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la grammatica - Homolaicus

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La cultura di un popolo si basa anche sul<strong>la</strong> capacità di assimi<strong>la</strong>re i<br />

molteplici tras<strong>la</strong>ti trasmessi per via generazionale o per contaminazione linguistica<br />

con culture diverse dal<strong>la</strong> propria, e ovviamente sul<strong>la</strong> capacità di<br />

produrne di nuovi.<br />

La comprensione di un linguaggio figurato è tanto più facile quanto<br />

più <strong>la</strong> gente vive delle re<strong>la</strong>zioni sociali. Più si accentua l'individualismo<br />

e più il linguaggio diventa asettico, schematico, semplificato, anche se può<br />

apparire filologicamente preciso, in quanto, temendo l'incomprensione da<br />

parte dell'interlocutore, l'emittente cerca di usare simboli, locuzioni, espressioni<br />

standardizzate, come quelle che si ascoltano al<strong>la</strong> televisione o nei film<br />

o come quelle che si e<strong>la</strong>borano nei linguaggi matematici e informatici, mediante<br />

cui si pensa che <strong>la</strong> possibilità di essere fraintesi sia ridotta al minimo.<br />

Nonostante questo, è molto consueto, nelle società fortemente egocentriche,<br />

che l'interlocutore arrivi facilmente a chiedere, a chi gli sta par<strong>la</strong>ndo,<br />

di «definire» meglio i termini usati, cioè di spiegarne precisamente il<br />

significato, proprio perché l'uso comune delle espressioni linguistiche si è<br />

andato col tempo impoverendo in maniera irreparabile, al punto che persino<br />

sui singoli vocaboli si ha spesso bisogno di chiarirne il senso. Nel<strong>la</strong> lunga<br />

serie televisiva dell'ispettore Derrick questo era evidentissimo.<br />

In condizioni del genere il linguaggio figurato rischia di apparire<br />

come un'inutile perdita di tempo, se non addirittura come un vero e proprio<br />

intralcio al<strong>la</strong> comunicazione, a causa delle sue molteplici ambiguità.<br />

Nelle società capitalistiche avanzate il linguaggio umano standardizzato<br />

tende a trasformarsi sempre più in un linguaggio-macchina, cui si<br />

aggiungono o contrappongono vari gerghi di settore, che praticamente marciano<br />

su binari paralleli. E le poche figure retoriche che restano, vengono<br />

considerate come un retaggio del passato, una forma di ironia dal valore<br />

minimale, il cui uso non può andare a disturbare il resto del discorso. Gli<br />

stessi proverbi popo<strong>la</strong>ri non fanno pensare certo a una saggezza seco<strong>la</strong>re, a<br />

una filosofia del buon senso e del senso comune: al massimo suscitano<br />

qualche sorrisetto. Lo stesso vale per le figure retoriche usate nel dialetto,<br />

ch'erano <strong>la</strong> vera ricchezza del linguaggio popo<strong>la</strong>re, quel<strong>la</strong> con cui si poteva<br />

trovare una risposta a qualunque problema esistenziale.<br />

Ma c'è di più e di peggio. Non è raro sentire ancora oggi i grammatici<br />

sostenere che il linguaggio figurato è più istintivo e spontaneo del<br />

cosiddetto «par<strong>la</strong>r proprio», in quanto l'uomo, quanto più è semplice e primitivo,<br />

tanto più vive di sentimento e fantasia che di ragione.<br />

Questo modo di «ragionare» purtroppo è alquanto «primitivo»,<br />

poiché pecca di quel<strong>la</strong> supponenza tipica delle società industrializzate, basate,<br />

ingenuamente, su affermazioni «chiare e distinte», che educano all'illusione<br />

di credere in una migliore comunicazione là dove <strong>la</strong> razionalità non<br />

è frutto di saggezza popo<strong>la</strong>re pluriseco<strong>la</strong>re, ma <strong>la</strong> risultante di operazioni<br />

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