01.06.2013 Views

la grammatica - Homolaicus

la grammatica - Homolaicus

la grammatica - Homolaicus

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

come sue componenti essenziali <strong>la</strong> profondità del pensiero, <strong>la</strong> magnificenza<br />

dei versi, l’elevatezza dei costrutti e l’eccellenza dei vocaboli.<br />

Lo stile tragico richiede grande perizia nel<strong>la</strong> sintassi, nel lessico,<br />

nel<strong>la</strong> scelta del<strong>la</strong> struttura dell'opera (divisione dei canti, disposizione delle<br />

parti, numero dei versi ecc.) e non può essere scritto in una metrica diversa<br />

dal pentenario o dal settenario o dall'endecasil<strong>la</strong>bo (quest'ultimo è generalmente<br />

ritenuto il migliore per durata ritmica, per capacità di pensiero, di costrutto<br />

e di vocaboli).<br />

La canzone tragica, usando l'endecasil<strong>la</strong>bo rimato, può trattare<br />

cose di altissimo livello, i grandi problemi dell'umanità. In tal senso si potrebbe<br />

dire che se il De Vulgari non fosse stato scritto dopo <strong>la</strong> Divina Commedia,<br />

si sarebbe posto come una sua grande premessa epistemologica.<br />

Nel<strong>la</strong> Commedia Dante diede il primo esempio di come fosse possibile<br />

usare il volgare (in questo caso il fiorentino) ottenendo effetti poetici<br />

di grande valore e affrontando astratti problemi filosofici, politici, culturali.<br />

Il Petrarca e il Boccaccio proseguirono sul<strong>la</strong> strada da lui indicata. Qui tuttavia<br />

va precisato che <strong>la</strong> lingua del<strong>la</strong> Commedia è il fiorentino par<strong>la</strong>to medio<br />

e non tanto il volgare illustre di Firenze: si può anzi dire che l'opera sia<br />

plurilinguistica, a causa dei suoi molti gallicismi, <strong>la</strong>tinismi, lombardismi,<br />

idiotismi vari e neologismi.<br />

In tal senso vi è contrasto con quanto detto nell'ultima parte del De<br />

Vulgari. Dante infatti ad un certo punto s'era chiesto quali potessero essere i<br />

vocaboli più giusti per scrivere una canzone. Ebbene le eccezioni poste<br />

sono così tante che al<strong>la</strong> fine vien da chiedersi chi mai potesse scrivere alle<br />

condizioni da lui poste (Dante riconosce come pertinenti allo stile tragico<br />

solo i vocaboli «pettinati» e «villosi»).<br />

Dopo <strong>la</strong> morte del Petrarca (1374) e del Boccaccio (1375), per un<br />

secolo circa, i letterati italiani più colti interrompono l'iniziativa intrapresa<br />

nei primi decenni del Duecento di scrivere in volgare e ritornano al <strong>la</strong>tino,<br />

non a quello medievale ma addirittura a quello c<strong>la</strong>ssico del<strong>la</strong> Roma antica.<br />

Di qui il disprezzo per quelle opere di Dante, Petrarca, Boccaccio, ecc.<br />

scritte in volgare (benché Petrarca e Boccaccio, ad es., per il loro tormentato<br />

distacco dal<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> di valori umani e spirituali del Medioevo anticipassero<br />

in un certo senso i temi dell'Umanesimo).<br />

Commento al De vulgari eloquentia<br />

La cosa più curiosa di questo trattato è che Dante, per fare l'apologia<br />

del volgare illustre, sceglie l'antivolgare per eccellenza: il <strong>la</strong>tino. La motivazione<br />

è ch'egli intende rivolgersi ai «letterati». Dunque, il volgare par<strong>la</strong>to<br />

da operai, artigiani, contadini, commercianti… poteva trovare per Dante<br />

151

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!