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Ghermita al cuore - Sardegna Cultura

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– Sarà lui? – b<strong>al</strong>bettò ella dopo qu<strong>al</strong>che momento, non<br />

perché non fosse persuasa, ma per cercare ancora di illudersi,<br />

fosse pure per un attimo.<br />

– Non c’è <strong>al</strong>cun dubbio! – rispose il dottore pensieroso.<br />

Entrambi tacquero, quasi paurosi di comunicarsi le proprie<br />

riflessioni. Poi ella non poté contenersi. – E ora, che avverrà?<br />

– chiese con voce spenta.<br />

– Cosa volete che avvenga? Diadoru saprà il resto…; e<br />

forse sarà bene! Sa quasi tutto. Ora conoscerà di presenza<br />

anche il padre.<br />

– Purché non avvenga qu<strong>al</strong>che disgraziato incontro! –<br />

ribatté Spiranza con un brivido. – Figlio mio caro! Si vede<br />

che il destino s’accanisce.<br />

– Non mettiamoci ora queste idee in testa! Per ora non<br />

sappiamo nulla di positivo… Potrebbe darsi che questa fosse<br />

la fortuna di vostro figlio, e forse anche la vostra!<br />

La disgraziata gli rivolse uno sguardo di t<strong>al</strong>e scoraggiamento<br />

e di t<strong>al</strong>e disperata incredulità, che le <strong>al</strong>tre parole che<br />

gli si affacciavano già sul labbro ritornarono nella strozza.<br />

Quindi il silenzio cadde in quella tomba di sepolta viva.<br />

– Via, speriamo! – concluse il buon Sirena, volendo<br />

infondere in lei un coraggio ch’egli stesso non sentiva. – Attendiamo<br />

l’<strong>al</strong>tra lettera.<br />

E come l’attese la torturata madre! I giorni che trascorsero<br />

nella smaniosa aspettazione furono per lei tutti una veglia<br />

angosciosa e una continua trepidazione. Sventurata! ora che<br />

credeva vicino il termine di ogni suo affanno; ora che il suo<br />

poveretto, compiti gli studi lice<strong>al</strong>i, si preparava, dopo quell’anno<br />

di sosta necessaria e quasi di riposo, a cominciare lo<br />

studio della medicina per diventare come lo zio; ora ch’egli<br />

s’era nobilmente rassegnato <strong>al</strong>la sua sorte: (oh! quel <strong>cuore</strong> nobile<br />

non le aveva mai detto una parola aspra, non le aveva<br />

mai fatto la minima <strong>al</strong>lusione <strong>al</strong>la sua colpa) tutto doveva<br />

forse precipitare miseramente, e una nuova sventura forse<br />

doveva piombarle sul capo. Che avverrebbe? si ripeteva. Il figlio,<br />

benché d’animo gentile, aveva pur nelle vene un po’ di<br />

sangue g<strong>al</strong>lurese. Comporterebbe egli con indifferenza il brut<strong>al</strong>e<br />

cinismo di quell’avventuriero? E lui, il Giuda, vedrebbe<br />

volentieri dinanzi ai suoi occhi quel continuo ricordo vivo<br />

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del suo vergognoso passato? Che cosa nascerebbe da quella<br />

mutua inevitabile antipatia? Oh c’era da impazzire!<br />

Fin<strong>al</strong>mente, dopo otto giorni interminabili, la lettera venne.<br />

E diceva:<br />

«Mamma, se mi compatite, verso oggi tremando nel vostro<br />

seno un sospetto tremendo, che già da vari giorni mi<br />

tortura, e, ne son certo, torturerà anche voi. Il maggiore<br />

Ròndani è mio padre! Mamma! queste parole mi bruciavano<br />

il cervello, mi bruciavano le labbra: le scrivo qui proprio sul<br />

principio della lettera, quasi per liberarmi da quel fuoco; e<br />

ora che le ho scritte, mi sembrano vergate col sangue.<br />

Il signor maggiore (devo chiamarlo così, mamma; perché<br />

son soldato!) quando rientrò in s<strong>al</strong>a dopo il colloquio col colonnello,<br />

pareva avesse del tutto dimenticato ciò che mi aveva<br />

detto e mi sembrò molto pensieroso, anzi un po’ rabbioso.<br />

Io attribuii il cambiamento d’umore a probabili preoccupazioni<br />

d’ufficio, sperai che il giorno dopo egli avrebbe continuato<br />

le confidenze. Ma il giorno dopo e gli <strong>al</strong>tri due che seguirono<br />

egli si mantenne rigido e taciturno, comandò con<br />

frasi tronche, di m<strong>al</strong>a grazia, con voce ingrata e roca. Notai<br />

però che di quando in quando mi rivolgeva certe occhiate<br />

lunghe, che mi mettevano in un certo imbarazzo. Io ricopiavo,<br />

seduto a una tavola a parte, certe minute ch’egli andava<br />

lentamente preparando nel suo scrittoio: e gli stavo quasi di<br />

fronte. Facevo finta d’essere intento nella mia occupazione, e<br />

quando improvvisamente levavo la testa d<strong>al</strong>lo scritto, lo sorprendevo<br />

sempre a fissarmi con molta tristezza nello sguardo.<br />

Quando m’avvicinavo per prender le cartelle sgorbiate con<br />

quella sua scrittura da febbricitante (i commilitoni mi dicono<br />

che sembra una mano nuova, ora, giacché, son appena<br />

due o tre giorni, non scriveva così m<strong>al</strong>e) egli mi congedava<br />

piuttosto bruscamente, s<strong>al</strong>vo poi a chiamarmi col pretesto di<br />

aggiunger qu<strong>al</strong>che cosa, ad aprir le labbra come per pronunziar<br />

qu<strong>al</strong>che frase che gli tremasse sul labbro, e tosto rimandarmi<br />

più bruscamente ancora. L’uomo lottava, mamma.<br />

Così passarono tre giorni senza ch’io potessi indovinare<br />

(e come potevo?) il motivo di questo suo mutamento. Domandare<br />

a lui stesso non ardivo, perché la disciplina di ferro<br />

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