la grammatica - Homolaicus
la grammatica - Homolaicus
la grammatica - Homolaicus
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
I COMPLEMENTI DI TEMPO<br />
Se c'è un complemento che più si presta a equivoci, nonostante venga<br />
sbrigato in poche righe dai grammatici, è proprio quello re<strong>la</strong>tivo al «tempo».<br />
È noto che le grammatiche lo suddividono in due parti: determinato<br />
(che risponde alle domande Quando? In quale momento?) e continuato (che risponde<br />
alle domande Per quanto o da quanto tempo?).<br />
Il primo può essere costituito da avverbi come: presto, tardi, prima,<br />
dopo, subito, oggi, domani, nonché da locuzioni avverbiali come: una volta, un<br />
tempo, di tanto in tanto, di buon mattino ecc.<br />
Il secondo invece può essere costituito da avverbi come: sempre, spesso,<br />
continuamente..., nonché dal locuzioni avverbiali come: a lungo, di frequente,<br />
da allora, per sempre ecc.<br />
Apparentemente sembra tutto facile da capire, eppure vi è una certa<br />
difficoltà semantica. Infatti mentre per i grammatici è chiarissima <strong>la</strong> differenza<br />
tra tempo determinato e tempo continuato, nel<strong>la</strong> vita reale, e anche in filosofia,<br />
<strong>la</strong> stragrande maggioranza dei casi in cui si usa un qualunque avverbio o locuzione<br />
avverbiale di tempo, <strong>la</strong> si intende secondo <strong>la</strong> «determinatezza» di un momento<br />
re<strong>la</strong>tivamente preciso.<br />
L'imprecisione re<strong>la</strong>tiva al tempo trascorso <strong>la</strong> si attribuisce o a un deficit<br />
di memoria o a una difficoltà oggettiva, insormontabile, come quando p.es.<br />
non siamo assolutamente in grado di rispondere con esattezza alle domande sul<strong>la</strong><br />
nascita dell'universo, sul<strong>la</strong> sua durata ecc.<br />
Ora, perché per i grammatici «tempo continuato» non vuol dire «tempo<br />
indeterminato»? Non sarebbe stato più naturale opporre al tempo determinato<br />
quello indeterminato, facendo di quello continuato semplicemente un'espressione<br />
generica, indicante una diversa lunghezza o frequenza? Tutti i tempi sono<br />
«continuati», per definizione: <strong>la</strong> differenza sta solo nel<strong>la</strong> quantità del<strong>la</strong> durata.<br />
Questo poi senza considerare che nel linguaggio comune, soprattutto<br />
in economia, «tempo indeterminato» non vuol dire affatto «incerto» ma «sicuro»;<br />
quello «incerto» è proprio il tempo aborrito dai precari. Un tempo «indeterminato»<br />
nel linguaggio comune vuol dire «in qualunque momento» oppure<br />
«per un tempo indefinito». Ma negli esempi dei grammatici nessun «tempo<br />
continuato» rispecchia questa interpretazione.<br />
Peraltro nel linguaggio comune si dà per scontato che qualunque tempo<br />
indeterminato non lo sia mai sino al punto da mettere in discussione <strong>la</strong> determinatezza<br />
del tempo. Questo perché è <strong>la</strong> nostra stessa vita che è determinata da<br />
un tempo ben preciso, per quanto non si conosca in anticipo il momento del<strong>la</strong><br />
sua naturale fine.<br />
I grammatici avrebbero dovuto semplicemente par<strong>la</strong>re di complemen-<br />
79