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115<br />

questioni di metodo<br />

distinti, in retico e in latino, è stata oggetto di divergenti interpretazioni. Secondo una<br />

prima ricostruzione, avanzata da Gambacurta nel 2000 e riproposta nel 2005 609 , l’iscrizione<br />

sarebbe una bilingue retico-latina inerente questioni confinarie. La breve distanza<br />

tra San Martino e Asolo, farebbe di queste due località gli estremi perimetrali di una<br />

‘fascia’ di confine. San Martino posta a difesa delle propaggini nord-orientali e nordoccidentali,<br />

verso la Valcavasia, la Valle del Piave e la frontiera retica occidentale; Acelum<br />

avrebbe costituito un riferimento privilegiato per Patavium, contro gli attacchi da nord e<br />

da nord/ovest. In questa prospettiva anche il palus sacrificalis e la stele sarebbero, quindi,<br />

da mettere in relazione: il primo costituirebbe il «segnale sacralizzato con un’importante<br />

cerimonia pubblica, alla presenza di più componenti politico-culturali», il secondo rappresenterebbe<br />

il cippo confinario vero e proprio tra Reti e Veneti.<br />

Non si tratta, tuttavia, di una bilingue, come dichiara la stessa Gambacurta in un<br />

contributo del 2002, ma di un’iscrizione retica reimpiegata tra III e IV secolo d.C. come<br />

supporto per un altro testo in latino 610 . Dell’iscrizione retica, inoltre, non è stato ritenuto<br />

‘ragionevole’ proporre alcuna lettura, né determinare la funzione stessa della stele,<br />

parimenti valutabile come funeraria, votiva o pubblica.<br />

Al di là, però, dell’inconsistenza di questa prova, il problema resta un altro.<br />

I Romani non ‘valorizzavano’ aree sacre se queste non risultavano cariche di un significato<br />

rilevante nella loro ‘attualità’. Suscita qualche perplessità, quindi, che proprio<br />

nei primi decenni dell’età augustea, fosse rinnovato un rituale confinario e si pensasse di<br />

«conservare memoria nel complesso architettonico della porticus».<br />

È stato detto che le ragioni del rituale sarebbero da cercare nel ruolo giocato da<br />

Asolo nel controllo della Pedemontana e dell’imbocco della Valle del Piave, nella<br />

seconda età del Ferro ed in particolare nella sua fase tarda 611 . Questa funzione, secondo<br />

gli editori, accrebbe con la romanizzazione, tra II e I secolo a.C., quando l’area<br />

fu oggetto di profonde trasformazioni e il comparto veneto, in generale, fu interessato<br />

dalle questioni confinarie di cui si è detto. Non si può, però, non tener conto<br />

che, a pochissimi anni di distanza dalla celebrazione del presunto rito del palus sacrificalis<br />

che «doveva sancire una sorta di rinnovata spartizione di aree di influenza tra<br />

Reti e Veneti sotto la garanzia di Roma» 612 , Feltre, oppidum retico 613 , ricevette la<br />

609 Gambacurta 2000d, p. 60, Gambacurta 2005, p. 502, dove specifica che «la validità in senso<br />

bilingue è stata fortemente messa in questione». Gorini 2000, p. 57, considera «l’iscrizione etrusco-retica<br />

e latino arcaica di Castelciés di Cavaso» come documento di «contatto tra comunità di lingue diverse»,.<br />

Sull’iscrizione, da ultimo, Morandi 1999.<br />

610 Si tratterebbe di un unicum nel corpus retico sia per tipo di monumento, sia per il formulario, sia per<br />

i caratteri grafici, Akeo 2002, pp. 187-188, n. 21 (G. Gambacurta).<br />

611 Gambacurta 2000d, p. 59.<br />

612 Rosada 2000, p. 171.<br />

613 Plin. nat. 3, 130.

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