la grammatica - Homolaicus
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l'uso del volgare (cioè del<strong>la</strong> lingua del popolo, in opposizione al<strong>la</strong> lingua<br />
dei dotti: il <strong>la</strong>tino).<br />
Naturalmente l'affermazione iniziale del volgare avviene con molte<br />
difficoltà. I problemi maggiori però non erano tanto quelli posti dai cultori<br />
<strong>la</strong>ici ed ecclesiastici del <strong>la</strong>tino, quanto quelli posti dall'esigenza di farsi<br />
capire sia dalle persone colte che dal popolo. Da un <strong>la</strong>to infatti s'imponeva<br />
l'uso del<strong>la</strong> lingua di tutti i giorni, dall'altro - essendo questa lingua divisa in<br />
tanti dialetti e scarsamente definita - c'era il rischio di creare una letteratura<br />
sempre subalterna al <strong>la</strong>tino, il quale, nonostante non fosse più par<strong>la</strong>to dalle<br />
masse, restava <strong>la</strong> lingua scritta universale. Di qui l'esigenza di trovare un<br />
compromesso. E fu così che nacque una sorta di volgare «nobilitato» e illustre,<br />
adatto sia ai colti che al popolo, un volgare elevato al<strong>la</strong> dignità espressiva<br />
del <strong>la</strong>tino.<br />
II<br />
LA LETTERATURA VOLGARE IN POESIA (SEC. XIII)<br />
Le lingue non possono esser semplici,<br />
ma conviene che sieno miste con l'altre lingue.<br />
Niccolò Machiavelli<br />
Il sec. XIII segna in Italia, con ben due secoli di ritardo rispetto<br />
al<strong>la</strong> Francia, l'inizio dell'affermazione del volgare scritto. Il ritardo era dovuto<br />
al fatto che in Italia persisteva una tradizione letteraria c<strong>la</strong>ssico-<strong>la</strong>tina,<br />
sostenuta dal ceto ecclesiastico e anche dagli intellettuali <strong>la</strong>ici che frequentavano<br />
le corti signorili, tenendosi ben lontani dalle esigenze popo<strong>la</strong>ri.<br />
Sul<strong>la</strong> nostra letteratura in volgare cominciano ad esercitare una<br />
certa influenza due letterature neo<strong>la</strong>tine sorte in Francia già nell'XI sec.:<br />
quel<strong>la</strong> d'OC o provenzale od occitanica (Francia meridionale), attraverso i<br />
poeti provenzali stanziati in Italia, e, in misura minore, quel<strong>la</strong> d'OIL od oitanica<br />
(Francia settentrionale). La lingua d'OC era ritenuta partico<strong>la</strong>rmente<br />
adatta alle rime; quel<strong>la</strong> d'OIL al<strong>la</strong> prosa.<br />
In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> poesia provenzale influenzò tutta <strong>la</strong> nostra lirica<br />
amorosa, per <strong>la</strong> tematica e per il rigore stilistico-espressivo. Dalle corti feudali<br />
del sud del<strong>la</strong> Francia si diffusero valori come lealtà, liberalità, discrezione,<br />
eroismo, l'amore inteso come passione irresistibile e dedizione assoluta.<br />
Il poeta, come un vassallo, rende omaggio all'amata (una castel<strong>la</strong>na),<br />
aspetta da lei un beneficio per <strong>la</strong> sua dedizione (che può anche essere un<br />
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