la grammatica - Homolaicus
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ma «illustre» perché raffinato dai rozzi vocaboli, accenti e costruzioni dei<br />
volgari municipali, nonché reso chiaro, perfetto e di urbana finezza.<br />
Cardinale perché è il punto di riferimento di tutta <strong>la</strong> famiglia dei<br />
volgari italiani (come <strong>la</strong> porta gira intorno al cardine, così i volgari italiani<br />
girano intorno al volgare illustre); un volgare è «cardinale» anche quando a<br />
livello locale gli girano attorno le minori par<strong>la</strong>te locali, i volgari municipali.<br />
Aulico perché, se in Italia ci fosse una corte regale (detta in <strong>la</strong>tino<br />
au<strong>la</strong>), esso sarebbe il volgare par<strong>la</strong>to nel Pa<strong>la</strong>zzo.<br />
Curiale perché adatto all'uso di un'assemblea legis<strong>la</strong>tiva o senato o<br />
tribunale, quell'insieme di funzionari che <strong>la</strong>vorano sotto <strong>la</strong> guida di un Principe;<br />
curiale perché proprio del<strong>la</strong> «curia» italiana, cioè di quel<strong>la</strong> comunità<br />
spirituale e civile, politicamente dispersa nelle sue membra, ma idealmente<br />
unita per ingegno culturale; «curiale» anche in quanto norma e misura di<br />
ogni locuzione, quindi «razionale».<br />
XIX) Il compito che si pone Dante è quello di chiarire quale forma<br />
debba avere un volgare che pretenda d'essere «illustre». Anzitutto è necessario<br />
che il poeta sia un intellettuale a tutto tondo, cioè deve possedere «ingegno<br />
e sapienza». Solo così potrà unire le cose superiori a quelle inferiori<br />
senza apparire indegno.<br />
Dante poi sostiene che solo gli argomenti più significativi (le «materie<br />
eccellenti») vanno trattati nel volgare illustre. Ciò che rende significativi<br />
tali argomenti sono il fatto d'essere utili agli esseri umani (<strong>la</strong> forza, <strong>la</strong><br />
prodezza delle armi), d'essere piacevoli o dilettevoli (l'amore), e d'essere<br />
virtuosi, cioè etici. Tra i cultori del<strong>la</strong> materia politica e guerresca (filone<br />
non ancora rappresentato nel<strong>la</strong> lirica italiana), Dante ricorda il provenzale<br />
Bertran de Born, tra quelli del<strong>la</strong> materia amorosa Arnaut Daniel e Cino da<br />
Pistoia, tra quelli del<strong>la</strong> materia etica Guiraut de Bornelh e se stesso, naturalmente.<br />
Decisi gli argomenti, ora van decisi i modi di esporli: canzoni, bal<strong>la</strong>te<br />
o sonetti? Dante mette al primo posto <strong>la</strong> canzone, in cui <strong>la</strong> rima è d'obbligo.<br />
Anche <strong>la</strong> bal<strong>la</strong>ta ha <strong>la</strong> rima, ma ha bisogno di suonatori. Da ultimo<br />
viene il sonetto.<br />
Una canzone deve per forza avere uno stile elevato tragico e basarsi<br />
su temi filosofici, etici, religiosi più impegnativi, mentre lo stile medio o<br />
comico si addice al<strong>la</strong> bal<strong>la</strong>ta o al<strong>la</strong> commedia, con personaggi plebei e linguaggio<br />
popo<strong>la</strong>re, e infine quello umile o allegorico è proprio dell'elegia,<br />
un genere intimo, soggettivo, atto a manifestare i travagli dell'anima: intenso<br />
senza c<strong>la</strong>more, appassionato senza enfasi. Il sonetto, dal canto suo, non<br />
arriva mai alle vette del<strong>la</strong> canzone. Dante comunque riprende il consiglio<br />
oraziano, secondo cui, nel<strong>la</strong> scelta del genere e del tema da trattare, è opportuno<br />
misurarsi con le proprie forze.<br />
Scendendo a trattare in dettaglio dello stile tragico, Dante indica<br />
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