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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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La poveretta tremava come una canna e continuava a<br />

singultare: chi sa qu<strong>al</strong>i cose le passavano per la mente davanti<br />

a tanta bontà, chi sa quanti ricordi, quante gioie perdute,<br />

quanti dolori?<br />

Ma il buon signore la confortò con la squisitezza del suo<br />

comportamento. – Via, – diss’egli – comare Spirà! Abbiamo<br />

battezzato la vostra creatura, e questa è un’ora di festa. Smettete<br />

dunque di piangere… E anche voi – aggiunse, rivolgendosi<br />

a Mena e <strong>al</strong>la vecchia che piangevano anch’esse, – lasciatemi<br />

cotesta faccia triste. Son cose di mondo…: non è questa<br />

la prima sventura, né, purtroppo, sarà l’ultima…<br />

Voleva filosofare ancora, ma s’accorse che le sue riflessioni<br />

sottili non c<strong>al</strong>mavano quella pena implacabile; per cui credette<br />

più opportuno agire che chiacchierare. Dai fondi della<br />

bisaccia cominciò a cavare i dolci, le confetture e i rosoli.<br />

Le donne furono incantate di quella sorpresa; ma <strong>al</strong>lo<br />

stesso tempo rimasero imbarazzate, perché non avevano<br />

preparato né vassoi né tazzine.<br />

Il dottore le trasse d’impaccio col suo buon umore e con<br />

le sue trovate. Staccò d<strong>al</strong>la parete nera il corbello ch’era servito<br />

di prima culla, e votò in esso le squisite leccornie. Mena<br />

poi, a quella vista, corse <strong>al</strong>la casa e ritornò con <strong>al</strong>cuni c<strong>al</strong>icini.<br />

Così tutto si poté porgere <strong>al</strong>la meno peggio e consumare<br />

per avventura con maggior <strong>al</strong>legria di quella che si fosse<br />

sperata. Il dottore era seduto sulla cassapanca, le <strong>al</strong>tre sulle<br />

misure o sugli scanni di sughero. Violanteddha e la madre<br />

erano accoccolate per terra.<br />

Sul principio Spiranza non voleva assaggiar nulla, e persisteva<br />

nei suoi gemiti e nei suoi singhiozzi; ma il Sirena bel<br />

bello la indusse a c<strong>al</strong>marsi e a gustar qu<strong>al</strong>che cosa: – Se non<br />

mangiate, m’offendo, comà. Ho portato tutto… un po’ anche<br />

per noi <strong>al</strong>tri: ma in maggior parte per voi…<br />

Ella inghiottiva quei bocconi amari spargendo lacrime<br />

in silenzio. Avrebbe voluto ringraziarlo; ma le parole le rimanevano<br />

strozzate nella gola. Accanto <strong>al</strong>la nobile figura di<br />

quell’uomo affettuoso se ne collocava un’<strong>al</strong>tra, insidiosa, lusinghiera,<br />

traditora che si avvolgeva di fulgido manto e si<br />

coronava di splendore, mentre non era che uno scheletro e<br />

un impasto di corruzione. Per la millesima volta egli veniva<br />

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ancora, nella sua mostruosità di angelo decaduto, a intorbidarle<br />

ogni sorgente di contentezza, a farle risorgere nell’animo<br />

tutti i paurosi fantasmi e farveli campeggiare fieramente<br />

coi più squisiti supplizi. Possibile che ella non potesse<br />

strapparselo d<strong>al</strong>la mente e d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong>, né con la fame né con<br />

la sete, né con la veglia né con la fatica, né con la preghiera<br />

né con l’esorcismo, con <strong>al</strong>cun mezzo, per quanto logorasse<br />

il povero corpo e la pover’anima, strascinandosi in ginocchio<br />

e avvoltolandosi sulla nuda terra, urlando, tutta uno<br />

spasimo? Possibile ch’egli dovesse essere l’ombra sua nera,<br />

l’ombra spaventosa, messa lì <strong>al</strong> suo fianco da un orribile<br />

giustiziere perché non le lasciasse un momento di requie?<br />

Ella fremeva nel riguardare quell’orrido spettro a fianco di<br />

quel g<strong>al</strong>antuomo, e nel pensare e nel ricordare si sentiva il<br />

<strong>cuore</strong> esulcerato… Non poteva, non poteva assolutamente<br />

ingollare più che veleno… Eran conditi di fiele quei pasticci?<br />

quei confetti? Erano composti d’assenzio, o di lacrime, o<br />

di s<strong>al</strong>e quei rosoli? Come tutto sapeva d’amaro!<br />

– Bevete, comare! – stimolava il dottore. – Vi farà bene<br />

<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute!<br />

Ella sorrideva mestamente, scotendo il capo, quasi volesse<br />

dire: «e chi deve curarsi più della mia s<strong>al</strong>ute?»; ma egli,<br />

come se le leggesse nel pensiero, – Bevete! – insisteva. – Sarà<br />

tanto latte in più per il vostro marmocchino. E date retta a<br />

me, che son medico!<br />

– Sicuro, sicuro! – interveniva zia Francisca, che per la<br />

commozione aveva anch’essa poche parole. – Sicuro: ti farà<br />

bene.<br />

Mena non faceva che sorridere, per vedere se potesse comunicare<br />

anche agli <strong>al</strong>tri un po’ della troppa gioia che le ferveva<br />

nel <strong>cuore</strong>. «Quanto l’amo!» ripeteva a se stessa. «E chi<br />

non l’amerebbe, poi, se egli è così amoroso?».<br />

E l’amor suo avvampò addirittura e non potendosi contenere<br />

si sfogò in un abbraccio, quando lo vide prendere<br />

due o tre buone manate di quel ben di Dio, involgerle in un<br />

cartoccio, afferrare una bottiglia e avviarsi verso la fattoria.<br />

La vecchia si sentì anch’essa tripudiare il <strong>cuore</strong>, a quella<br />

vista, e <strong>al</strong>zò le mani giunte <strong>al</strong> cielo, secondo il suo gesto<br />

abitu<strong>al</strong>e, e se le baciò. Ma tosto tentennò la testa e disse<br />

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