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la grammatica - Homolaicus

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Ora notate, con quest'altro esempio (tratto sempre dal Sensini),<br />

come l'astratta logica del<strong>la</strong> <strong>grammatica</strong> italiana possa addirittura portare<br />

una frase di senso compiuto a non avere ... alcun senso. «Paolo è stato qui<br />

poco fa a cercarti». A rigor di logica questa frase dovrebbe essere considerata<br />

principale nel<strong>la</strong> sua interezza; ha persino le due coordinate di spaziotempo<br />

che le danno partico<strong>la</strong>re pregnanza. Invece, secondo l'analisi del periodo,<br />

<strong>la</strong> principale è «Paolo è stato qui poco fa» e <strong>la</strong> subordinata è «a cercarti».<br />

Ora, per quale motivo <strong>la</strong> <strong>grammatica</strong> non ci obbliga a trasformare<br />

le frasi al fine di salvaguardarne il senso semantico in armonia con quello<br />

sintattico? Non sarebbe stato meglio dire: «Paolo ti ha cercato poco fa» (<strong>la</strong>sciando<br />

implicita <strong>la</strong> determinazione spaziale, intuibile dal contesto)?<br />

Per quale ragione bisogna sforzarsi di accettare un'astrazione,<br />

quando <strong>la</strong> concretezza è così evidente?<br />

L'assurdità di certe regole raggiunge il comico in un esempio molto<br />

eloquente. Scrive il Sensini: «In linea di massima possiamo collegare due<br />

proposizioni sia per coordinazione che per subordinazione senza che il significato<br />

di un periodo cambi». E fa due esempi:<br />

A) «Piove e i bambini stanno in casa»;<br />

B) «I bambini stanno in casa perché piove».<br />

«Il significato dei due periodi è identico - scrive sempre Sensini -,<br />

ma essi hanno un diverso valore, perché diversa è l'importanza che viene attribuita<br />

ai fatti espressi in essi». Infatti nel<strong>la</strong> frase A) <strong>la</strong> principale è<br />

«piove»; nel<strong>la</strong> frase B) «i bambini stanno in casa».<br />

Ora, se già si fa fatica a capire, semanticamente, <strong>la</strong> principale del<strong>la</strong><br />

frase B), poiché i bambini potrebbero restare in casa per tante ragioni (è<br />

buio, devono fare i compiti, <strong>la</strong> neve è troppo alta, ecc.), che dire del significato<br />

del<strong>la</strong> frase A)? Quando mai si è sentito qualcuno pronunciar<strong>la</strong> o scriver<strong>la</strong>?<br />

Sembra una frase detta in due contesti spazio-temporali del tutto diversi.<br />

Come si può sostenere che il «significato» sia identico?<br />

Sensini prima ragiona in maniera astratta e poi vuol farci credere<br />

che concretamente le cose sono equivalenti, cioè che in sostanza mutano<br />

solo gli accenti, i toni, i valori «psicologici» che il soggetto attribuisce a<br />

questo o quel fatto. Questo modo di ragionare come potrà agevo<strong>la</strong>re l'apprendimento<br />

del<strong>la</strong> lingua italiana?<br />

Si prenda p. es. questa frase: «Hai sbagliato, quindi è giusto che<br />

paghi». La seconda proposizione è coordinata, eppure risulta semanticamente<br />

incomprensibile se non è collegata al<strong>la</strong> principale. Sfido chiunque a<br />

far capire a uno straniero <strong>la</strong> differenza logica tra una coordinata retta da<br />

congiunzioni che fanno presumere un rapporto semantico di dipendenza<br />

dal<strong>la</strong> principale e una subordinata vera e propria (sintatticamente intesa).<br />

Insomma ho l'impressione che fino a quando i grammatici non de-<br />

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