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la grammatica - Homolaicus

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Serena Vitale<br />

Sono passata al computer con delle tragedie inenarrabili, mi tradiva,<br />

non sottostava al mio volere. Allora ne ho comprato uno deficiente, insomma<br />

uno di quelli che mi dicono quando sbaglio. Così riesco a fare <strong>la</strong><br />

prima stesura, poi stampo, infine correggo tutto a mano.<br />

I primi sono proprio dei brogliacci coi quali tento di spiegare a me<br />

stessa <strong>la</strong> strada da percorrere. Io non mi ritengo una scrittrice ma un essere<br />

scrivente; stendo mille varianti: dal<strong>la</strong> verifica di tutte quelle che non mi fanno<br />

approdare a nul<strong>la</strong> io al<strong>la</strong> fine capisco e scelgo. E so che va bene solo<br />

quando io mi sono posta come avvocato del diavolo contro me stessa. Solo<br />

dopo aver attraversato mille no, può balenare un sì.<br />

So poco sul processo dello scrivere, so che è un percorso morale<br />

su cui si riconosce il giusto che emerge tra impossibili variabili che, a centinaia,<br />

ti ur<strong>la</strong>no «no, non sono io, non sono io…» e ti obbligano a cercare <strong>la</strong><br />

verità, l'unica soluzione. Direi che <strong>la</strong> mia scrittura è quasi sonnambu<strong>la</strong>, si<br />

costruisce come in un sogno.<br />

Ci sono grandi scrittrici come Virginia Woolf, Marina Cvetaeva,<br />

ma sono scomode perché sono nostre contemporanee in questo difficile secolo.<br />

Non mi portano per le strade dell'immaginazione più totale. È <strong>la</strong> distanza<br />

temporale che mi dà estremo diletto, calma e piacere. (Avvenimenti,<br />

7 giu 95)<br />

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