la grammatica - Homolaicus
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formalmente logico-astratte.<br />
Le civiltà dell'artificio intellettuale (a partire dal cogito cartesiano)<br />
hanno sostituito, perdendo<strong>la</strong> definitivamente, <strong>la</strong> razionalità trasmessa oralmente<br />
attraverso le generazioni, con <strong>la</strong> razionalità creata a tavolino da intellettuali<br />
privi di radici popo<strong>la</strong>ri.<br />
E pensare che <strong>la</strong> capacità di assimi<strong>la</strong>re le figure retoriche si rive<strong>la</strong><br />
utilissima persino quando le società (ivi incluse quelle contemporanee) hanno<br />
governi dittatoriali. Spesso attraverso l'uso di queste figure, cioè evitando<br />
di attaccare direttamente i soggetti interessati, le opposizioni riescono a<br />
fare un minimo di contestazione, riuscendo p. es. a eludere le strette maglie<br />
del<strong>la</strong> censura. Ovviamente ciò suppone non solo una forte intesa tra le opposizioni,<br />
ma anche una certa capacità di astrazione e di e<strong>la</strong>borazione intellettuale<br />
sul piano simbolico. Nei vangeli l'esempio più eloquente è costituito<br />
dalle parabole.<br />
Purtroppo le grammatiche ad uso sco<strong>la</strong>stico, quando danno le definizioni<br />
delle figure retoriche, non le collegano mai a una storia del<strong>la</strong> comunicazione,<br />
mostrando p. es. come esse siano nate e come siano scomparse.<br />
Non indicano neppure i limiti dovuti a un loro abuso. I grammatici si limitano<br />
semplicemente a dire che le parole o le espressioni linguistiche possono<br />
avere due significati: letterale e simbolico, e che le figure retoriche si riferiscono<br />
esclusivamente a questo secondo significato.<br />
In realtà le cose non sono proprio così semplici. È vero che le parole<br />
possono avere un significato letterale o, come dicono i grammatici, denotativo,<br />
ed è altresì vero che le stesse o altre parole possono avere un significato<br />
simbolico-figurato o connotativo, ma è anche vero che spesso è<br />
solo questione di percezione. Cioè un emittente può usare un'espressione<br />
che in teoria andrebbe compresa secondo un significato letterale, e invece il<br />
ricevente <strong>la</strong> percepisce secondo un significato simbolico, o viceversa.<br />
Non esiste una rego<strong>la</strong> precisa che indichi quando un'espressione o<br />
anche una semplice paro<strong>la</strong> debba essere univocamente intesa in un senso o<br />
nell'altro. La decisione a favore di un significato o dell'altro non dipende<br />
dalle parole in sé ma dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione che s'instaura tra due interlocutori (che<br />
rappresentano l'unità minima del<strong>la</strong> comunicazione umana).<br />
Se io dico, in un negozio di abbigliamento: «Mi piace quel<strong>la</strong> giacca<br />
verde», e ho vicino a me il presidente leghista di una banca, che potrebbe<br />
favorirmi per un'assunzione in prova, posso anche pensare che detto presidente<br />
sia disposto a interpretare <strong>la</strong> mia preferenza non solo in senso letterale<br />
(mi piace il verde sopra ogni colore oppure rispetto a quelli disponibili<br />
nel negozio), ma anche in senso simbolico (voglio fargli capire, indirettamente,<br />
che condivido le sue idee o che di me si può fidare).<br />
L'interpretazione figurata del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> «verde» ha qui chiaramente<br />
un riferimento al<strong>la</strong> politica, ma esistono molteplici possibilità di significati<br />
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