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la grammatica - Homolaicus

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scritti. Visto che il II libro è dedicato al<strong>la</strong> poesia volgare illustre, il III<br />

avrebbe dovuto essere dedicato al<strong>la</strong> prosa volgare illustre. Nel IV, invece,<br />

Dante si sarebbe occupato del volgare mediocre e di quello umile, cioè di<br />

due varietà di volgare di livello meno elevato di quello illustre.<br />

Sintesi del De vulgari eloquentia<br />

I) Per Dante è più «nobile» <strong>la</strong> lingua par<strong>la</strong>ta che quel<strong>la</strong> scritta, perché<br />

più antica e naturale, mentre <strong>la</strong> <strong>grammatica</strong> (il <strong>la</strong>tino) è artificiale e per<br />

un'élite. La lingua orale si apprende per imitazione, quel<strong>la</strong> scritta solo studiando<strong>la</strong>.<br />

«Grammatica» e «<strong>la</strong>tino» allora coincidevano, pur essendo <strong>la</strong> prima<br />

una paro<strong>la</strong> d'origine greca, indicante una specifica disciplina. In occidente<br />

serviva a distinguere gli intellettuali dagli analfabeti, in grado quest'ultimi<br />

di par<strong>la</strong>re solo in volgare.<br />

Oggi tuttavia sappiamo che il <strong>la</strong>tino non è affatto una lingua artificiale,<br />

ma una lingua storico-naturale come i tanti «volgari» par<strong>la</strong>ti in Europa<br />

nel Medioevo, con <strong>la</strong> differenza che il <strong>la</strong>tino, diversamente dai volgari<br />

d'Europa, aveva avuto da secoli una fissazione scritta (attraverso <strong>la</strong> stesura<br />

di importanti opere letterarie) e una sistemazione (grazie al<strong>la</strong> pubblicazione<br />

di numerosi trattati <strong>grammatica</strong>li). Per gli intellettuali europei del tempo di<br />

Dante, invece, il carattere artificiale del <strong>la</strong>tino era un fatto certo. Ma mentre<br />

per loro questo era un pregio, Dante lo giudicò un limite, in quanto riteneva<br />

il volgare all'altezza del <strong>la</strong>tino.<br />

II) L'uso del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> distingue l'umano da tutti gli esseri viventi,<br />

poiché agli animali è sufficiente l'istinto e gli angeli non hanno bisogno di<br />

manifestare il loro pensiero, essendo già «trasparente» all'intelletto altrui.<br />

Quando si è «specchio» dell'altro il par<strong>la</strong>re è superfluo. Ogni altro essere<br />

vivente al massimo imita il suono del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> umana, senza comprendere<br />

affatto il vero significato, se non in maniera elementarissima.<br />

III) La paro<strong>la</strong> serve per capirsi, essendo il nostro spirito racchiuso<br />

in un corpo opaco. E <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> si serve del suono perché viene percepita attraverso<br />

e <strong>la</strong> ragione e i sensi. La principale paro<strong>la</strong> è quel<strong>la</strong> che si trasmette<br />

attraverso il suono.<br />

IV) Chi fu il primo uomo a par<strong>la</strong>re? Dante dice che leggendo <strong>la</strong><br />

Genesi sembra essere stata una donna, Eva, nel suo rapporto col serpente,<br />

ma poi fa capire - influenzato dal maschilismo allora imperante - che un'azione<br />

così nobile non può essere stata fatta dal<strong>la</strong> donna prima che dall'uomo.<br />

Influenzato inoltre dal<strong>la</strong> cultura religiosa del tempo, Dante sostiene<br />

una seconda sciocchezza, e cioè che <strong>la</strong> prima paro<strong>la</strong> sensata detta dall'uomo<br />

fu «El», cioè Dio (come in un certo senso il neonato dice<br />

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