanto accadeva,<br />
sbarrando gli occhi a quei vagiti, vide per la prima volta,<br />
o <strong>al</strong>meno indovinò, il nipotino. B<strong>al</strong>zò in piedi tutto tremante<br />
di sdegno, fulminò con le occhiate la figlia. – Che<br />
cosa vi avevo detto dunque a tutti? – gridò. – Non volevo<br />
assolutamente che quel bastardo entrasse mai in casa mia!<br />
Non voglio! Portatelo fuori subito!<br />
– Abbi pazienza, Pascà! – supplicava la moglie, tremante<br />
anch’essa, ma d’amore. – Ora aspetta che Andrea l’abbia<br />
visitato… Poi…<br />
– Lasciatelo crepare come un cucciolo! Sarebbe una<br />
grazia della Provvidenza. Che ci deve importare a noi?<br />
– No, babbo: abbiate pazienza! – interveniva il dottore,<br />
grave: – Queste son parole, se mi compatite, che non stanno<br />
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