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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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Nella tasca interna della giubba, certamente dimenticati,<br />

v’erano un libriccino e un portamonete.<br />

Il <strong>cuore</strong> le tremò come una fronda, quando d<strong>al</strong> libretto<br />

caddero a terra due fogli, e non poté soffocare un piccolo grido.<br />

– Nostra Signora bella! –. Spazzò con le mani il pavimento<br />

per raccattarli, s’avvide ch’eran due buste. I p<strong>al</strong>piti le divennero<br />

più concitati: fu tutta in preda a un più fiero tormento.<br />

Rinvenne a tastoni nel cassetto del comodino la scatola dei<br />

fiammiferi – ancora la sua scatola – e ne strusciò uno sul muro.<br />

Dentro le buste v’erano le lettere, e il libriccino qua e là era fitto<br />

di scrittura a mano. La fiammella del cerino le arrivò il dito<br />

senza che pensasse ad accendere la candela. La stanza ripiombò<br />

nel buio: e nel buio parve che qu<strong>al</strong>cosa sorgesse e si lamentasse;<br />

forse il suo rimorso, o qu<strong>al</strong>che nuovo desiderio assillante, o la<br />

curiosità tiranna, o lo spettro infocato della gelosia.<br />

Riaccese il mozzicone della candela e ricompose l’involto.<br />

Indi si disponeva a leggere quelle carte che le bruciavano<br />

le mani. Ma un passo affrettato si fece udire per la sc<strong>al</strong>a,<br />

ed ebbe appena il tempo di cacciarsi tutto nel seno. Aveva<br />

letto solamente «Mio adorato Silvio!».<br />

La sorella si affacciò <strong>al</strong>l’uscio e la guardò m<strong>al</strong>iziosamente<br />

nel volto arrossato e scomposto di ladruncolo colto in<br />

flagrante. Ma, scorgendola così turbata, anch’ella diventò<br />

seria. – Cos’hai, sorella mia?<br />

– Nulla ho! cosa vuoi che abbia? – rispose quasi piccata.<br />

E si diede l’aria di voler rimettere a posto qu<strong>al</strong>che cosa:<br />

le sedie, le coperte del letto.<br />

– Gli è che mamma ti ha cercato due volte! – disse l’<strong>al</strong>tra<br />

amabilmente, quasi per giustificare la sua comparsa; – e<br />

non sapevamo dove tu fossi –. Inghiottì la s<strong>al</strong>iva, come se<br />

volesse inghiottire anche la piccola bugia.<br />

Ella infatti lo sapeva bene dove Spiranza fosse andata a<br />

ficcarsi. Lo sapeva, e comprendeva bene il bisogno che quell’anima<br />

in pena doveva aver avuto di isolarsi là in quel canto<br />

amm<strong>al</strong>iato, per contemplarvi dei sogni maravigliosi, che<br />

vi si erano svolti, e <strong>al</strong>imentarvi una tormentosa eppur deliziosa<br />

fiamma. Comprendeva l’anima di lei d<strong>al</strong>l’anima propria,<br />

che non aveva pace, né sapeva dove trascinare il corpo<br />

stracco per trovar riposo.<br />

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Spiranza s’aggirò ancora in silenzio rannuvolata, smemorata;<br />

ed ella le si avvicinò con intenzioni affettuose. – Cos’hai<br />

dunque, Spirà? Dimmelo!<br />

– Per i dolori di Nostra Signora! – pregò la maggiore,<br />

con modulazione di lamento; – lasciami star in pace, sorella<br />

mia! Tu lo sai ciò che ho… come io so ciò che hai tu…<br />

Perché tormentarci?<br />

Mena la guardò con t<strong>al</strong> espressione amorosa, ch’ella ne<br />

restò intenerita. Le lacrime s’affacciarono agli occhi smarriti<br />

di entrambe, ed entrambe sospirarono in silenzio l’una sempre<br />

ferma, appoggiata <strong>al</strong>la sp<strong>al</strong>liera d’una sedia, l’<strong>al</strong>tra vagante<br />

per la stanza in un moto inconscio senza scopo, con l’anima<br />

in tempesta.<br />

– Consolarti volevo, e non tormentarti Spirà! – rimproverò<br />

dolcemente la piccola, dopo una lunga pausa. – Consolarti<br />

e consolarmi!<br />

– Lo so! Tu sei buona! – mormorò Spiranza, guardandola.<br />

– Non siamo sorelle?… Ma pensa: non sei… stanca,<br />

tu? Non è veramente doloroso che le feste ci lascino così<br />

tristi? Non hai nulla negli orecchi? Non vedi nulla con gli<br />

occhi? Santa Maria!<br />

Quella stava ad ascoltare, intenta, con un sorriso di dolcezza<br />

che le irraggiava il viso di bambina: pareva che qu<strong>al</strong>cosa<br />

di soave le s’infiltrasse nell’animo inviolato, la pervadesse<br />

tutta a poco a poco, l’incantasse. «Perché le faceva quelle domande?<br />

Le leggeva forse nell’anima?». A voce <strong>al</strong>ta confessò:<br />

– Il ronzio che senti tu, anch’io lo sento: ciò che tu hai dinanzi<br />

agli occhi, benché non ci sia, anch’io lo vedo…<br />

L’<strong>al</strong>tra sorrise m<strong>al</strong>inconicamente, dando ancora uno sguardo<br />

<strong>al</strong> letto, <strong>al</strong>le sedie, <strong>al</strong> fagotto. Poi tremò senz’accorgersene,<br />

a una lieve scricchiolata che fece la carta sotto il suo giubbetto.<br />

Le parve d’aver accanto <strong>al</strong> <strong>cuore</strong> un supplizio di fiamme,<br />

che l’accendesse tutta. «Mio adorato Silvio» rileggeva a lettere<br />

di fuoco su tutti gli oggetti, che le si aggiravano intorno come<br />

se fossero vivi. E vampe di rossore le s<strong>al</strong>ivano <strong>al</strong> volto.<br />

«Mio adorato Silvio»! Perché non era sola? Che martirio!<br />

Apriva già le labbra per pronunziare una supplica disperata,<br />

quando la voce di zia Francisca si fece udir d<strong>al</strong>la<br />

cucina: – Mena, Spiranza! venite giù dunque: è tardi!<br />

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