la grammatica - Homolaicus
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ottenere azioni opposte a quelle desiderate, questo è un altro discorso, per il<br />
quale occorrerebbe una <strong>grammatica</strong> davvero avanzata, in grado di leggere in<br />
maniera approfondita le contraddizioni tipiche delle società antagonistiche.<br />
Generalmente noi dobbiamo dire che l'azione in sé non ha alcun significato<br />
se non viene messa in re<strong>la</strong>zione a un determinato modo di essere, proprio<br />
al fine di poter individuare i frutti dai loro alberi ma anche per evitare che <strong>la</strong><br />
coerenza diventi un dogma (con nuovi innesti e nuovi incroci si possono creare<br />
infinite varietà di frutta).<br />
Che l'azione in sé non abbia alcun vero significato è dimostrato anche<br />
dal fatto che i contemp<strong>la</strong>tivi non sono di per sé peggiori degli attivi. Un diplomatico<br />
è considerato un ottimo elemento quanto più sa guardare con sangue<br />
freddo determinate situazioni. E poi tutti sanno che, finita <strong>la</strong> guerra mondiale,<br />
proprio per il fatto d'aver saputo separare l'azione (<strong>la</strong> resistenza al nemico) dal<br />
suo modo di essere (autoritario), Stalin poté far credere ai russi d'essere stato il<br />
salvatore del<strong>la</strong> patria, quando invece, se davvero fosse dipeso da lui, i nazisti<br />
avrebbero sicuramente vinto.<br />
Un verbo quindi dovrebbe anzitutto indicare un modo di essere e solo<br />
secondariamente un tipo di azione.<br />
La <strong>grammatica</strong> fa poi differenza tra essere ed esistere. «Il docente è<br />
noioso» è un modo di essere; «ci sono molti docenti noiosi in questa scuo<strong>la</strong>»,<br />
viene invece considerato come un dato di fatto. In tal caso cioè il verbo essere<br />
indica in maniera certa l'esistenza di qualcuno che svolge male il suo <strong>la</strong>voro.<br />
L'esistere, a ben pensarci, vien prima dell'essere: anche chi non è esistenzialista<br />
lo capisce, a meno che non sia un patito del misticismo. Prima di<br />
essere o di dover essere (il che implica un apprendimento di regole, una certa<br />
competenza a compiere azioni), semplicemente si esiste, per quanto nel mondo<br />
del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> (e forse ovunque) il modo di essere debba essere appreso molto velocemente,<br />
anche per fronteggiare <strong>la</strong> scarsa propensione del<strong>la</strong> gioventù ad acquisire<br />
regole di vita.<br />
È quasi impossibile che uno possa esistere senza apprendere come dover<br />
essere, proprio perché siamo animali sociali ed esiste sempre qualcuno che<br />
ci dice cosa dobbiamo fare, come dobbiamo comportarci.<br />
Semmai <strong>la</strong> confusione in <strong>grammatica</strong> avviene tra l'esistenza di qualcosa<br />
(o di qualcuno) e una determinata situazione (o uno stato). Abbiamo detto<br />
che se in un istituto ci sono molti docenti noiosi, si è indicata l'esistenza di<br />
qualcuno, ma, se vogliamo, si è anche definita una situazione. In entrambi i casi<br />
abbiamo a che fare con un dato di fatto.<br />
Dire che un verbo possa indicare l'esistenza di qualcosa, senza indicare<br />
anche una situazione, è una sciocchezza. Non si può indicare un'esistenza in<br />
astratto, senza specificarne le coordinate di spazio e tempo. Se io dico «dio<br />
c'è», indico forse un'esistenza? E come faccio a dimostrarlo? Sono i credenti<br />
che pensano di poter dimostrare l'esistenza di dio dando<strong>la</strong> per scontata. Senza<br />
poi considerare che nei loro stessi vangeli è il Cristo che dice: «chi vede me,<br />
vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45). Una frase, questa, che avrebbe an-<br />
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