la grammatica - Homolaicus
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NIFICAZIONE. È una figura tipica del<strong>la</strong> letteratura c<strong>la</strong>ssica. Nel linguaggio<br />
par<strong>la</strong>to è invece usata in senso dispregiativo, come sinonimo di presunzione da<br />
parte di chi si dà arie di importanza. Es. «non capisce niente ma è piena di prosopopea».<br />
RETICENZA. Consiste nel troncare un discorso avviato attribuendogli efficacia<br />
proprio con questa sospensione, che dà a pensare cose d'indeterminata gravità.<br />
È quindi un rafforzativo nel<strong>la</strong> sua apparente attenuazione. L'uso eccessivo<br />
può dare l'impressione di una certa supponenza da parte dell'emittente. Es.: «La<br />
sventurata rispose» (Manzoni, Promessi sposi).<br />
RIPETIZIONE. Consiste nel ripetere parole uguali, collocate in posizioni evidenti<br />
(di rego<strong>la</strong> al principio o al<strong>la</strong> fine di versi o frasi) per dare efficacia all'insieme<br />
del discorso o per riaffermare <strong>la</strong> validità di un concetto in partico<strong>la</strong>re. È<br />
molto usata nel linguaggio politico, ma anche in quello pedagogico. Es.: «Sia<br />
destin ciò ch'io voglio: altri disperso / sen vada errando, altri rimanga ucciso, /<br />
altri, in cure d'amor <strong>la</strong>scive immerso, / idol si faccia un dolce sguardo e un riso»<br />
(Tasso, Gerusalemme liberata).<br />
SIMILITUDINE. È un raffronto nel quale i due termini di paragone (tra cose,<br />
persone o situazioni ritenute simili) sono entrambi evidenti e si svolgono in genere<br />
con una certa ampiezza. Per tale evidenza e tale ampiezza <strong>la</strong> similitudine si<br />
distingue dal<strong>la</strong> metafora. Il paragone può individuare una somiglianza (se introdotto<br />
da «come»), ma anche una differenza (se introdotto da «più di» o «meno<br />
di»), e in genere viene usato per chiarire qualcosa di oscuro o che potrebbe essere<br />
equivocato. La similitudine c<strong>la</strong>ssica (tipica in Omero) era costruita sintatticamente<br />
sui nessi «come... così», «come... tal», «quale... tale». Quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong><br />
poesia moderna tende invece a eliminare uno dei due nessi o addirittura entrambi,<br />
creando puri e semplici raccordi allusivi, cioè puntando soprattutto sul significato<br />
simbolico del paragone. L'uso eccessivo può portare a banalità. Es.: «L'Isonzo<br />
scorrendo / mi levigava / come un suo sasso» (Ungaretti).<br />
SINEDDOCHE. S'intende una forma di metonimia, in cui, invece di un oggetto<br />
o di un fatto, se ne indica un altro che abbia con esso un rapporto di quantità<br />
più limitato o più esteso. Si indica:<br />
- <strong>la</strong> parte per il tutto (o viceversa): es. «I senzatetto» (tetto è parte di casa, per<br />
indicare chi vive all'aperto);<br />
- il singo<strong>la</strong>re per il plurale (o viceversa): es. «I diritti del<strong>la</strong> donna»;<br />
- <strong>la</strong> materia per ciò di cui essa è composta: es. «I ferri del chirurgo»;<br />
- il genere per <strong>la</strong> specie (o viceversa): es. «Domandare del pane» (pane=cibo);<br />
- una quantità determinata per una indeterminata: es. «Vorrei dirti due parole».<br />
SINESTESIA. Associazione, all'interno di un'unica immagine, di due sensazioni<br />
diverse: uditive, visive, olfattive, gustative, tattili, con effetto inaspettato.<br />
Es. «profumi verdi», «melodia blu», «urlo nero». È stata molto usata dai poeti<br />
simbolisti, ermetici, decadenti.<br />
ZEUGMA. Consiste nel far reggere da un unico verbo più enunciati che richiederebbero<br />
verbi diversi. Es.: «Poi ch'el<strong>la</strong> in sé tornò, deserto e muto, / quanto<br />
mirar poté, d'intorno scorse» (Tasso, Gerusalemme liberata).<br />
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