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la grammatica - Homolaicus

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<strong>la</strong> lingua pre-letteraria e autonoma, «tutta natura», del popolo fiorentino, su<br />

cui si fonda il linguaggio letterario-artistico dei dotti.<br />

A suo parere <strong>la</strong> lingua par<strong>la</strong>ta e scritta del popolo italiano dovrebbe<br />

essere il fiorentino, a motivo del<strong>la</strong> sua superiorità strutturale e stilistica,<br />

già riconosciutagli dalle corti di Mi<strong>la</strong>no e Napoli e da tante altre regioni italiane.<br />

Grazie al volgare fiorentino - dice Machiavelli - sono potuti nascere<br />

dei geni letterari come Dante, Petrarca e Boccaccio, i quali, a loro volta,<br />

hanno per così dire sanzionato <strong>la</strong> superiorità del<strong>la</strong> loro lingua rispetto a qualunque<br />

altra.<br />

Lo scritto dunque deve basarsi sul<strong>la</strong> par<strong>la</strong>ta viva dei fiorentini. Naturalmente<br />

Machiavelli era consapevole del fatto che, essendo in perenne<br />

movimento, anche il fiorentino, come ogni lingua, era soggetto a influenze<br />

esterne. Di questo tuttavia egli non si preoccupava, poiché riteneva che <strong>la</strong><br />

lingua avesse valore solo come mezzo (di unificazione) e non come fine.<br />

Proprio per questa ragione nel suo Discorso egli critica duramente Dante<br />

che aveva definito il toscano come turpiloquium non perché fosse veramente<br />

convinto del<strong>la</strong> necessità di una lingua sovraregionale (come voleva intendere<br />

il Trissino), ma semplicemente per motivi di risentimento politico nei<br />

confronti di Firenze (<strong>la</strong> mancanza di patriottismo per un politico come Machiavelli<br />

era il peggiore dei mali). In sostanza quindi Machiavelli considerava<br />

il primato del fiorentino come uno strumento politico-culturale per realizzare<br />

l'unità linguistica nazionale e, insieme, quel<strong>la</strong> geo-politica sotto il<br />

dominio del principato fiorentino.<br />

La lingua toscana. Il senese C<strong>la</strong>udio Tolomei (1492-1556) sosteneva<br />

che prima del fiorentino, il primato toscano era dei dialetti pisani e<br />

lucchese, per cui se una lingua andava imposta all'Italia questa doveva essere<br />

<strong>la</strong> toscanità attuale e par<strong>la</strong>ta. Sue opere: Polito, Cesano e Lettere.<br />

La lingua del<strong>la</strong> corte romana. Vincenzo Colli, detto il Calmeta,<br />

sosteneva che il fiorentino di Petrarca e Boccaccio andasse mediato dal<strong>la</strong><br />

lingua cortigiana dei papi (Leone X e Clemente VII), che per sua natura poteva<br />

fare da tramite comune a uomini di diverse nazionalità.<br />

*<br />

Le tesi del Bembo ebbero <strong>la</strong> meglio: sul<strong>la</strong> base di esse l'emiliano<br />

Ludovico Ariosto, che scrisse l'Or<strong>la</strong>ndo Furioso nel 1516, infarcendolo di<br />

padovano letterario e di <strong>la</strong>tinismi, si sentirà indotto a rivederlo profondamente<br />

in senso toscano nel 1532. La conseguenza maggiore fu che nei primi<br />

decenni del 1500 si costituì una lingua letteraria, sostanzialmente fiorentina,<br />

ma arcaica e aristocratica, in quanto non attingeva dal fiorentino vivo<br />

del Cinquecento, bensì da quello trecentesco di Petrarca e Boccaccio. Que-<br />

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