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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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l’acqua, diguazzata diabolicamente, spruzzava i visi spauriti<br />

delle giovanette. Sulle vedette rocciose imparava poi il fischio<br />

del pastore, e lo lanciava saettante per l’aria, contento<br />

come una pasqua; districava dai pruni le lane delle bestiole,<br />

che vi s’erano impigliate, tirava fuori d<strong>al</strong>le crepe e dai borri<br />

le caprette, aizzava i montoni <strong>al</strong> cozzo.<br />

Eran tutti svaghi innocenti che <strong>al</strong>leggerivano la fatica<br />

<strong>al</strong>le fanciulle e mettevan loro la gioia nel <strong>cuore</strong>.<br />

Ma quando, essendosi amm<strong>al</strong>ata Mena, Spiranza dovette<br />

andar sola <strong>al</strong> torrente e <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tane, ella non tornò a casa<br />

spensierata e <strong>al</strong>legra come di consueto.<br />

Lo sguardo amorevole e indagatore della sorella inferma<br />

la turbò fin da quando entrò nella soglia la prima volta, e<br />

sul suo viso già ombroso la nube divenne più spessa. I suoi<br />

occhi smarriti e imbambolati sfuggirono quegli <strong>al</strong>tri occhi<br />

ardenti di febbre e di affetto. Spossata e rotta andò a sedersi<br />

in un canto, muta come una pietra.<br />

La madre voleva attribuir tutto <strong>al</strong>la stanchezza, <strong>al</strong>la fatica<br />

non divisa, <strong>al</strong>la solitudine, ai fastidi, <strong>al</strong>la preoccupazione<br />

per la m<strong>al</strong>attia della sorella amata. Le fu attorno con tutte le<br />

arti divine dell’amor materno, la circondò di carezze. – Spiranza!<br />

Figliola mia tutta sola, la perla di casa! Lasciami dunque<br />

toccare le tue braccia stroncate, i tuoi piedi dolorosi.<br />

Ma ve l’ho detto mille volte io, che abbiamo bisogno d’una<br />

serva, noi! di due serve! Non voglio più che tu lavori sola!<br />

La ragazza lasciava fare, lasciava dire, insensibile <strong>al</strong>le moine,<br />

sempre più lontana. Si levava, s’aggirava da una stanza <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />

con passo legato, frugava negli armadi, nei cassettoni,<br />

nelle casse, come per ritrovarci oggetti che non esistevano; e<br />

ritornava, sempre più smemorata, per accasciarsi sopra lo<br />

sgabello.<br />

La madre se la divorava con occhi lacrimosi, e con tremito<br />

di labbra, le ripeteva ancora, con squisita dolcezza: – No:<br />

non voglio che tu lavori sola! Non voglio che vada più sola!<br />

Ella si scosse <strong>al</strong>le ultime parole, e le parve d’aver notato<br />

nell’espressione di quella voce, come un senso di proibizione<br />

sospettosa. Arrossì ed ebbe un brivido, mentre Mena, silenziosa,<br />

la riguardava ed emetteva un sospiro. Un po’ di<br />

stizza la vinse e domandò <strong>al</strong>la mamma, quasi risentita: –<br />

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Perché non volete ch’io vada sola? Credete ch’io sia una<br />

bambina, e non possa lavorare come lavoro? O v’han forse<br />

detto…?<br />

Parve l’ansia scolpita, che attenda muta.<br />

– No! la mia bandiera! – protestò la madre, con grande<br />

affetto. – Che cosa vuoi che m’abbian detto? Che cosa ti<br />

metti in testa, ora? Non voglio che lavori sola, perché t’affatichi<br />

troppo, figlia mia!<br />

– Pensavo! – mormorò <strong>al</strong>zandosi per andare ancora attorno<br />

da un vano <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro come fiera piagata.<br />

E non tenne <strong>al</strong>cun conto delle premure materne. Altre,<br />

<strong>al</strong>tre volte andò sola: <strong>al</strong> tònfano col carico dei panni sul capo,<br />

<strong>al</strong>le <strong>al</strong>tane, <strong>al</strong>le vedette, ai chiusi. E molti occhi la videro<br />

in compagnia di Silvio Rondani a tutte le ore.<br />

Queste visite clandestine del giovane turbarono fin<strong>al</strong>mente<br />

la pace nella quieta vita della fattoria. Vari amici zelanti<br />

rapportarono a ziu Pasc<strong>al</strong>i qu<strong>al</strong>che chiacchiera che si faceva<br />

già negli stazzi intorno <strong>al</strong>la troppa frequenza del soldato<br />

su quelle <strong>al</strong>ture, e <strong>al</strong>la troppa facilità con cui le sue figliole, e<br />

speci<strong>al</strong>mente la maggiore, s’incontravano con lui. In quei<br />

luoghi rigidi, dove ancora l’onestà è considerata giustamente<br />

la ricchezza più preziosa della donna, doveva in fatti riuscir<br />

strana e dolorosa quella noncurante infrazione <strong>al</strong>la regola comune,<br />

quello strappo di libertà sdegnosa, fatto così leggermente<br />

<strong>al</strong>la severa integrità dei costumi.<br />

Il vecchio ne fu folgorato. Con gran mistero e con grande<br />

affetto si chiuse solo con la figlia nella stanzetta più riposta,<br />

e ivi, con voce tremolante, le p<strong>al</strong>esò tutto il suo spavento.<br />

Ma ella, benché il <strong>cuore</strong> le si lacerasse e sentisse nella coscienza<br />

come un mastino che guattisse, e negli occhi impeti di<br />

pianto infocato, seppe fingere a tempo e lo tranquillò.<br />

Però, qu<strong>al</strong>che giorno dopo, Niccòla Ruoni si abboccò<br />

con lui tra le frasche, nel sito più aspro del chiuso più deserto,<br />

ove neppure uno scricciolo poteva udirli, e con certi<br />

lampeggiamenti negli occhi che improntavano su quel viso<br />

abbronzato un riflesso dell’antica anima schiva di G<strong>al</strong>lura,<br />

gli confermò giurando la verità tremenda.<br />

Anche quel can barbone dell’aspirante fidanzato prese un<br />

giorno per il bavero della giacca Girominu, che lo guardava<br />

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