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la grammatica - Homolaicus

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etizzati, l'italiano era par<strong>la</strong>to da non più di 700.000 persone (su un totale di<br />

25 milioni di persone). Persino il re Vittorio Emanuele II sapeva par<strong>la</strong>re<br />

solo in francese e in dialetto piemontese.<br />

Naturalmente con <strong>la</strong> sco<strong>la</strong>rizzazione, l'emigrazione forzata verso le<br />

zone industriali e col trasferimento dei giovani di leva in tutto il territorio<br />

nazionale, l'uso del<strong>la</strong> lingua italiana tendeva a imporsi sui dialetti. Nel primo<br />

decennio del '900 <strong>la</strong> percentuale degli analfabeti era ridotta al 38%.<br />

Il disprezzo che le autorità governative nutrivano nei confronti dei<br />

dialetti porterà ad adottare, col fascismo, provvedimenti antistorici, dettati<br />

solo dal<strong>la</strong> demagogia: si vietò qualunque uso dialettale nelle scuole (fino a<br />

quel momento nelle Elementari i maestri erano stati praticamente bilingui),<br />

si proibì l'uso di forestierismi, si ripristinarono parole del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssicità romana,<br />

si abolì l'uso del «lei» a favore del «voi», s'impose l'italofonia in Alto<br />

Adige, si manipo<strong>la</strong>rono i dizionari…<br />

E pensare che G. Gentile, autore del<strong>la</strong> Riforma sco<strong>la</strong>stica che porta<br />

il suo nome, ridimensionava alquanto l'uso del<strong>la</strong> <strong>grammatica</strong> e affermava il<br />

ruolo positivo dei dialetti.<br />

Persino Croce, favorevole al<strong>la</strong> libertà creativa del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, negava<br />

qualunque potere normativo al<strong>la</strong> lingua, specialmente in campo poetico e<br />

letterario. Qualunque programma di lingue illustre imposto ai par<strong>la</strong>nti gli<br />

pareva una vio<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> libertà di espressione e comunicazione.<br />

Discorso a parte andrebbe fatto per il Manifesto futurista (1909) di<br />

F. T. Marinetti, il quale se da un <strong>la</strong>to inneggiava alle parole in piena libertà,<br />

portando all'eccesso l'eversione anarchica predicata dagli scrittori del «Caffè»,<br />

dall'altro, proprio per questo suo forzato individualismo (lontano dalle<br />

contraddizioni sociali), apriva le porte, inevitabilmente, a soluzioni di tipo<br />

autoritario.<br />

Gli antimanzoniani dell'800 chiedevano di elevare i dialetti al rango<br />

di lingue, non di contrastare l'egemonia del fiorentino favorendo l'assoluta<br />

arbitrarietà delle parole.<br />

Il fatto è che l'affermarsi dell'idea di nazione implicava un nesso<br />

inscindibile con l'unificazione linguistica. Altre nazioni europee avevano<br />

già percorso questa strada. La lingua - dice Gramsci - inevitabilmente veniva<br />

considerata dalle c<strong>la</strong>ssi dominanti più come uno strumento di politica<br />

culturale per <strong>la</strong> conservazione del potere che non come una risorsa da valorizzare.<br />

La corrente manzoniana, convinta del<strong>la</strong> natura progressiva dell'unità<br />

nazionale sotto il vessillo di Casa Savoia, fu quel<strong>la</strong> che si <strong>la</strong>sciò strumentalizzare<br />

più facilmente.<br />

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